Mario Baudino, La Stampa 6/5/2012, 6 maggio 2012
Ipiù grandi hanno capito immediatamente che la frase «una drammatica moratoria di pesci» era sbagliata dal punto di vista lessicale (oltre che piuttosto divertente, di questi tempi in cui le moratorie vengono disperatamente invocate, anche se non in campo ittico), e che si doveva scrivere «morìa»; i più piccoli si sono destreggiati bene fra «ingegnoso» e «ingenioso», fra «qual’è» e «qual è», i quattordicenni hanno individuato con ottima mira un mostro linguistico nel superlativo «amarrimo»
Ipiù grandi hanno capito immediatamente che la frase «una drammatica moratoria di pesci» era sbagliata dal punto di vista lessicale (oltre che piuttosto divertente, di questi tempi in cui le moratorie vengono disperatamente invocate, anche se non in campo ittico), e che si doveva scrivere «morìa»; i più piccoli si sono destreggiati bene fra «ingegnoso» e «ingenioso», fra «qual’è» e «qual è», i quattordicenni hanno individuato con ottima mira un mostro linguistico nel superlativo «amarrimo». I ragazzi della seconda Olimpiade d’italiano hanno dimostrato di saper distinguere la lingua corrente - e corretta da quella programmaticamente scorretta dei comici, e da quella involontariamente disastrata di molti loro coetanei, e non solo. Voluta dal Miur, il ministero dell’Istruzione, la sfida che ha coinvolto una gran numero di scuole e 15 mila partecipanti - fra elementari, medie e medie superiori - si è conclusa ieri a Firenze con risultati che ridimensionano qualche luogo comune. È vero che le Olimpiadi di matematica, fisica o altre materie scientifiche sono più frequentate e seguite (ma sono anche partite prima); l’italiano, tuttavia, potrebbe uscire dal ruolo di cenerentola. C’è stato un salto di qualità, ricorda la dirigente del Miur Cristina Palumbo. «L’hanno scorso avevano riservato il concorso ai soli istituti superiori. Quest’anno è stato aperto a tutti, per sezioni distinte. Qui a Firenze abbiamo vagliato i finalisti, che sono ovviamente i più bravi, ma possono avere un effetto-traino importante nelle scuole». E sui compagni. I più piccoli, poi, sono stati velocissimi; hanno completato i loro questionari con grande anticipo sul tempo massimo concesso, che era di due ore. E parlando di questionari, va ricordato che non si trattava solo di grammatica, ma anche di comprensione di testi complessi. È finalmente un segno di salute per la nostra lingua? Tullio De Mauro, presidente della giuria, preferisce distinguere: «La popolazione italiana adulta è in condizioni disastrose, lo si vede dai test internazionali. I ragazzi sono sulla media europea, un pochino sotto e questo fa gridare allo scandalo. Ma se distinguiamo fra i sessi, vediamo che i maschietti sono appunto al di sotto, le femmine al di sopra». E questi campioncini olimpici? «Questi sono bravissimi. I bambini si avvantaggiano chiaramente di un ambiente famigliare dove è radicata l’abitudine alla lettura, i più grandi hanno un dominio sicuro del linguaggio, del vocabolario e della possibilità di sintetizzare». Sono un’eccezione? «No, l’avanguardia di un grande esercito. I giovani, tutti, leggono più di noi adulti, parlano più lingue, e questo è importante, hanno molti punti di vantaggio. E me lo lasci dire, questo è il segno di una scuola che funziona. Nonostante tutto». Quali sono invece i fattori di debolezza? «I ragazzi scrivono molto più di quanto facessimo noi adulti alla loro età. Ma la loro comunicazione, che avviene per via elettronica, è molto influenzata dal parlato - risponde Rita Librandi, presidente dell’Associazione per la storia della lingua italiana -. Per questo possono avere difficoltà nella comunicazione più impegnativa e argomentata, e nel lessico. Le Olimpiadi possono attirare l’attenzione di genitori e scuola, stimolarli sulla strada da intraprendere, superare il disinteresse per l’insegnamento della lingua proprio nelle scuole superiori». Mentre l’inglese è diventato una specie di mito. «L’inglese va studiato, è utile. Ma intantobisogna parlarlo bene, e poi deve aggiungersi, non penalizzare l’italiano. Che andrebbe insegnato con corsi appositi nelle facoltà tecniche e scientifiche». Magari per evitare che qualche ingegnere non riesca a decidere se essere «ingenioso» o «ingegnoso», come invece sanno benissimo i ragazzi delle Olimpiadi.