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 2012  maggio 08 Martedì calendario

MILANO —

«Solo un gruppo ristretto di Stati resterà nell’eurozona. Ma l’euro non è certo il problema principale dell’Italia», sentenzia Tyler Cowen, 50 anni, professore di economia alla George Mason University, e co-autore del popolare blog «Marginal Revolution». Ieri Cowen, uno degli economisti più influenti degli ultimi 10 anni secondo l’Economist, era a Milano per il «Discorso Bruno Leoni», la tradizionale «lezione» organizzata dall’Istituto milanese ogni anno con un protagonista della cultura economica e politica contemporanea.
Professore, quali Paesi abbandoneranno l’euro?
«La Grecia è fuori di sicuro. Probabilmente il Portogallo e la Spagna. Per Irlanda e Italia è più difficile dirlo: potrebbe andare in entrambi i sensi».
Perché questi Paesi dovrebbero uscire dall’euro?
«Prendiamo la Grecia. La gente vuole la moneta comune, anche se poi irrazionalmente vota a favore di partiti. Ma sarà l’euro a lasciare la Grecia. Non è una decisione politica, ma di capitali in fuga...».
Quando succederà?
«Fra meno di un anno».
Quali conseguenze in Europa?
«Per 2 o 3 anni le cose andranno male, peggio di ora. Molti Paesi sperimenteranno un’altra Grande Depressione, ma alcuni già lo fanno. La Spagna, ad esempio, ha una disoccupazione giovanile che è ben superiore a quella della Grande Depressione. Però nel lungo periodo le cose si aggiusteranno. Se i Paesi periferici riavranno la loro moneta nell’arco di 5 anni si riprenderanno».
Anche la Bce è scesa in campo con mille miliardi di liquidità al sistema bancario europeo.
«La Bce ha rinviato il problema di 3-4 mesi. Assistiamo a un lento collasso della fiducia, ovunque».
Per questo in Francia ha vinto il socialista Hollande e in Grecia il voto ha punito i partiti pro Europa?
«Mi aspettavo questi risultati, perché quanto viene richiesto per mantenere l’euro non è coerente con la democrazia. Nella maggioranza dei Paesi, la gente non ha capito il progetto della moneta comune e che cosa avrebbe comportato. E i politici non l’hanno mai spiegato. Ora vediamo insoddisfazione in molti Stati, non solo in Grecia, ma anche in Olanda, in Slovacchia, in Finlandia».
Per impedire la rottura dell’eurozona la Bce potrebbe diventare prestatore di ultima istanza e stampare soldi.
«Può funzionare, ma bisogna riscrivere il Trattato, se no sarebbe illegale. E Berlino deve essere d’accordo».
La rottura dell’euro è l’unico scenario possibile?
«Per avere uno scenario alternativo la teoria economica dovrebbe essere tutta sbagliata. Ma la teoria, la storia e i giornali ci dicono che non c’è altra via».
C’è chi suggerisce la salvezza in un’Europa molto più integrata dal punto di vista politico e fiscale.
«Logicamente sì, ma tutti gli Stati dovrebbero essere d’accordo. Spagna, Grecia e Portogallo rinunceranno a una parte di sovranità per affidarla alla Germania? Inoltre questo richiederà tempo, tempo nell’età dei media».
Cresce il partito di chi sostiene che troppa austerità soffoca la crescita peggiorando la situazione.
«Vero, l’austerità peggiora le cose, ma anche senza austerità le cose peggiorano. Tutti vogliono più crescita, ma con 17 Paesi e una moneta comune in un momento di pressione deflazionistica e parziale stretta sul credito non è facile promuoverla. Ma non è l’euro il problema che mi rende più pessimista».
Qual è?
«Il tasso di natalità, che in Italia è dell’1,3%. Se l’Italia facesse più figli, le sue prospettive economiche sarebbero megliori. Invece un Paese con una popolazione in declino alla fine non potrà ripagare i suoi debiti».
Giuliana Ferraino