Guido Olimpio, Corriere della Sera 06/05/2012, 6 maggio 2012
LA MATTANZA DEL MESSICO PER IL CONTROLLO DELLA DROGA - È
solo l’ultimo massacro. Non diverso dagli altri che hanno provocato in Messico, dal 2006, oltre 50 mila vittime. Questa volta colpisce più degli altri per la rapida successione di eventi che ha legato regioni diverse, tutte toccate dalla faida narcos.
Giovedì il primo atto. Nello stato di Veracruz recuperano i cadaveri di tre fotoreporter. Erano stati costretti a scappare per le minacce e poi, coraggiosamente, sono tornati. Li hanno eliminati per chiudere gli occhi a chi prova a raccontare cosa sia il crimine. Destino toccato solo cinque giorni prima ad un’altra reporter, strangolata nella sua abitazione. Passano poche ore. All’una di notte di venerdì su uno dei ponti di Nuevo Laredo impiccano cinque uomini e quattro donne. Prima li hanno torturati, secondo tradizione. I killer lasciano la rivendicazione: le vittime sarebbero — tutto da verificare — membri del cartello del Golfo. A uccidere quelli che per anni sono stati i loro complici. I Los Zetas. Non è finita. Quando cala la sera — siamo ormai alle 19.30 — qualcuno abbandona 14 cadaveri decapitati lungo una strada di Nuevo Laredo. Particolare: poiché il taglio della testa non fa più notizia i criminali da tempo indugiano nel fare «composizioni» con i resti delle vittime. È forse una ritorsione del Golfo? La polizia non lo esclude. Ma è solo un dettaglio. A Nuevo Laredo sono abituati. Nelle scorse settimane i narcos hanno fatto trovare camioncini pieni di uccisi o smembrati.
All’origine della matanza il controllo del territorio dove passa la droga diretta negli Usa. Il cartello di Sinaloa, guidato dal boss dei boss, El Chapo Guzman, ha alzato il livello di scontro con i Los Zetas. E ognuno si è portato dietro gli alleati. Los Mazatlecos, Los Pequenos, Los Chapos Isidro Norte, quelli di Ciudad Juarez stanno con gli Zetas e i gatilleros (killer) del gruppo Beltran Leyva. Guzman, oltre al Golfo, ha fatto intervenire il suo braccio armato, la «Gente Nueva». Ci si ammazza a Monterrey, a Nuevo Laredo e sulle montagne di Sinaloa. Vicino al villaggio di Choix hanno recuperato decine di cadaveri e altri sono ancora lì. Appartengono a narcos morti in una battaglia con i rivali e l’esercito.
In Messico oggi si combattono molte guerre. La prima oppone i cartelli avversari. La seconda è interna alle bande. La terza è contro lo Stato. La quarta punta sui testimoni, civili inermi o giornalisti. Un conflitto che non si estende solo all’America Latina ma che sta contagiando posti tranquilli come il Canada.
Guido Olimpio