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 2012  maggio 08 Martedì calendario

Sono rimasto stupito nel leggere, nella sua risposta su «Le ragioni buone e cattive di coloro che cambiano idea», il nome di De Gasperi associato a quello di Mussolini e di altri personaggi disinvolti nella lista di chi ha cambiato idea

Sono rimasto stupito nel leggere, nella sua risposta su «Le ragioni buone e cattive di coloro che cambiano idea», il nome di De Gasperi associato a quello di Mussolini e di altri personaggi disinvolti nella lista di chi ha cambiato idea. È impossibile che lei ignori che De Gasperi cambiò cittadinanza in seguito a un mutamento geopolitico, ma rimase sempre fedele ai valori di italianità anche nell’ambito dell’Impero absburgico, subendo anche l’arresto durante le manifestazioni per l’apertura di una sezione italiana nell’Università di Innsbruck. Politicamente rimase sempre nella linea del cattolicesimo sociale di Sturzo. E non si può dimenticare quanto De Gasperi ha fatto per l’Italia nel secondo dopoguerra. Luigi Samarati societastorica@ comune.lodi.it Caro Samarati, Non credo che il miglior modo per rendere onore a una grande personalità storica sia quella d’ignorare le ragioni della sua evoluzione politica. Sino al crollo dello Stato austro-ungarico, De Gasperi fu asburgico perché era convinto che la Duplice monarchia avrebbe tutelato e difeso i costumi politici e l’identità spirituale della sua regione molto meglio di uno Stato — l’Italia — che era ancora, agli occhi di molti cattolici, una sorta di bestemmia anticlericale e massonica contro l’autorità del papato nella penisola. In una delle sue prime riflessioni sul tema nazionale, prima della Grande guerra, scrisse: «Noi ci inchiniamo solo innanzi al Vero supremo, indipendente e immutato dal tempo e dalle idee umane e al servizio di questo noi coordiniamo e famiglia e patria e nazione. Prima cattolici e poi italiani, e italiani solo là dove finisce il cattolicismo». Andò al Parlamento di Vienna nella speranza che la migliore garanzia per il Trentino fosse la graduale trasformazione dell’Impero in un grande Stato multinazionale dove l’egemonia tedesca sarebbe stata corretta e temperata dalla crescente autonomia di tutti i gruppi nazionali. Si batté per la creazione di una università italiana, ma il suo nemico, in quella vicenda, fu Innsbruck, non Vienna. De Gasperi propose, come compromesso, la costituzione di una facoltà di legge italiana nell’ambito dell’Università di Vienna. Esiste a questo proposito una sua interessante conversazione con l’imperatore. Ebbe luogo a Budapest nel 1912 in occasione di un pranzo che Francesco Giuseppe dette per le delegazioni dell’Impero. Quando De Gasperi gli fu presentato, l’imperatore osservò: «Lei è delle vicinanze di Trento. Che cosa ne è della popolazione trentina?». De Gasperi rispose: «Se la questione universitaria facesse dei buoni progressi, credo che questo fatto, nelle circostanze presenti, farebbe buona impressione sulla politica estera, specialmente circa le buone relazioni con l’Italia». Intendeva dire: dateci una facoltà italiana a Vienna e gli irredentisti, fra cui il trentino Cesare Battisti, avrebbero meno motivi per agitarsi. Francesco Giuseppe sembrò d’accordo con il progetto di De Gasperi e replicò: «Ne sono persuaso, ma il parlamento non lavora: spetta al parlamento sciogliere definitivamente la questione». Lei scrive, caro Samarati, che «De Gasperi rimase sempre nella linea del cattolicesimo sociale di don Sturzo». Ma negli anni in cui fu deputato a Vienna, la Chiesa non aveva ancora autorizzato Sturzo a fondare il Partito popolare. La casa politica di De Gasperi era allora il partito dei cristiani sociali di Karl Lueger, contestato borgomastro di Vienna. Divenne italiano quando il crollo dell’Impero segnò la fine del grande Stato multinazionale in cui aveva riposto le sue speranze. Divenne italiano, in altre parole, come un pastore segue il suo gregge quando il maltempo lo costringe a passare da una valle all’altra. Aggiungo che non smise mai di difendere il Trentino e lo fece con particolare efficacia proprio quando dovette tutelare gli interessi dell’Italia a sud del Brennero. Persuase l’Austria ad accontentarsi dell’autonomia della provincia di Bolzano, ma approfittò di quell’accordo per concedere a Trento tutte le prerogative che sarebbero state concesse a Bolzano.