Elisabetta Ambrosi, il Fatto Quotidiano 6/5/2012, 6 maggio 2012
LA CRISI NON FERMERÀ LA CONSUMO-FOBIA
“Sono quasi tre millenni che gli esseri umani più saggi, da Socrate a Latouche, provano a convincere i loro simili che possedere oggetti inutili è immorale. Il risultato? I trenta minuti necessari per trovare parcheggio nel centro commerciale di sabato”. Le ragioni più recondite per le quali il consumo resta il nostro sogno proibito, anche in tempi di crisi economica, ce le spiega un libro della giornalista e autrice di satira Lia Celi, “Corso di sopravvivenza per consumisti in crisi”, appena uscito per Laterza. Disabituarci a desiderare più nel necessario è una vera impresa. Non solo perché ci tocca contrastare il mantra per cui «consumare è dovere del bravo cittadino e salvezza per il Pil». Ma soprattutto perché, a tutt’oggi, il consumo resta l’unico antidoto contro la paura di morire. Il libro racconta, uno dopo l’altro, i luoghi del consumo, per arrivare a concludere che forse saranno i nostri figli a cambiare: non certo noi, che quando «un centro commerciale si avvia alla chiusura siamo pervasi dalla stessa angoscia che coglieva il primitivo al tramonto del dio-Sole».
CENTRI COMMERCIALI/
IPERMERCATI
Poco amate da Zygmunt Bauman, le cattedrali del consumo sono invece adorate dalle donne, «abituate da millenni a sentirsi merce, e pure deperibile». Qui il senso maschile nell’orienteering si azzera e uomini e donne hanno pari opportunità di parcheggio. Nei supermercati interni al centro, l’antica sporta è stata sostituita dal cesto basculante, dal carrello a rotelle (oggetto rubatissimo), o dall’orrendo cesto a rotelle («frutto di orge notturne tra carrelli»).
PROFUMERIE
«La megaprofumeria è la cattedrale della cosmetica, dove tutti i marchi più affermati hanno una cappella dedicata e sacerdotesse in tailleur nero officiano mistiche liturgie». Tra cosmetici offensivamente “rimpolpanti”, «creme che vanno ad agire» (ma non è detto che lo facciano, un po’ come i politici che si recano nel luogo del disastro), matite e smalti che «risvegliano nelle donne tutta la libido per la cancelleria degli anni scolastici», le tendenze mutano: oggi il look da battona è sintomo di purezza, mentre le escort esercitano «in abitini neri e nude look».
LIBRERIE
Aprire una libreria indipendente oggi equivale a «scalare il Nanga Pargat sui tacchi a spillo», tanto che molti librai «mentono ai genitori fingendosi precari nei call center». I libri sono emigrati nelle edicole, negli ipermercati, infine nei megastore. Poi ci sono i remainders, che «provocano all’amante di libri le stesse emozioni di un cinofilo al canile»: li vorrebbe portar via tutti. E pensare che basterebbe un ritocchino a farli sembrar nuovi, ad esempio cambiando il titolo. «Guerra e Pace»? «La bambina che odiava Napoleone».
MAGAZZINI
DI BRICOLAGE
Nonostante nel mercato matrimoniale crescano i consensi per i partiti del bricolage – persone serie e parsimoniose – nei negozi di attrezzeria la libido maschile si inabissa, nonostante l’abbondanza di doppi sensi (montaggio, fai-da-te, trapani e seghe). Qui si svolge la guerra fratricida tra i Con Giardino e i Senza Giardino, che guardano il capanno degli attrezzi e l’amaca con lo sguardo da Yimby (acronimo di «Yes, in My BackYard»).
NEGOZI BIOLOGICI
Ovvero come continuare a spendere con la coscienza leggera. Peccato che il maschio medio abbia orrore del tentacolare universo delle granaglie integrali. I frequentatori di bio spesso vantano un’intolleranza alimentare, che «ti conferisce quell’aria interessante e vulnerabile che un tempo potevi procurarti scrivendo poesie».
MAGAZZINI
DI ARREDAMENTO/IKEA
Mentre i primi mettono un filino d’angoscia, l’Ikea rassicura e coccola i genitori italiani. Entrambi i negozi hanno un vantaggio: non potrete mai incontrarci un interior design, che aborre le cucine ingenuo-country e suggerisce locali polifunzionali stile Masterchef (salvo andare a mangiare dalla mamma dalla cucina country).
NEGOZI CINESI
Ciò che li rende esotici è la disposizione delle merci, a cascata, senza nessun trucco di marketing. Il vero straniamento però è «trovarci tutti i simboli che definiscono la nostra identità», dalle bandiere ai decori natalizi, dai pulcini pasquali alle casacche di calcio. L’autrice avanza un’ipotesi: «Se a Yonville ci fosse stato un negoziante cinese, forse Madame Bovary non si sarebbe indebitata e suicidata».
BANCHE
Ormai vendono qualsiasi cosa, offrono servizi, fanno beneficenza. Tutto, tranne farti prestiti. Persino la malavita preferisce dedicarsi a supermarket e tabaccherie. «Oppure a sua voltafondaunabanca,siriempiedidebiti e aspetta fiducioso che lo Stato o la Bce glieli ripianino».