Valerio Stroppa, ItaliaOggi 5/5/2012, 5 maggio 2012
Occhio di riguardo su chi evade per sopravvivere – Chi è costretto a evadere per sopravvivere alla crisi deve essere tenuto distinto da chi si sottrae volontariamente al pagamento delle imposte
Occhio di riguardo su chi evade per sopravvivere – Chi è costretto a evadere per sopravvivere alla crisi deve essere tenuto distinto da chi si sottrae volontariamente al pagamento delle imposte. Anche in chiave penale. Da un lato un maggior utilizzo degli istituti deflativi deve rendere la pretesa erariale più equa possibile, dall’altro lo «spauracchio» del reato tributario deve essere usato sempre più come deterrente nei confronti di chi sfugge al fisco per condurre un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità o ancor peggio per esportare capitali all’estero. Parola di Luigi Magistro, direttore centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate, intervenuto ieri all’università cattolica di Milano all’inaugurazione del corso di alta formazione sui reati tributari diretto dai professori Marco Miccinesi e Angelo Giarda. «Circa un terzo dell’evasione complessiva si concentra sulle microattività e costituisce la componente storicamente più difficile da sradicare», spiega Magistro, «perché è strettamente collegata al sistema economico italiano, frammentato e individualistico. Talvolta si tratta di un’evasione di necessità, senza la quale molte realtà non riuscirebbero a sopravvivere. Naturalmente è chiaro che tutti devono pagare le tasse, ma specie in un periodo di crisi anche chi si occupa dei controlli fiscali deve tenere conto del contesto economico. Per questo negli ultimi anni l’Agenzia ha cercato di garantire al massimo il contraddittorio per ascoltare le ragioni del contribuente e ha spinto sull’utilizzo degli istituti deflativi, che non sono un mercato come dicono alcuni, ma strumenti in grado, attraverso il dialogo, di determinare la giusta imposizione». Anche Carlo Nocerino, sostituto procuratore presso il tribunale di Milano, spezza una lancia in favore dei piccoli soffocati dalla crisi che non riescono a versare quanto dichiarato per mancanza di liquidità. «Premesso che ogni contribuente deve adempiere ai suoi doveri fino in fondo, in ambito tributario in procura vediamo fenomeni socialmente gravi», spiega il pm, «evasori totali, truffe, frodi carosello, crediti Iva fasulli, gente che ruba le tasse o i contributi versati da altri. L’azione di contrasto all’evasione, e con essa quella penale, andrebbe indirizzata in primis verso questi soggetti». Considerazioni condivise dal numero uno dell’accertamento di via Cristoforo Colombo, che aggiunge come «circa un terzo degli accertamenti ordinari viene ignorato dai contribuenti (130 mila nel 2011)», dice Magistro, «spesso nullatenenti o che si sono scientemente spogliati di ogni bene per rendere vana l’azione di recupero di Equitalia. L’Italia ha un regime penale tributario tra i più incisivi del mondo: in casi del genere deve diventare un deterrente più incisivo». Ma i fatti di cronaca parlano di un disagio sociale che sfocia talvolta in gesti estremi. «L’amministrazione finanziaria sconta un peccato originale», osserva Nocerino, «perché va a richiedere soldi relativi a fatti datati, magari di cinque anni prima, ossia a un’epoca in cui l’artigiano o il commerciante aveva disponibilità che oggi non ha più. Velocizzare le verifiche sarebbe fondamentale pure perché se un’azienda si è comportata in modo disonesto anni fa è probabile che lo stia facendo tuttora». Sul punto, Magistro evidenzia che «ciò dipende da un sistema fiscale che consente di presentare la dichiarazione dei redditi a fine settembre dell’anno successivo. Tuttavia, grazie a un grande sforzo siamo riusciti ad accorciare questi termini, portando gli accertamenti anche a due o tre anni indietro, ma nessuna annualità, comprese quelle più remote, può essere trascurata pena l’essere chiamati a rispondere dalla corte dei conti». Infine, un riferimento ai fatti di Romano di Lombardia è inevitabile. «La situazione è grave», chiosa Magistro, «perché a seguito delle azioni apertamente provocatorie di qualcuno è montato un clima di tensione insostenibile. A quel qualcuno probabilmente dà fastidio che la macchina fiscale abbia avuto negli ultimi cinque anni un’evoluzione quali-quantitativa straordinaria. Chi svolge quotidianamente un servizio fondamentale per conto dello stato non può e non deve rischiare la vita». Sull’argomento, peraltro, ieri sera si è tenuto un incontro tra il direttore delle Entrate, Attilio Befera, e le organizzazioni sindacali: è in arrivo per tutti i dipendenti dell’Agenzia una lettera a firma dello stesso Befera con la quale, oltre ad esprimere solidarietà nei confronti del personale coinvolto, viene chiesto alle autorità politiche un percorso atto a garantire tranquillità e sicurezza ai lavoratori del fisco.