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 2012  maggio 05 Sabato calendario

BORSELLINO PIANGEVA SUL DIVANO: “UN AMICO MI HA TRADITO”

Paolo Borsellino in lacrime, disteso sul divano del suo ufficio in Procura davanti a due giovani magistrati attoniti nell’ascoltare una frase che suona come un testamento: “Un amico mi ha tradito”. I misteri di via D’Amelio approdano nell’aula del processo Mori nelle deposizioni di Massimo Russo e Alessandra Camassa, il primo assessore regionale alla Sanità, e la seconda magistrato a Trapani, entrambi ex allievi del giudice assassinato. Chi era quell’amico? Entrambi dicono che il nome non fu mai pronunciato, ieri hanno consegnato i loro ricordi al tribunale: “Borsellino – ha detto Russo – mi parlò di un incontro a Roma con ufficiali dell’Arma, poi si alzò e disse ‘un amico, qualcuno mi ha tradito’. Si accasciò sul divano e pianse. Quasi per sdrammatizzare io gli chiesi come andava in Procura. E lui rispose: qui è un nido di vipere”.
ANALOGA la ricostruzione della collega Camassa: “Alla fine di giugno del 1992 io e il collega Massimo Russo avemmo un incontro con Paolo Borsellino – ha detto – si parlò di indagini. A un certo punto lui si alzò, si stese sul divano, cominciò a piangere e disse: ‘Non posso credere che un amico mi abbia tradito’. Ebbi la sensazione netta – ha proseguito – che avesse ricevuto da pochissimo una notizia e che fosse ancora sconvolto. Tanto da sfogarsi con le prime persone entrate nella sua stanza”. Entrambi hanno parlato per la prima volta di questo incontro dopo 17 anni, e la Camassa ha così spiegato le ragioni del ritardo: “Ero così imbarazzata – ha detto – che quasi cambiai discorso. Una rivelazione che sembrava più frutto di un’inquietudine personale. Allora non la collegai ad alcuna attività d’indagine, pensai a un problema suo, per questo non ne parlai dopo la strage. Se fossi stata chiamata a testimoniare prima, probabilmente l’avrei detto”.
Il traditore era un uomo in divisa? “Borsellino mi ha sempre parlato bene del generale Subranni e dell’allora colonnello Mori – ha detto la Camassa – facendomi capire che di loro si fidava”. Ed ha aggiunto che il maresciallo Carmelo Canale le aveva detto altre volte che “secondo lui Borsellino si fidava troppo del Ros, ma io non ho mai parlato di questo con Paolo perchè non gli ho mai dato troppo peso”. La Camassa, inoltre, ha parlato di un interesse di Angelo Sinesio, allora funzionario dell’Alto commissariato, nei confronti delleindaginicondottedaBorsellino. “Dopo la strage – ha raccontato – michiamòperchiedermidiincontrarci e mi fece un sacco di domande sulle ultime indagini di Borsellino. Era insistente, voleva sapere se erano venuti fuori elementi sull’imprenditore agrigentino Salamone e sul ministro Mannino. Io nondieditroppopesoallacosama mio marito (il giudice Dino Petralia, ndr) si meravigliò di tutte quelle domande”. Tra queste, anche l’interesse a conoscere le rivelazioni fatte a Borsellino dal pentito Gaspare Mutolo sull’ex numero due del Sisde Bruno Contrada. “Quando finii di parlare – ha detto la Camassa – Sinesio si alzò in preda a un attacco di tosse e andò in bagno. Mio marito mi disse: ‘Guarda che è andato a telefonare’. Poi seppi che Contrada era stato avvertito delle indagini a suo carico”. La circostanza è smentita da Sinesio: “Fu la dottoressa Camassa a invitarmi a pranzo a casa sua a Pizzolungo e fu lei a tirar fuori il discorso di Mutolo. Io quel giorno misentiidavveromaleedèunacircostanza che ho sempre raccontato , sia nel processo Contrada che a Caltanissetta che al dottor Scarpinato”. Del ruolo dei funzionari dei servizi ha parlato anche l’ultimo teste: Nicola Cristella, l’ex capo-scorta di Di Maggio, è apparso talmente confuso e incerto da far spazientire pure il pm Antonio Ingroia, che poi gli ha domandato: “Ma lei aveva timore di querele, pronunciando quei nomi?”. “Sì – ha risposto il teste – non volevo fare alcun nome”.
I NOMI sono quelli dei “commensali” che abitualmente partecipavanoalleceneromane,nelperiodo delle stragi. Il superteste conferma che si trattava del colonnello Umberto Bonaventura, ex del Sisde, del generale Giampaolo Ganzer, attuale comandante del Ros, e di “un personaggio, un civile, che arrivava in motorino”, da lui poi identificato come Mori. “Non ho mai usato un motorino e non c’è persona al mondo che possa affermare il contrario”, ha tagliato corto il generale replicando in aula con una dichiarazione spontanea. Generici e incoerenti sono anche i ricordi di Cristella sul ruolo di Calogero Mannino (indagato nell’inchiesta sulla trattativa mafia-Stato) nei rapporti con il vicecapo del Dap.