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 2012  maggio 07 Lunedì calendario

«LA7? IO SCOMMETTO SU TELECOM» —

Gad Lerner, come si lavora a La7 in vendita? Vede pericoli all’orizzonte per la vostra rete televisiva?
«Ricordo ancora quando, l’11 settembre 2001, lasciai lo studio di Enrico Bondi, appena arrivato alla guida di Telecom Italia, in via Melchiorre Gioia a Milano. Uscii dopo aver appreso due grandi novità. Il crollo delle Torri gemelle a New York. E il giudizio di Bondi su La7: "un progetto velleitario e inopportuno della precedente gestione", urgeva "soltanto ridimensionare". Ricordo che il loro consulente, in quel momento, si chiamava Maurizio Costanzo... Invece a novembre festeggio dieci anni di "Infedele": in una tv che si è affermata ed è complessivamente cresciuta».
Questo ricordo sembra quasi un gesto di scaramanzia...
«I precedenti incoraggiano alla fiducia. Se un progetto editoriale ha un senso, ed è il caso de La7, diventa difficile cancellarlo. In passato si è visto che spegnere La7 sarebbe stato ben più complicato di quanto non potesse sembrare. Oggi ho lo stesso atteggiamento».
Nel suo blog lei scrive: «Mi auguro che a esaminarla giungano investitori attratti dalle sue virtù editoriali dimostrate negli anni in cui tanti ci davano per spacciati e invece siamo cresciuti in ascolti e credibilità. Talvolta nel passato considerazioni di altra natura (calcoli politici o di galleggiamento aziendale) hanno frenato uno sviluppo più rapido di La7». Per esempio? Quando e in che occasione?
«Abbiamo vissuto diverse stagioni. Prima un azionista che ci ha visto come un impiccio, un aggravio di costi, una fonte di proteste e interferenze politiche. Poi ci ha preso gusto. E forse un editore puro, o una proprietà che avesse avuto la tv alla cima dei pensieri, non avrebbe atteso un anno e mezzo prima di affidare il Tg a Enrico Mentana che aveva manifestato la sua disponibilità. O avrebbe concluso la trattativa con Michele Santoro o con Fabio Fazio. Ma qualsiasi manager conosce le conseguenze anche politiche di certe scelte... Ecco perché parlo di uno sviluppo che sarebbe stato più rapido se non ci fossero stati calcoli di natura non televisiva».
Crede che La7 verrà acquistata da Carlo De Benedetti?
«So che il gruppo l’Espresso ha studiato i bilanci. Guardando i fatturati delle due aziende, a me sembrano entità non facilmente integrabili. Altra questione è la nascita di una nuova società di infrastrutture televisive con i multiplex di Telecom Italia Media e altri azionisti, tra cui anche De Benedetti. Mercoledì ci sarà una scissione societaria, non c’è più alcun vincolo di riservatezza nell’affermarlo. Ma è una evoluzione della struttura industriale. Per dirla tutta, non credo che De Benedetti stia bluffando, meno che mai rilanciando al ribasso la trattativa, quando fa capire che la sua intenzione di acquistare davvero La7 è ormai venuta meno».
A chi potrebbe interessare La7, a suo avviso?
«Partiamo da un presupposto. La7 è ormai una realtà imprescindibile del panorama della tv italiana di qualità. È difficile, direi impossibile, ignorarci. Qualsiasi imprenditore animato da un autentico spirito televisivo non potrebbe trovare migliore piattaforma della nostra per investire in Italia. La pubblicità nel 2011 ha fruttato per le tv di Telecom Italia Media 184 milioni di euro e nel primo trimestre 2012 c’è stato un fortissimo incremento, proprio mentre il mercato pubblicitario registrava altrove significative flessioni. Comunque non escludo che sia proprio di Telecom, in futuro, la proprietà...»
E allora perché si parla di cessione? Mercoledì parte un’operazione per arrivare alla valutazione degli advisor...
«Non è una novità quanto accadrà mercoledì. Già due anni fa Telecom diede un mandato esplorativo a Mediobanca, anche su sollecitazione degli azionisti che soffrivano la minusvalenza dei loro investimenti e chiedevano alla holding di liberarsi delle attività non coerenti col core business. Poi non accadde nulla. Però potrebbe essere proprio Telecom, valutando la situazione, a volersi pensare davvero editore televisivo».
Un Gad Lerner ottimista, nonostante tutto.
«Ci fu il tentativo di ucciderci appena nati, nella culla. Poi, per anni, un drenaggio della pubblicità deviata verso Publitalia a scapito di tutti gli altri, nell’era Berlusconi. Siamo sopravvissuti a stagioni ben più difficili di questa».
Paolo Conti