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 2012  maggio 05 Sabato calendario

«OGNI 2 O 300 MILA EURO MANDAVAMO I SOLDI IN CANADA» —

Il «tesoro» nascosto in Canada da Luigi Lusi potrebbe essere molto più cospicuo di quello già scoperto dalla magistratura romana. Ad accreditare questo sospetto è l’interrogatorio di sua moglie, Giovanna Petricone, che il 3 aprile scorso, dopo essere stata coinvolta nell’inchiesta, dichiarò ai pubblici ministeri: «Nel 2006 costituimmo la società "Luigia ltd" e ad aprile del 2007 demmo corso alla sua idea di gestire i fondi della Margherita in modo del tutto autonomo. Iniziò a passarmi gli assegni che io versavo sul mio conto Unicredit nella filiale vicino al mio studio. Ogni 200mila, 300mila euro mandavamo i soldi in Canada. Quando Luigi è diventato senatore ha tolto la firma dal conto e ha mantenuto soltanto una procura ad operare».
Ora la donna è agli arresti domiciliari, il marito rischia di finire a Regina Coeli. Anche i due commercialisti che con lui gestivano le risorse economiche sono agli arresti in casa. Sono oltre 22 i milioni di euro che, nel suo ruolo di tesoriere, Lusi è accusato di aver sottratto al partito. Ma l’indagine non è finita e il verbale della donna accredita l’ipotesi che molto altro potrebbe essere trovato. Ma conferma pure la disinvoltura che in questi anni ha consentito a Lusi di sottrarre impunemente dalle casse della Margherita somme altissime. E ripropone l’interrogativo che sin dall’inizio segna le verifiche affidate alla Guardia di Finanza: come è possibile che nessuno si sia mai accorto di nulla?
Di fronte al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Stefano Pesce, la Petricone dichiara: «Anche se siamo cugini lontani io e Luigi non ci eravamo mai conosciuti. La nostra relazione è cominciata nel 2001 quando lui era tesoriere del comitato per Rutelli e vicepresidente di Trambus. Nel 2006 lui si è separato e io mi sono trasferita in Italia». A questo punto ricorda l’elezione a Palazzo Madama e «la preoccupazione per il futuro del partito, che immaginava prossimo all’estinzione, e mi disse che voleva investire in immobili per alimentare il futuro della sua carriera politica». La soluzione appare evidentemente a portata di mano: «Aveva da parte due milioni di euro di risparmi che era riuscito a salvare dalla separazione. Per investirli voleva costituire una società all’estero. Io mi offrii di aiutarlo e gli dissi di investire in Canada. Per questo motivo coinvolgemmo mio fratello che ha poi gestito il nostro patrimonio».
I magistrati chiedono alla donna chiarimenti sui «risparmi» e lei risponde: «Sulla provenienza all’epoca non mi ero fatta un’idea precisa». In ogni caso continuarono a utilizzare i soldi del partito e «a fine 2007 costituiamo la società "Filor" perché ci tenevo molto a comprare una casa in Canada. Abbiamo speso 850 mila dollari canadesi per comprare un terreno in Canada e costruire la villa. Dei suoi risparmi sul mio conto aveva versato 2 milioni».
In realtà quei «risparmi» erano, secondo l’accusa, i soldi rubati al partito che Lusi aveva necessità di mettere al sicuro. E infatti è la stessa Petricone a confermare come «in seguito mi disse di fare delle polizze Allianz». E poi ci sono gli altri investimenti immobiliari: «Nel 2008 abbiamo deciso di comprare delle case. Ho trovato io la casa di via Monserrato e quella di Genzano, ma Luigi ha curato i dettagli della compravendita. Per quanto riguarda via Monserrato mi disse che voleva una casa che potesse essere anche di rappresentanza. Quella di Genzano so che è un po’ grande, ma è quello che abbiamo trovato. Io non volevo vivere in campagna perché io ho sempre vissuto a Toronto e sono abituata alla città. Per completare l’acquisto della villa di Ariccia, abbiamo acceso un mutuo».
I pubblici ministeri vogliono sapere come mai abbiano deciso di accedere alle banche, visto che avevano la disponibilità dei fondi, e lei risponde sicura: «Ha scelto lui. Era ben consigliato ma non so da chi». Poi le chiedono se frequentassero altri politici della Margherita e lei nega: «Nessun esponente del partito è mai venuto a Genzano. Al compleanno di Luigi c’erano soltanto i due commercialisti Mario Montecchia e Giovanni Sebastio. Il giorno dell’interrogatorio Luigi tornò a casa preoccupato, disse che era preoccupato per la reazione di Rutelli e che la sua priorità era proteggermi».
Evidentemente non ci è riuscito e alla fine del verbale anche la donna è costretta ad ammettere di essere stata consapevole che il comportamento del marito fosse illecito: «Intuivo la provenienza dei soldi alla "TTT", davo per scontato che il motivo fosse quello per cui avevamo costituito la "Luigia". Davo per scontato che fossero della Margherita ma avevo rimosso la questione».
Fiorenza Sarzanini