Antonio Lo Campo, La Stampa 6/5/2012, 6 maggio 2012
Un piccolo satellite per ripulire dai tanti rottami vaganti lo spazio intorno alla Terra. Da tempo se ne parla, ma ora un progetto svizzero sta per diventare realtà
Un piccolo satellite per ripulire dai tanti rottami vaganti lo spazio intorno alla Terra. Da tempo se ne parla, ma ora un progetto svizzero sta per diventare realtà. Tra i 250 e i 2000 km di altezza si estende una sorta di grande «nuvola», composta da pezzi di vecchi satelliti e stadi di razzi vettori abbandonati, oltre che da frammenti di tantissime dimensioni: tutti rappresentano un potenziale pericolo per le missioni in corso, soprattutto per quelle con equipaggio a bordo, e anche per quelle future. Soltanto da pochi anni le agenzie spaziali come la Nasa e l’Esa hanno cominciato ad affrontare il problema: ora i satelliti e i moduli spaziali, alla fine della loro vita operativa, vengono spediti direttamente nell’atmosfera per un rientro distruttivo, evitando così una permanenza in orbita che può durare decenni. Ma queste misure non bastano: è necessario, infatti, eliminare quanto è già presente da tempo e adesso c’è un’idea vincente. Contro i 16 mila oggetti delle dimensioni di almeno 10 centimetri (e le centinaia di milioni di piccoli frammenti) che viaggiano a 28 mila km orari, nasce «Clean Space One». È un piccolo satellite, che partirà in cima a un razzo vettore, e che si immetterà in orbita e andrà a caccia dei «pezzi» da recuperare e da «rottamare». L’ha spiegato l’altro ieri a Roma l’ex astronauta dell’Esa Claude Nicollier durante la presentazione del progetto all’Istituto Svizzero: «Ora si sta realizzando un “dimostratore”, vale a dire un prototipo che dovrà verificare la propria efficacia sul campo. Sarà collaudato con un test sul satellite Swisscube o sul suo simile, il Tlsat, entrambi di costruzione svizzera». Il lancio è previsto tra il 2015 e il 2016e non c’è tempo da perdere. Al momento gli oggetti più grandi vengono tenuti sotto controllo da Terra dalla Nasa, che in più di un caso, nel corso di missioni shuttle o per la Iss, la Stazione Spaziale Internazionale, ha individuato un pericolo di collisione, risolto con uno spostamento della traiettoria orbitale. «L’equipaggio della Stazione - ha aggiunto Nicollier - è addestrato per questo tipo di emergenze. Di recente i sei astronauti a bordo si sono “rifugiati”, per sicurezza, sulle navicelle Sojuz attraccate alla Iss». Alla presentazione del progetto, oltre a Nicollier, protagonista di missioni memorabili, come quelle di riparazione in orbita del telescopio Hubble nel ’93 e nel ’99, erano presenti Anton Ivanov e Federico Belloni dello Swiss Space Center e Steven Delwart del Centro Esa Esrin di Frascati: hanno sottolineato come la collaborazione coinvolga l’Ecole Polytechnique Fédérale di Losana e l’Agenzia spaziale europea, aggiungendo che «il mezzo è stato ideato per prelevare grossi oggetti, in particolare satelliti non più in uso, e guidarli verso un rientro sicuro nell’atmosfera terrestre». E il «Clean Space One» lo eseguirà alla perfezione grazie alle sue quattro «braccia», in una «presa» ad alta tecnologia, per poi autodistruggersi con lo sgradito ospite. *** GIOVANNI BIGNAMI Forse non un progetto da megapotenza, ma astuto: con un abbraccio mortale dei suoi tentacoli, Clean Space One trascinerà con sé, a bruciare nell’atmosfera, un satellite perduto o un grosso rottame. Vista la fine fiammeggiante, un nome più ispirato per la missione potrebbe essere Fetonte. Una missione che potrebbe dare un contributo risolutivo al problema dei detriti spaziali? Purtroppo no. Gli oggetti da portar giù a bruciare nell’atmosfera sono decine di migliaia, e i più pericolosi non sono satelliti fuori controllo. Gli oggetti al di sopra dei 10 centimetri, possono essere osservati da Terra e la loro orbita prevista con accuratezza. È quello che fa giorno e notte il «Norad» americano, è quello che la «Esa» si propone di fare con la «Ssa», ma è anche ciò che ora l’Italia farà con il programma Flyeye. Oggetto tracciato, urto scampato: una missione, per esempio abitata, può cambiare la sua orbita per evitare l’impatto. Il vero problema sono gli oggetti finora non tracciabili, da pochi millimetri a pochi centimetri, che, a causa della velocità di otto chilometri al secondo, hanno l’energia di una cannonata. Questi oggetti piccoli e numerosi non riusciremmo a portarli a terra neanche con l’ingegnoso progetto di Nicollier, né lui sa inventare un acchiappafarfalle o un aspirapolvere cosmico, che è quello che ci vorrebbe. L’ambizione del progetto Flyeye, che usa un’ottica nuova inventata dall’«Inaf» con l’industria, è quella di seguire con precisione una pallina da golf che si muove a velocità orbitale, a 300 km di altezza. Sembra impossibile, ma potrebbe diventare realtà, e sarebbe la prima volta. E, per il futuro, ricordiamoci di fare satelliti capaci di ritrovare la strada di casa prima di morire.