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 2012  maggio 07 Lunedì calendario

I giochi proibiti dell’Ulivo Così Ciampi truccò i conti per farci entrare nell’euro - L’Italia truccò i conti per entra­re nell’euro

I giochi proibiti dell’Ulivo Così Ciampi truccò i conti per farci entrare nell’euro - L’Italia truccò i conti per entra­re nell’euro. Tra il 1996 e il 1998 Ro­mano Prodi e il suo ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, defi­nito «un creativo giocoliere finan­ziario », misero in campo «misure di risparmio cosmetiche», che «si basavano su trucchi contabili» o addirittura «furono subito ritirate non appena venne meno la pres­sione politica ».L’allora cancellie­re Helmut Kohl, informato dal­l’ambasciata tedesca a Roma, era pienamente al corrente della drammatica situazione dei conti pubblici italiani ma l’opportunità politica prevalse sul rigore finan­ziario. È una specie di «wikileaks», un «wiki-Ciampi», che riscrive un ca­pitolo decisivo della nostra storia recente. Il settimanale Der Spiegel lo squaderna nell’ultimo numero dopo aver consultato una mole di documentazione del governo Kohl tra il 1994 e il 1998, gli anni de­cisivi per la creazione della mone­ta comune. Resoconti diplomati­ci, note interne, appunti di collo­qui. «L’Italia non avrebbe mai do­vuto essere accolta nell’euro- sin­tetizza il periodico di Amburgo – anzi si creò il precedente per una decisione ancora più sbagliata presa due anni dopo: l’ingresso nell’euro della Grecia». Con altri conti truccati. La documentazione ha trovato riscontro nella testimonianza di alcuni protagonisti. «Fino al 1997 avanzato, al ministero delle Finan­ze non credevamo che l’Italia avrebbe rispettato i criteri di con­vergenza », ha dichiarato Klaus Re­gling, all’epoca capo dipartimen­to del dicastero e oggi responsabi­le del Fondo salva-stati. «Impor­tanti misure strutturali di rispar­mio sono venute quasi del tutto meno per garantire il consenso so­ciale », registrava il 3 febbraio 1997 il ministero. Secondo una nota del 22 aprile successivo,«non ci so­no quasi chance che l’Italia rispet­ti i criteri». Lo scetticismo tedesco è palese, tutto nero su bianco. Ma nemme­no la coppia Prodi/ Ciampi crede­va di farcela: risulta infatti che nel 1997 il nostro governo chiese due volte di rinviare la partenza del­l’euro, ma a Berlino si opposero. Avevano fiducia nel ministro del Tesoro, il tecnico che aveva lascia­to il governatorato della Banca d’Italia per diventare presidente del Consiglio nel 1993: la storia si ripete oggi, con un altro tecnico al governo a fare gli interessi della Germania. «Per tutti Ciampi era come un garante, lui ce l’avrebbe fatta!»,ha spiegato allo Spiegel Joa­chim Bitterlich, allora consulente di Kohl per la politica estera. E in definitiva che cosa succes­se? «Alla fine – ricostruisce il setti­manale - con una combinazione di trucchi e circostanze fortunate gli italiani riuscirono sul piano for­male a rispettare i criteri di Maa­stricht. Il Paese trasse vantaggio da tassi di interesse storicamente bassi, inoltre Ciampi si dimostrò un creativo giocoliere finanzia­rio ». La tassa per l’Europa,la vendita delle riserve auree, le tasse sugli utili: questa la finanza inventiva del futuro capo dello stato che in seguito sarebbe stata bocciata da­gli esperti statistici dell’Ue. Contro il parere di tutti i consi­glieri, Kohl coprì i trucchi del cen­trosinistra. «La parola d’ordine politica era: non senza gli italia­ni », rivela oggi Bitterlich. Parigi aveva fatto sapere che senza l’Ita­lia nemmeno la Francia sarebbe entrata nell’euro. Conclude lo Spiegel : «Kohl si fi­dò delle melodiose dichiarazioni di Ciampi, che assicurava un “cammino virtuoso” per la finan­za pubblica italiana. Prevedeva al più tardi per il 2010 la riduzione al 60 per cento del debito pubblico. È andata diversamente».