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 2012  maggio 07 Lunedì calendario

La brutta fine del presidente mai nato - La tragedia (politica) di un uomo ridicolo. Più che un presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy è stato un malinteso, l’attivismo freneti­co scambiato per dinamismo intellettuale, la mancanza di gusto, di educazione, di equilibrio, travestita da volontà innovatrice, il complesso di inferiorità tipico dei parvenus, nelle istituzioni come in società, rimpannucciato negli abiti del dissacratore e del modernizzatore di un sistema ritenuto vecchio e superato

La brutta fine del presidente mai nato - La tragedia (politica) di un uomo ridicolo. Più che un presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy è stato un malinteso, l’attivismo freneti­co scambiato per dinamismo intellettuale, la mancanza di gusto, di educazione, di equilibrio, travestita da volontà innovatrice, il complesso di inferiorità tipico dei parvenus, nelle istituzioni come in società, rimpannucciato negli abiti del dissacratore e del modernizzatore di un sistema ritenuto vecchio e superato. Come sempre accade, quando la storia si ripe­te si trasforma in farsa, e la sindrome napoleoni­ca può portare solo a bonapartismi grotteschi. L’altezza era la stessa, così come la ricerca senza vergogna e impietosa del potere, l’esibizionismo e l’idea di incarnare un destino e persino una na­zione. Era tutto il resto a essere diverso. Sarkozy ha cominciato a perdere la sera stessa in cui, cinque anni fa, era uscito vincitore da un’elezione che,grazie alla sua posizione privile­giata di ministro degli Interni, alla debolezza dell’ avversario, all’onda lunga di un duplice manda­to chirachiano, appariva pressoché scontata. Gli è stata fatale l’accoppiata Fouquet+yacht, il fe­steggiare come se fosse un miliardario, il festeg­giare insieme ai miliardari. Non è vieto morali­smo, è che lì c’era la pompa e la mondanità, il cotè nouveau riche e l’ostentazione volgare, la perdita del senso del limite, il fascino del denaro, in bre­ve, e questo in un Paese dove, come ha spiegato il filosofo Pascal Bruckner, «l’argent est le tabou». Da Balzac a Proust non c’è romanzo dove l’ipocri­sia borghese non giri intorno a esso, sempre pre­sente, mai pubblicamente rivendicato. Per scu­sarlo, i suoi intimi hanno tenuto a specificare che quel modo sfrontato di festeggiare era «per far piacere a Cécilia», la moglie fuggitiva e che da lui non sarebbe più tornata: era lì «la sua parte di umanità, lasuadebolezza, ilsuoessereuomoco­me gli altri ». Peccato però che si trattasse del pre­sidente della Repubblica, in un sistema voluto da de Gaulle per dare al primo cittadino quell’al­lure m­onarchica che la Francia ha in fondo sem­pre rimpianto. Qui invece ci si ritrovava uno che, per far piacere alla moglie, la trasformava persi­no in ambasciatrice alla corte di Gheddafi, come avvenne nell’incredibile vicenda delle infermie­re bulgare accusate di aver inoculato il virus dell’ Aids ai bambini libici… Poco dopo i francesi avrebbero avuto lo stesso Gheddafi a Parigi, con tanto di tenda a fianco dell’Eliseo, quel Gheddafi che pochi anni dopo Sarkozy avrebbe fatto bom­bardare in spregio a ogni diritto internazionale. Sul rapporto con Carla Bruni è già stato det­to tutto, ma si capiva facilmente come l’Eliseo fosse per un neo eletto smodato e incontinen­te lo scenario per una soap opera, una specie di giardino privato dove un piccolo uomo gioca­va a fare il premier seduttore. «Ma chi abbiamo eletto?» hanno cominciato a chiedersi i suoi concittadini. Da allora in poi, è stato un crescendo, la grosso­lanità di linguaggio («Casse toi, pauvre con», to­gliti dalle palle, a un poveraccio che si era rifiuta­to di stringergli la mano; «lo appenderò a un gan­cio da macellaio », a proposito del rivale de Ville­pinaltempodell’affareClearstream), l’incredibi­le siparietto anti- italiano con la Merkel,in perfet­to stile da comico dell’avanspettacolo, l’incapaci­tà di staccarsi dal clichè di chi è ossessionato dal potere dei soldi: «Questo Léger è più caro di Klein?Meno caro di Matisse?»,davanti a una mo­stra d’arte… La crisi economica ha fatto il resto. Nulla illustra meglio la psicologia di Sarkozy di quella sua frase riportata da Philip Goucevitch, giornalista del New Yorker , nel suo bellissimo li­bro No exit : «Tutti i miei concorrenti, fin dalla na­scita sono stati scelti e vezzeggiati ripetendo loro: “Sei il migliore,il più bello,il più intelligente”.Tut­tihannofattostudibrillanti. Guardacomesiama­no. Io sono d’un altro genere: sono il bastardo. Ma, ecco: è il bastardo che è divenuto presiden­te ». Dopo cinque anni, «il bastardo» si ritrova espulso come un qualsiasi Bel Ami di provincia che è andato lì dove non sarebbe dovuto andare. Un’espulsione che coincide con l’esplodere del­la s­tessa destra che lui era stato chiamato a rifon­dare. Il successo di Marine Le Pen apre una sta­gione nuova di lotte intestine che, già alle prossi­me legislative, vedrà regolamenti di conti, nuove alleanze, nuove divisioni. L’uomo del «cambia­mento » lascia provocando la dissoluzione del suo stesso partito.«Sarkozy c’est fini»urlavano ie­ri sera i supporter del neo eletto François Hollan­de. In realtà non era mai iniziato.