Attilio Bolzoni, la Repubblica 6/5/2012, 6 maggio 2012
C´era solo un ragazzo che conosceva tutti i segreti di Giovanni Falcone. Soltanto lui aveva la password del computer dove erano scivolati migliaia di nomi e tutti i misteri di Palermo
C´era solo un ragazzo che conosceva tutti i segreti di Giovanni Falcone. Soltanto lui aveva la password del computer dove erano scivolati migliaia di nomi e tutti i misteri di Palermo. Allora aveva 26 anni Giovanni Paparcuri. E aveva appena iniziato un´altra vita. La prima se n´era andata il 29 luglio del 1993, quando Rocco Chinnici era saltato in aria e Paparcuri - autista di Falcone, dirottato per qualche giorno alla guida della blindata del consigliere istruttore - era diventato il custode di tutte le indagini del magistrato più amato e più odiato d´Italia. "Avanti", era la password del pc di Falcone: la digitava ed entrava nelle viscere della Sicilia. È questo uno dei tanti particolari che si leggono nel libro di Francesco Viviano e di Alessandra Ziniti (Visti da vicino, Falcone e Borsellino, gli uomini e gli eroi, Aliberti editore) in ricordo di due uomini che hanno cambiato Palermo. Un´appassionata prefazione di Gian Carlo Caselli e poi il lungo racconto sul lato più intimo dei magistrati del pool antimafia, cresciuti insieme nel quartiere palermitano della Kalsa e morti a distanza di 54 giorni fra la primavera e l´estate di vent´anni fa. La collezione di papere di Falcone e la vecchia bici di Borsellino, le battute di ironia demenziale del primo («Come sta dottor Falcone?», gli chiedevano; e lui rispondeva: «Seduto!» o «In piedi!») e la straordinaria umanità del secondo, i veri amici che li ricordano, viaggi, vacanze, le feste in famiglia, i rari momenti di serenità nell´arco di una stagione siciliana vissuta pericolosamente. È tutto riportato, pagina dopo pagina in Visti da vicino, diario compilato da chi è stato al loro fianco soprattutto nei momenti più drammatici: compagni, fratelli. Come Alfio Lo Presti, medico ginecologo che ripesca nella sua memoria decine di momenti trascorsi con Paolo Borsellino. Un´amicizia profonda. Racconta: «Una domenica andammo a piedi a fare una passeggiata alla ricerca di un filone di pane da portare a casa per il pranzo. Trovammo un carrettino nei pressi di piazza Ottavio Ziino». Borsellino chiede il pane, il venditore ambulante glielo dà e dice con una punta d´orgoglio: «A lei, il pane io glielo regalo». Il magistrato insiste per pagare, l´altro gli ricorda: «Signor giudice, lei mi ha condannato per vendita di pane abusivo e ora viene da me a comprarlo. Ma io glielo regalo con tutto il cuore». Borsellino rimane immobile per qualche secondo, poi supera l´imbarazzo abbracciando il venditore abusivo di pane. Oppure amici come Paolo Procaccianti, direttore dell´Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo che, trent´anni fa, incrociò i due giudici e non li lasciò mai più. Solo una volta Falcone mise piede alla morgue. Procaccianti: «Quando uccisero Salvo Lima venne e mi disse: "Voglio vederlo"». Amici di Palermo ma anche amici nuovi, trovati sulla strada della vita. Come Antonio Manganelli, attuale capo della polizia che verso la metà degli anni Ottanta ha condiviso straordinarie esperienze siciliane con Falcone e Borsellino. Allora, Manganelli era un "operativo", uno dei migliori, uno di quelli che godeva assoluta fiducia del pool antimafia. «Fu una giornata che non dimenticherò mai», ricorda. Il 24 settembre del 1989. Era la sera in cui i sicari mafiosi uccisero la madre, la sorella e la zia del pentito Francesco Marino Mannoia. Ricorda Manganelli: «Falcone gli fece le condoglianze e gli disse che era libero di decidere qualunque cosa, anche di tornare indietro. Lui, avrebbe capito…». Qualche anno prima era cominciato tutto. Con Tommaso Buscetta che si era pentito. L´inizio di una grande sfida. L´inizio di una guerra che continua ancora oggi.