Enzo Piergianni, Libero 6/5/2012, 6 maggio 2012
IL FRATELLO DI GÖRING SALVAVA EBREI MA MORÌ IN MISERIA E DIMENTICATO
Nella galleria dei mostri del nazismo, Hermann Göring viene subito dopo Adolf Hitler.Un megalomane spietato contro chiunque osasse solo dubitare della superiorità della Germania ariana e guerriera. Al crollo del Terzo Reich si tolse la vita con una pasticca di cianuro per sfuggire al patibolo dei giudici di Norimberga. Fu lui a inventare, già nel 1933, la polizia segreta del regime (la Gestapo) e i lager in cui fare tacere per sempre gli oppositori. Il feldmaresciallo della Luftwaffe fu inesorabile con ogni forma di dissidenza, ma chiuse tutti e due gli occhi sull’enfant terrible nella sua famiglia. Già, perché ora viene a galla, dopo svariati decenni, che il fratello Albert fu un ardimentoso antinazista capace di rischiare ripetutamente la vita per salvare «decine e decine» di ebrei dalle camere a gas del Führer. Lo racconta lo storico australiano William Hastings Burke che ha scoperto il segreto di Göring e lo svela nel libro “Hermanns Bruder” in uscita il 21 maggio in Germania.
Diversi in tutto i due fratelli, eppure legatissimi nell’intimità affettiva. Hermann, più anziano di due anni, grasso, tarchiato, antisemita fanatico e violento. Albert, quintogenito di tre maschi e due femmine, smilzo, colto, rubacuori (quattro mogli), sempre ottimista. Talmente diversi tra loro da fare spettegolare sulla fedeltà coniugale della madre Franziska. Hermann era al corrente della spericolata attività antinazista di Albert, ma lo perdonava e se ne lavava le mani («sono affari suoi»). Addirittura lo protesse quelle tre o quattro volte che il fratellino, pizzicato in flagrante e arrestato dalla Gestapo, gli chiese di intervenire personalmente per toglierlo dai guai.
Göring jr. si serviva del suo cognome per procurarsi documenti falsi, contatti, denaro, mezzi di trasporto, persino informazioni top secret da inviare a Londra e Mosca, come l’ubicazione dei cantieri dei sottomarini tedeschi e l’intenzione di Hitler di rompere il patto di non aggressione con l’Unione Sovietica. Era ingegnere e sfruttava la sua posizione di dirigente della Skoda (automezzi pesanti e armamenti). Nel 1944 si presentò con una fila di camion all’ingresso del campo di concentramento di Theresienstadt. «Sono Albert Göring della Skoda, riempiteli di manodopera», ordinò; «gli internati servono per la nostra produzione». Sulla via del ritorno in fabbrica l’autocolonna scomparve in un bosco e gli schiavi di Hitler poterono scappare. L’ultimo incontro dei fratelli avvenne il 13 maggio 1945 in un campo di prigionia americano ad Augsburg. «Prenditi cura dei miei figli», lo supplicò Hermann.
Albert si consegnò ai vincitori il 9 maggio, ma non fu facile convincerli del suo antinazismo. Gli epuratori dell’Interrogation Center della settima Armata gli credettero soltanto dopo avere ascoltato, uno per uno, tutti coloro che lui aveva elencato come testimoni diretti e beneficiari della sua guerra clandestina. Aveva 71 anni quando è morto nel 1966 in Baviera, sconosciuto e povero in canna.
Enzo Piergianni