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 2012  maggio 07 Lunedì calendario

2 articoli – LA CAMPIONESSA D’ITALIANO LEGGE QUATTRO LIBRI L’ANNO: «NON SONO FONDAMENTALI» — Anche il nome Silvia è evocativo

2 articoli – LA CAMPIONESSA D’ITALIANO LEGGE QUATTRO LIBRI L’ANNO: «NON SONO FONDAMENTALI» — Anche il nome Silvia è evocativo. E poco importa se questa ragazzina non è proprio l’icona della studentessa modello, tutta scuola e biblioteca, con gli occhiali impenetrabili, lo sguardo assorto, la mente e il cuore rivolti ai grandi classici. Potrebbe essere appena uscita da una discoteca, Silvia. E invece sta lì in piedi, jeans, blusa nera e ballerine, ad ammirare gli affreschi del Vasari nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, con lo scettro, portato con disarmante normalità, di olimpionica d’italiano. Così tu pensi a chissà quanti libri ha letto questa ragazzina sapientona. Azzardi la domanda e resti fulminato. «Pochini sa, appena quattro quest’anno», dice con un sorrisetto ironico. E subito dopo lancia l’affondo che non ti aspetti: «I libri? Non sono fondamentali, neppure per chi ama la lingua e lo scrivere bene. Oggi ci sono tante alternative per acquisire i saperi, crescere, maturare. Il libro è un riflesso importate di questo caleidoscopio della cultura, certo, ma non è il solo». Parole di Silvia Butti, 17 anni, quarta classe del liceo Angelo Messedaglia di Verona, prima classificata nella sezione scuole superiori dell’Olimpiade d’italiano 2012. Studentessa modello: 9 in italiano, 10 in matematica, 10 in inglese e la lista dell’eccellenza è estesa ad ogni materia. Non c’è interrogazione che la terrorizzi, compito che la faccia tremare. E, quando in «punta di penna» si mette a descrivere, come da prova finale dell’Olimpiade, una città ideale («... le strade sono invase dalla nebbia, che impedisce la vista oltre due palmi dal naso lasciando scoperte soltanto le cime degli alberi più alti...»), oppure supera oscuri test di morfologia, smaschera perfidi trabocchetti di professori un po’ sadici, sembra un’aliena. Signorina, bravissima. Un miracolo per lei che non legge. «Non esageri, prego! Leggo poco, ma cose buone, anzi ottime — risponde Silvia —, pagine struggenti di Conrad, deliziose di Defoe, utopiche di Moro. E in passato sono rimasta stregata da Hesse e dal suo Siddharta. Che capolavoro! Però non possiamo solo guardare alla carta. Oggi noi abbiamo Internet, i nuovi linguaggi multimediali, la tv, la radio, gli sms, gli mms, Twitter, i social forum, la e-mail e tra poco chissà cos’altro ancora. Usati bene, magari sotto consiglio di qualche adulto esperto, sono mezzi di comunicazione e apprendimento straordinari. Insomma, meglio non lasciare i libri da soli. Si farebbero male in questa rivoluzione». Silvia si interrompe. Gli occhi brillano maliziosi e nelle sue mani appare qualcosa di incongruo. Un libro? «No un tablet — risponde lei —. È il primo premio per i vincitori dell’Olimpiade d’Italiano. Vede che ho proprio ragione io?». Marco Gasperetti IL CAMPIONCINO TREDICENNE INVECE NE DIVORA TRENTA: «LA CARTA SI’ CHE PROFUMA» — Sostiene Luca di essere quasi rapito da una strana sensazione, molto positiva peraltro, quando, entrando in una libreria, respira il profumo di un volume da poco stampato. Allora la sua anima «s’illumina d’immenso». Poi, quando inizia la lettura, sfiorando con le dita («ma anche con il palmo della mano», spiega) la materialità dei fogli ruvidi, il viaggio inizia. «Nei luoghi, nei tempi, negli stili, nell’interpretazione. È l’immaginazione al potere e, le assicuro, non uso la frase con l’accezione degli studenti del Sessantotto». A sentirlo parlare Luca Ottavi da Bevagna (Perugia) un po’ di sublime impressione la trasmette. Ha tredici anni e frequenta la terza media. Ha dominato la sua sezione con un test praticamente perfetto. Lui i libri li legge? No, li divora. Almeno trenta ogni anno (stima per difetto) con una proiezione verso un incremento da record. È un atipico il giovanotto: riesce a passare con disinvoltura dai thriller esoterici di Dan Brown alla divina complessità dei dialoghi di Oscar Wilde nel sublime Ritratto di Dorian Gray. E sapete che cosa vuol fare da grande? «Il politico con una missione ben precisa», spiega. Quale? «Abbattere l’antipolitica e ridare dignità e valore all’arte della democrazia al valore alto delle scelte del popolo e dei suoi rappresentanti», risponde risoluto. E non gli importa neppure sapere che oggi la politica non gode proprio un’ottima salute. Luca ha persino fatto l’abitudine a le solite scenette di chi, dopo aver appreso il suo sogno segreto, sgrana gli occhi e si mette le mani nei capelli. «Alle brutte faccio il giornalista», dice sicuro. Nonostante sia un «nativo digitale», come si dice oggi per le nuove generazioni immerse nel sensorio hi-tech, vive ancora nel regno del libro tipografico, senza crisi d’identità e per nulla scalfito dalle sirene multimediali. Sostiene Luca che i libri sono la sua fortezza dell’immaginazione. «Leggere non è come un videogioco — spiega —. Che apprezzo, se di qualità, e mi piace entrare in questo mondo. Però è un universo statico, preconfezionato, dove non esiste interpretazione e fantasia. Invece, pagina dopo pagina, riesco a volare, immaginare, creare». Tredici anni. Dimostrati solo quando, interrompendo il flusso della conversazione, guardi Luca con quella maglietta a righe, i jeans, l’espressione furba del teen-ager. Un attimo. Dopo riecco il Luca dei Dialoghi, colto e profondo. «Il mio futuro? Liceo classico, università, carriera se riesco nella politica, magari partendo dal basso come amministratore locale. E poi vedo un futuro anche con loro, gli inseparabili. Come chi sono loro? I libri, naturalmente». M.Ga.