Enrico Girardi, Corriere della Sera 8/5/2012, 8 maggio 2012
VENEZIA —
Di comparse nude, il teatro d’opera è affollato da decenni. Di cantanti, no. Il pudore li ha sempre indotti a negarsi in veste adamitica finché, un lustro fa, un tenore non interpretò senza veli la parte di Ercole a Spoleto. Nella Salome a Roma Francesca Patanè sembrava doverlo emulare ma in realtà apparse coperta proprio lì da stoffe impalpabili e tatuaggi. Ma oggi questo tabù è finalmente caduto anche sul fronte femminile.
Al Malibran di Venezia, stagione d’opera della Fenice, la 23enne boema Zuzana Marková, interprete non protagonista di Powder Her Face di Thomas Adès, in cui sostiene vari ruoli (cameriera, amica, ficcanaso, giornalista, amante), appare nella doccia come mamma l’ha fatta, e l’ha fatta decisamente bene, mentre si prepara a un focoso amplesso col Duca. Il lato B è frontale alla platea, il lato A riflesso da uno specchio. «Non è stato così traumatico — assicura il soprano —, certo è imbarazzante, ma non si tratta di scena volgare e con la classe, il garbo e l’eleganza di cui è capace, il regista Pier Luigi Pizzi non ha dovuto faticare a convincermi».
Le dà man forte l’avvenente Sara Allegretta, che in carriera ha solo sfiorato queste situazioni (fanciulla-fiore in Parsifal, vergine in Moses und Aron): «Una volta il nudo non l’avrei concesso, ma oggi preferisco la verità di chi recita al cinema alla finzione del teatro. Se bisogna darsi una bacio, che sia un bacio vero; se, fatta salva la legittimità drammatica della situazione, bisogna apparire nude...».
Nuda o non nuda, l’opera ha avuto successo, in ogni caso. La licenziosità glamour del soggetto, le dimensioni ridotte dell’organico, l’abilità del compositore nel fondere tragedia, operetta e musical in una partitura che sembra già nota ma non manca di originalità: queste cose insieme e chissà cos’altro fanno di Powder Her Face (Incipriale il viso) un caso eccezionale di opera odierna, data la circolazione di cui gode. Racconta ascesa e caduta di una signora scozzese divenuta duchessa, incriminata e condannata per il «degradato appetito sessuale» e mette in luce quel tasso di anarchia e aristocrazia che fecero di lei una specie di Don Giovanni al femminile.
Se ha un pregio consiste nel taglio icastico: poche scene, scatti fotografici, dicono tutto. Se ha un difetto, è che la corda dell’iperbolico è troppo sfruttata, e deve passare più di un’ora perché la musica conosca attimi di distensione. L’edizione in scena a Venezia, prodotta a Lugo e Bologna, si vale dell’azzeccata messinscena di Pizzi, che gioca sul tema dell’eccesso — la suite dell’hotel in cui si svolge l’azione è di un pacchiano rosa barbie, trionfo del kitsch — e di un ottimo quartetto vocale, formato appunto dal soprano di coloratura Zuzana Marková, dall’eccellente protagonista Olga Zhuravel e dalle efficienti voci virili del basso Nicholas Isherwood e del tenore Luca Canonici: tutti ottimi attori, tra l’altro.
Bene i 15 esecutori della Fenice, diretti da Philip Walsh. Le parti scritte «cameristicamente», convincono di più di quelle scritte «sinfonicamente». Del resto, quando nel ’95 compose Powder Her Face, Adès aveva solo 24 anni.
Enrico Girardi