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 2012  maggio 05 Sabato calendario

DIMISSIONI IN BIANCO. PERCHE’ NON E’ SOLO QUESTIONE DI DONNE

Caro direttore,
il contrasto alla pratica delle dimissioni in bianco oggetto dell’articolo 55 del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro, in discussione al Senato, è più complesso di quanto normalmente si ritiene e necessita di alcune puntualizzazioni, che le chiedo cortesemente di ospitare.
La pratica consente all’impresa di licenziare un lavoratore o, più spesso, una lavoratrice, mascherando il licenziamento con una (finta) dimissione volontaria.
Al momento dell’assunzione, infatti, la lavoratrice (o il lavoratore) firma le proprie dimissioni su un foglio privo di data. Il datore di lavoro inserirà la data quando lo riterrà opportuno, generalmente a seguito di malattia, infortunio o comportamento da lui considerato inappropriato, privando così la controparte delle tutele che la legge prevede. Sempre biasimevole, tale comportamento appare particolarmente odioso quando le dimissioni in bianco sono utilizzate in caso di gravidanza della lavoratrice.
Occorre considerare che si è, in ogni caso, di fronte a una situazione di contrasto di interessi. E mentre è doveroso trovare, anzitutto, un modo efficace per prevenire i licenziamenti mascherati da dimissioni, occorre anche prevedere una soluzione, altrettanto efficace, per dare corso a dimissioni volontarie annunciate dal lavoratore, ma dallo stesso successivamente non confermate, con la conseguente artificiosa prosecuzione del rapporto di lavoro.
L’articolo 55 punta a tener conto di queste complessità senza nulla concedere sul punto prioritario della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. La norma, infatti, stabilisce che le dimissioni (cui è parificata la risoluzione consensuale del rapporto) non sono efficaci se la volontà non ne è ribadita dal lavoratore in sedi e secondo procedure alternative, lasciate alla sua libera scelta, ma tali da dare certezza della data delle dimissioni. La pratica delle dimissioni in bianco viene inoltre punita, oltre all’eventuale applicazione delle norme penali già esistenti, con sanzione amministrativa da 5 a 30 mila euro. La norma richiede che il lavoratore convalidi le dimissioni (come è già previsto, obbligatoriamente, per le lavoratrici madri, secondo un meccanismo che proprio il ddl porta dal 1° al 3° anno di età del bambino) presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti o presso le altre eventuali sedi che saranno individuate dai contratti collettivi. In alternativa, le dimissioni acquistano efficacia anche semplicemente con la sottoscrizione, da parte della lavoratrice, della ricevuta telematica della comunicazione, ovviamente di data certa, con cui il datore di lavoro dà notizia — in adempimento di un preciso obbligo amministrativo — al Centro per l’impiego della cessazione del rapporto.
La norma non poteva, però, fermarsi qui, ma doveva anche preoccuparsi di tutelare l’interesse dell’impresa a non restare invischiata in un rapporto di lavoro che la lavoratrice stessa considera cessato, ma la cui cessazione, per inerzia, negligenza o altro, non rende operativa. Di qui le complicazioni, in buona misura apparenti, della seconda parte della norma, tesa ad individuare modalità che permettano: a) di accertarsi che il lavoratore sia effettivamente informato della necessità di convalidare le proprie dimissioni, tramite invito scritto recapitato al suo domicilio; b) di stabilire che, passato un certo periodo di inerzia della lavoratrice, il datore di lavoro possa comunque ritenersi legittimamente liberato da quel rapporto di lavoro.
Un punto va ulteriormente sottolineato: la lavoratrice invitata a confermare le dimissioni in bianco estorte dal datore di lavoro non è affatto tenuta a recarsi presso l’azienda, né a sostenere un difficile contraddittorio con il datore di lavoro. È sufficiente che invii una lettera con la quale impugna le dimissioni e si dichiara disponibile alla continuazione del rapporto di lavoro.
Il governo ha quindi tenuto conto prioritariamente della tutela dei lavoratori, senza però dimenticare le esigenze dei datori di lavoro, superando la prospettiva unilaterale di ciascuna delle parti, e componendole in un meccanismo equilibrato. Il monitoraggio previsto nel ddl di riforma consentirà di dire se tale equilibrio è, come mi auguro, efficace nel prevenire comportamenti disonesti e nel promuovere migliori relazioni di lavoro.
Elsa Fornero
Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali