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 2012  maggio 07 Lunedì calendario

L’irresistibile ascesa di un uomo mite - François il «molle», il budino, «le pitre», il buffone che negli spettacoli di piazza doveva attirare gli spettatori allo show in cui i protagonisti sarebbero stati altri, alla fine della fiera si è rivelato il più duro

L’irresistibile ascesa di un uomo mite - François il «molle», il budino, «le pitre», il buffone che negli spettacoli di piazza doveva attirare gli spettatori allo show in cui i protagonisti sarebbero stati altri, alla fine della fiera si è rivelato il più duro. Ha sconfitto il più aggressivo, spietato, assertivo e villano degli avversari. E lo ha battuto sul suo terreno, François ha tirato fuori gli attributi laddove e quando tutti pensavano che sarebbe caduto, nel faccia a faccia di mercoledì sera. Sarkò ne avrebbe voluti addirittura tre, di duelli tv, tanto si sentiva sicuro di rovesciare la partita. Lui, pacato, ha soltanto auspicato che di confronto si trattasse, non di corpo a corpo. Rivisto alla moviola, il momento chiave della serata è stato verso la fine, quando per ben sedici volte Hollande ha ripetuto come un mantra la seguente frase: «Moi, président de la République, je serai ...», io, presidente della Repubblica, sarò... C’era in quella gentile sfrontatezza nell’evocare per sé un ruolo che in Francia ha il crisma dell’unzione monarchica molto Mitterrand, ma persino un po’ di De Gaulle. E Sarkò, proprio lui, il presidente dalla postura bonapartista, non ha trovato la forza di interrompere quel rosario civile di invocazioni politiche che si stava materializzando nel primo atto della nuova presidenza. Et voilà. E ora ci tocca riguardare il percorso di François per decifrare il carattere del secondo socialista presidente della Quinta Repubblica francese, dopo il fin troppo evocato François Mitterrand, in trono tra l’81 e il ’95 (allora la carica era di sette anni, ora è di cinque). Che ci sia del Mitterrand in Hollande è ovvio, ma tutti quelli che lo conoscono bene dicono che il vero padre politico di François è Jacques Delors, tuttora il più prestigioso e riconosciuto presidente della Commissione europea, l’uomo che fece il gran rifiuto alla candidatura per la presidenza della République nel ’95, aprendo così la strada al ritorno della destra all’Eliseo con Chirac. L’altro grande padre di François è naturalmente Lionel Jospin, candidato all’Eliseo nel ’95 e sconfitto per un pugno di voti da Chirac, primo segretario del Ps e artefice della folgorante vittoria delle sinistre alle legislative del ’97 che lo portano a Matignon come primo ministro. È Jospin che installa Hollande a Solferino e tutti dissero allora che, come spesso fanno i leader, aveva scelto il più innocuo e fedele tra i galletti del pollaio socialista ad amministrare l’immobile lasciato temporaneamente libero. In realtà Jospin aveva una vera stima intellettuale e politica per Hollande, per quanto i due avessero un dna apparentemente incompatibile: trotzkista (con una doppia militanza clandestina per lunghi anni) il primo, sostanzialmente socialdemocratico (parola allora impronunciabile negli ambiti Ps) il secondo. Ci sono alcuni episodi che rivelano addirittura un ascendente di Hollande su Jospin. Il più noto è la rimozione di Claude Allègre, ministro dell’Education Nationale (la pubblica istruzione) del governo Jospin, chiesta da Hollande e accordata dal primo ministro non senza polemiche. Inimicizie che nella politica francese restano: Allègre, quest’anno, ha fatto campagna per Sarkò in odio per Hollande. L’ascesa all’Eliseo di François Hollande rappresenta anche il ritorno al potere degli «enarchi», gli allievi della mitica Ena (Ecole Nationale d’Administration) quell’incubatore di politici e grand commis di Stato, che sono l’ossatura dell’amministrazione e costituiscono il terreno comune «repubblicano» che unisce destra e sinistra. Erano enarchi Giscard e Chirac, ma anche Jospin e un’altra infinità di ministri. È uscito dall’Ena Hollande, e anche Ségolène Royal, per lunghi anni la sua compagna di vita e sfidante di Sarkò nel 2007. Era loro compagna di corso Martine Aubry, attuale primo segretario del Ps e avversaria di Hollande alle primarie socialiste dell’autunno. Disprezzati e rimossi in questi cinque anni dal «barbaro» Sarkozy, gli enarchi tornano dunque al potere. La biografia di Hollande è la cifra del personaggio. Nato a Rouen nel 1954 da un medico e un assistente sociale. Tanto viene descritto duro il padre, uomo di estrema destra, nostalgico di Vichy, vicino all’Oas (l’organizzazione semiclandestina che si batteva contro la decolonizzazione e per la conservazione dell’Algeria francese), sostanzialmente un lepenista, tanto la madre è ricordata come amorevole, caritatevole, interamente dedicata al servizio degli altri. Adolescente, François si trasferisce con la famiglia a Neuilly-sur-Seine, la banlieue ricca parigina, la città dove cresce e dove apprenderà la politica Nicolas Sarkozy, diventandone giovane sindaco negli Anni 80. Il caso nella storia si diverte spesso a costruire combinazioni che appaiono incredibili e anche paradossali. Hollande, che aveva fatto le scuole elementari dai Fratelli delle Scuole Cristiane di Jean-Baptiste La Salle, frequenta il laicissimo Licée Pasteur di Neuilly, poi si iscrive a Giurisprudenza, si laurea, frequenta le alte scuole parigine, si appassiona di economia, viene ammesso all’Ena, nell’80 ne esce diplomato, come abbiamo detto con Ségolène e Martine Aubry, che è figlia (naturale, non politica) di Jacques Delors. È questa la fase della vita in cui Hollande si avvicina alla politica e al partito socialista. Si sa che l’ha introdotto nel partito Jacques Attali, allora uno dei più stretti collaboratori di Mitterrand. Quando questi viene eletto presidente, Attali è suo consigliere per la politica estera e porta all’Eliseo, in veste di collaboratori, poco più che stagisti, Hollande e Ségolène Royal. L’aneddotica dice che i due non si piacessero per niente, all’inizio. Ma come poi capita nella vita, nel 1984 nasce il loro primo figlio Thomas, che oggi è avvocato ed ha avuto la singolarissima avventura di aver fatto cinque anni fa campagna presidenziale per la madre e, quest’anno, per il padre. François e Ségolène resteranno insieme ventiquattro anni e hanno altri tre figli. Non si sono mai sposati. Hanno contratto un Pacs (l’unione civile) che poi hanno sciolto. La nuova compagna di Hollande , Valérie, fa la giornalista a Paris Match. Negli Anni 80 Hollande ha anche insegnato a Sciences-Po, economia, la sua materia preferita. Ma sono anche gli anni in cui si investe sul serio in politica. E lo fa seguendo il precetto di Mitterrand che chiedeva ai giovani di andare in missione in qualche sperduto (e nemico) suolo francese a conquistare voti per il partito. «Dovete avere le radici ben piantate nella terra di Francia», diceva il vecchio presidente. Hollande e la compagna Ségolène seguono il precetto per vie parallele. A lei tocca il collegio elettorale dei DeuxSèvres, dalle parti di Tolosa, dove la sinistra non aveva mai vinto. A François la Corrèze, nel cuore della quella Francia di nulle-part feudo di Jacques Chirac. Ségolène viene subito eletta; François no, ma ci va molto vicino. Intanto si radica a Tulle, che della Corrèze è la capitale, ne diventa sindaco e stabilmente il deputato quando Chirac nel 1995 diventa presidente della Repubblica. Tra i due si stabilisce anche un curioso rapporto. Hollande non manca mai a una riunione pubblica di Chirac in Corrèze, spesso per fare da civile, ma polemico interlocutore. Chirac apprezza l’avversario al punto che qualche mese fa ha fatto sapere che avrebbe votato per Hollande, continuando nell’avversione politica e personale per Sarkozy che, dopo essere stato accolto e accudito non solo politicamente nella famiglia del leader neogollista, lo aveva tradito nel 1995 appoggiando Balladur. La circostanza del voto per Hollande da parte del vecchio presidente è poi stata smentita dalla moglie. Ma chiunque sa di politica francese la considera del tutto realistica. Lasciata la segreteria del Ps nel 2008 a Martine Aubry, sindaco di Lille ed ex ministro del lavoro nel governo Jospin (a lei si deve la legge per le 35 ore), François Hollande ha costruito con pazienza in questi quattro anni la sua scalata, avendo cura di riunire dentro la sua proposta tutta la sua storia e tutte le diverse componenti politiche che l’hanno formato. Un po’ di Mitterrand, molto Delors (nel riformismo e nel realismo), un po’ anche di Jospin che non a caso lo ha accompagnato nell’ultimo comizio di Tolosa, riapparendo in pubblico dopo anni di vita appartata seguita al suo abbandono della politica dopo lo «choc» del 2002, quando venne battuto al primo turno delle presidenziali da Jean-Marie Le Pen. Hollande ha avuto anche la cura maniacale di disseminare la sua campagna di riferimenti simbolici. Tanto per citarne uno solo, ha annunciato la sua candidatura alle primarie nel comune dove è stato sindaco per molti anni Delors. Come ha scritto Le Monde, ha poi messo i suoi passi nelle orme di Mitterrand. Ma attenzione, la sua proposta politica non assomiglia a nessuno di loro, è un mix, ma molto hollandiano e, come dicono gli osservatori meno faziosi, è davvero un salto nuovo nella storia del Ps, un partito dove fino a non molti anni fa si discuteva della fine prossima ventura del capitalismo. È come se Hollande da solo avesse fatto la Bad Godesberg del Ps francese, la mutazione compiuta verso la compatibilità con i conti dell’Europa e non solo con il «capitalismo». Certo nel suo programma ci sono i «marqueurs» della gauche: pensione a 60 anni (ma solo per i lavoratori che hanno cominciato molto giovani e per chi fa lavori usuranti), tasse al 75 per cento per i super ricchi con più di un milione di reddito, stop allo scudo fiscale che ha segnato l’epoca Sarkò, assunzione di 60 mila lavoratori (insegnanti e non) nella scuola. Ma il tutto è impregnato di un’accettazione dei limiti di debito e deficit che è del tutto nuova per la sinistra francese, portata istintivamente al massimalismo, salvo poi rimangiarselo dopo qualche anno (o mese) di fallimenti. È stato così per Mitterrand e Jospin. C’è la sfida all’Europa, al patto fiscale che porta di sigillo di Frau Merkel. Ed è questo il vero banco di prova della nuova presidenza. Hollande sa, e non ha mai negato, che gli obblighi sono stretti. Ma la sfida è là, per la Francia e per l’Unione Europea. Ed è su questo terreno che vedremo se davvero il «budino» si è definitivamente trasformato in un duro.