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 2012  maggio 06 Domenica calendario

L’AD DELLA COSTA: SONO ANDATO AVANTI A PILLOLE

Durante la cerimonia del battesimo di Costa Fascinosa, nuova ammiraglia della compagnia italiana del gruppo Carnival, uno splendente gigante di 290 metri, è stato osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime del naufragio della Concordia.
La società crocieristica vuole ripartire anzi è già ripartita dopo il blackout seguito alla tragedia dell’isola del Giglio, le prenotazioni sono addirittura in aumento del 25% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno ma il relitto della Concordia è una presenza che non si può ancora ignorare. «E noi non ci nascondiamo — dice Pier Luigi Foschi, presidente e ad di Costa Crociere che a luglio sarà sostituito nella carica di Ceo dal tedesco Michael Thamm — perché abbiamo scelto da subito di guardare in faccia quello che era accaduto».
Ci sono i bilanci societari, e quelli vanno bene nonostante il colpo subito e i 300 milioni di dollari che costerà rimuovere il relitto e ci sono i bilanci umani. «Per me — dice Foschi — quella è una ferita aperta, è stato il dolore più grande della mia vita dopo la morte di mia madre». Molte persone sia fra l’equipaggio che fra i passeggeri hanno ricorso a un sostegno psicologico. Lo ha fatto anche Foschi, che era in prima linea? «No, non sono andato dallo psicologo. Ma confesso che sono andato avanti a pillole, in quei giorni. Pillole per dormire, per stare sveglio, per mangiare, per controllare l’ansia. La sera spegnevo la televisione e prendevo le mie pillole». Ci sono, dice Foschi, domande che continua a porsi: «Mi chiedo perché. Perché è potuto succedere quello che è successo. C’è un’inchiesta giudiziaria e ne vedremo le conclusioni. Ma io mi interrogo oltre: io vorrei capire fino in fondo. Una persona come me, con il mio ruolo, che vede il suo nome dopo anni di lavoro legato a una simile tragedia, sarebbe un irresponsabile se non si ponesse delle domande».
Forse cerca una falla nel sistema? Si domanda quale selezione ha consentito che Francesco Schettino fosse sul ponte di comando? Il presidente di Costa Crociere tace, poi dà una risposta un po’ criptica: «Le persone cambiano». Parlare della Concordia è come camminare su un terreno minato, da una parte c’è una Procura che indaga, dall’altra una società che vuole voltare pagina senza mancare di pietà per chi ha perso la vita. Quanto a Schettino, Foschi lo definisce «un’eccezione». «Carnival — spiega — ha tutti comandanti italiani sulle sue navi. E sono ottimi. Quando mi hanno fatto sentire, da un telefonino, quella terribile telefonata in cui il comandante Schettino si comporta come un bambino impaurito, è stato un colpo terribile. La marineria italiana è stata messa sotto accusa. Ma in quei giorni il presidente di Carnival, Harrison, mi ha scritto una lettera in cui mi diceva che Carnival ha sempre avuto comandanti italiani e avrebbe continuato ad averli perché è grazie anche a loro che la compagnia ha conseguito i suoi risultati di eccellenza. Mi ha molto aiutato».
Ma se la vicinanza di Harrison è stata importante, Foschi rimarca l’assenza di altri: «Il governo italiano nel momento della tragedia ha lasciato Costa Crociere completamente sola. Noi battiamo bandiera italiana, abbiamo migliaia di dipendenti in Italia e qui costruiamo navi. Per questo ho detto, in un certo momento, che il marchio Costa era a rischio, per dare una scossa a chi non stava muovendo un dito. Ma, in realtà, il marchio non è mai stato a rischio. Vuol sapere chi è rimasto più colpito dal silenzio del governo italiano? Gli investitori Usa. Hanno capito che questa indifferenza era dovuta al fatto che Costa Crociere veniva considerata americana. Noi siamo una società italiana, ma, comunque, essere americani è forse una colpa?». Ora con il governo i rapporti si sono fatti più costruttivi. Su Costa Fascinosa è imbarcata una parte dell’equipaggio della Concordia. «Il 95 per cento di coloro che lavoravano sulla Concordia hanno voluto tornare a bordo — dice Foschi —. È una cosa che mi conforta. Eppure questo equipaggio eccezionale è stato ingiustamente maltrattato».
Erika Dellacasa