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 2012  maggio 06 Domenica calendario

La Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha chiesto alle banche di presentare proposte su come acquisire il 29,9% di Snam, la holding delle infrastrutture del gruppo Eni

La Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha chiesto alle banche di presentare proposte su come acquisire il 29,9% di Snam, la holding delle infrastrutture del gruppo Eni. Com’è noto, l’Eni deve cedere il suo 52% di Snam sulla base di un decreto che verrà formalizzato entro maggio. La Cdp intende minimizzare l’esborso. Al tempo stesso, non vuol inimicarsi i soci di minoranza di Snam e vuole tener conto dell’interesse dell’Eni, di cui è azionista a sua volta. Una procedura impeccabile. Eppure, alcuni giornali italiani - dal Sole 24 Ore al Messaggero - contestano la Cdp e sostengono l’idea di Terna che compra il 29,9% di Snam con due argomenti: a) con la Cdp a cassetta, si rinazionalizzerebbe Snam, mentre con Terna no; b) con la Cdp, azionista di Eni e Snam, ci sarebbe conflitto d’interessi e si cita l’Antitrust di Catricalà, che costrinse la Cdp a cedere (al Tesoro) la quota Enel per potersi tenere Terna in omaggio al principio della separazione tra produzione e infrastruttura di rete. Personalmente trovo deboli questi argomenti, ancorché riecheggino il Financial Times. Punto uno: Snam non può essere rinazionalizzata perché non è mai stata privatizzata. Oggi è consolidata nell’Eni, il cui top management è designato dal governo che ha il 4% e la controlla assieme alla Cdp che ha il 26%, ma zero poteri. E Terna è non solo controllata, ma addirittura consolidata dalla Cdp. Punto due: andiamo al sodo, se la Cdp non poteva tenere in contemporanea il 30% Enel e Terna, come avrebbe potuto l’Eni stesso continuare a controllare addirittura il 52% di Snam? E come potrebbero coesistere Cdp, Eni, Snam, Enel e Terna sotto l’unico tetto del ministero dell’Economia, azionista di ultima istanza e autore di quasi tutte le nomine? Di nuovo, come potrebbe la Cdp tenersi l’Eni se Terna, che è consolidata in Cdp, prendesse Snam? Talvolta, non potendo affrontare le travi (per esempio il duopolio Rai-Mediaset), le Authority si impegnano sulle pagliuzze (caso Enel-Terna) per far vedere che esistono. Ma fatta la delibera, si trova presto il rimedio. La Cdp potrà fare quello che vuole se si rafforzerà giuridicamente la delega al governo dei poteri nell’Eni. Il piano di Terna ha pro e contro, come tutti i piani. Segnala il dinamismo di un management, forte dei risultati ottenuti. Le società controllate hanno il diritto di suggerire soluzioni nel quadro di una disciplina di gruppo. Ma poi, sulle questioni di rilevanza patrimoniale e strategica, decide la holding. Non si è mai vista la Saipem, un gioiello, decidere se l’Eni debba fare o no un investimento. Eppure, si legge di Terna che incarica una banca di predisporre un piano che non collima con le mosse del suo azionista. Perché? Azzardo una risposta: perché il suo vertice è stato designato non dalla Cdp, ma dal governo che forse temeva di ricostituire l’Iri delegando il coordinamento e le nomine a una tecnostruttura come la Cdp e certo voleva conservare la facoltà di scegliere sì i Mincato, gli Scaroni, i Conti e i Cattaneo, ma anche i Belsito in Finmeccanica. Nella Cdp, dove il 30% è in mano a soggetti privati come le fondazioni, non albergano i tesorieri di partito. mmucchetti@rcs.it