Varie, 7 maggio 2012
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 7 MAGGIO 2012
«Un “fixing” che misurerà il peso di tutti i partiti» (Fabio Martini) [1], «un grande sondaggio» «su quant’è alto nella realtà il grado di disaffezione verso questa classe politica» (Jacopo Iacoboni) [2]: è questo il significato del voto espresso tra ieri e oggi da nove milioni di italiani chiamati alle urne in un migliaio di comuni per il primo turno delle amministrative (ballottaggio il 20 e 21 maggio). Martini: «Era da 19 anni, era dai tempi di Carlo Azeglio Ciampi, che un Presidente del Consiglio non decideva di astrarsi completamente da una campagna elettorale. La direttiva di Mario Monti, per quanto non sia stata espressa pubblicamente ma soltanto nei pourparler con i ministri, era stata chiara: nella fase finale della campagna per le amministrative nessuna apparizione televisiva e nessuna intervista politica». [1]
In rigorosa adesione al principio della neutralità politica del governo tecnico, a palazzo Chigi si sono comportati come se le elezioni amministrative non esistessero, ma al momento dei risultati Monti & C. non resteranno indifferenti. [1] Iacoboni: «Il primo elemento da tener d’occhio sarà in effetti l’astensionismo, che tutti pronosticano. Il secondo, il risultato di liste come il Movimento cinque stelle - o le liste affini - che un’ultima ricerca di Swg attesta all’otto per cento, terza forza in Italia, dietro al Pd (che sarebbe attorno al 26,8) e al Pdl (impalato al 24,3)». [2] Lorenzo Fuccaro: «L’interesse per questo appuntamento riguarda la tenuta o meno del Pdl dopo la rottura con la Lega Nord nelle città del Nord dove l’alleanza ha retto gran parte delle amministrazioni». [3] Un crollo del Pdl non potrebbe non essere collegato a quel 70% di potenziali elettori che secondo i sondaggi non apprezzano il sostegno al “governo delle tasse”. [4]
Il Pdl ha corso da solo in 22 dei comuni capoluogo chiamati alle urne, alleato della Lega solo a Gorizia, alleato dell’Udc appena in tre città (Palermo, Isernia e Verona). Il Pd è andato «in assetto-foto di Vasto (cioè con Vendola e Di Pietro) in sedici casi (tra cui Genova, Verona, Parma, dove però c’è anche il Fli di Fini!), e con l’Udc soltanto in sei (tra questi, quelli fantastici di Taranto e La Spezia, un’alleanzona che mette insieme i casiniani e i vendoliani). L’Udc se ne sta da sola nella maggior parte delle città (17), segno che vuole restare ago della bilancia, col suo piccolo gruzzolo di voti» (Jacoboni). [2] Quanto alla Lega, tutti i sondaggi la davano in perdita. Fuccaro: «La domanda a questo punto è: in quale direzione andranno i delusi da Bossi e i suoi?». [3]
Durante la campagna elettorale il Movimento di Grillo è stato attivo soprattutto in Veneto, terra dove si ritiene che la Lega pagherà il prezzo più alto allo scandalo Belsito-Trota-Rosi Mauro. Stasera vedremo cos’è successo a Verona, Belluno, Feltre, Conegliano, in provincia di Treviso, e Thiene, in provincia di Vicenza. Jacoboni: «Da lì si capiranno diverse cose. Se la Lega davvero arretrerà in quell’area, probabilmente saliranno molti di questi candidati, cui quasi tutti - abbacinati da Grillo - incollano l’etichetta di demagoghi, ma spesso fanno politica già da anni nei consigli comunali; gente che è molto attiva in Piemonte (15 liste grilline), in Emilia (sono ben insediati anche a Parma, con Federico Pizzarotti) o a Genova (con Paolo Putti), due delle sfide più interessanti di questo giro». [2]
Ammaccata dagli scandali nazionali, la Lega può perdere Monza, Cassano Magnago (città natale del senatùr), Cantù, ma non Verona, dove si gioca quasi tutto. Giovanni Cerruti: «“È da lì che si riparte”, ripete Maroni». Il sindaco Flavio Tosi, a caccia della riconferma, non ha voluto Umberto Bossi come testimonial: appoggiato da sette liste zeppe di transfughi Pdl (Alfano ha dovuto sospendere dal partito 14 dirigenti, tra cui il vicesindaco Vito Giacino, La Russa ha assicurato che seguirà l’espulsione), ha promesso che «vincere non sarà irrilevante: nè per me, nè per la città, nè per la Lega». [5] Non dovrebbe avere problemi: Massimo Cacciari, convinto del bis leghista, ha spiegato che il candidato del centrodestra (Luigi Castelletti) è «un ferrovecchio riciclato», quello del centrosinistra (Michele Bertucco) «un puro candidato di testimonianza». [6]
Il colpaccio di Grillo potrebbe arrivare da Parma, città che quasi tutte le sere dell’estate scorsa si affollò di gente che gridava «andatevene» a una giunta comunale assediata dalle inchieste giudiziarie (sindaco Pietro Vignali): una vittoria in Emilia darebbe al Movimento Cinque Stelle una spinta simile a quella messa in moto dal leghista Marco Formentini a Milano nel ’93. [7] L’ex Dc di sinistra Elvio Ubaldi, primo cittadino dal 1998 al 2007, si è candidato con lo slogan «Ritorno al futuro»; il Pd ha scelto il favoritissimo Vincenzo Bernazzoli: ex sindacalista, da presidente della Provincia ha coabitato «benone» con il comune di centrodestra («lo apostrofano “uomo dei poteri forti”»). Il Pdl, che ha scelto il vicesindaco di Vignali (Paolo Buzzi), rischia di scendere sotto al 10%. [8]
A Genova, città di Beppe Grillo, il Movimento Cinque Stelle è dato in ascesa, ma «il grande sconvolgimento delle primarie e la conseguente eutanasia del Pd spaccato tra due candidate, ha prodotto un candidato sindaco color arancione che è l’esatto contrario dell’antipolitica» (Marco Imarisio). [9] Il successo di Marco Doria, dato per sicuro, riaprirebbe una discussione che l’estate scorsa si stava facendo assai insidiosa per il Pd e per Bersani in particolare. Geremicca: «Alla base c’era la constatazione, l’idea che il Pd fosse oggetto di una sorta di metamorfosi: da partito egemone del centrosinistra a “fornitore di consenso”, portatore d’acqua per l’elezione di sindaci (a Milano, a Napoli e a Cagliari) provenienti dalla società civile o da altre file. O perfino da un’altra galassia, come Marco Doria a Genova. Qualcuno, naturalmente, tentò di trasferire quest’idea dalla periferia a Roma, cominciando a picconare l’ipotesi che dovesse essere necessariamente Pier Luigi Bersani il candidato premier del centrosinistra alle ipotetiche e future elezioni». [10]
I risultati dei candidati scelti con le primarie, diversi da quelli ufficiali indicati dal Pd, sono il principale punto da analizzare guardando al centrosinistra. [3] Oltre al caso di Genova, c’è quello di Palermo, dove Fabrizio Ferrandelli, vincitore delle primarie, ha promesso che non cederà alla tentazione di allearsi con il governatore Raffaele Lombardo: «Non mi alleerò mai con Lombardo. I miei avversari dicono che lui ha dato ordine di votare per me? Io so solo che il capogruppo dell’Mpa, Musotto, sta con Orlando». L’ex sindaco (1985-1990, 1993-2001) spera in una miracolosa rielezione: «Ho dalla mia parte la Palermo dei vicoli e la Palermo dei libri. Il popolo del Capo e i nobili della città: dai baroni ai principi, sono tutti con me. Per non parlare delle suore, specialmente quelle di clausura...». [11]
Orlando punta sul voto disgiunto, una novità per la Sicilia. Amedeo La Mattina: «Prendiamo il caso dell’abracadabra di Pippo Enea, candidato a consigliere comunale, che ha stampato santini double-face: da una parte c’è il suo faccione con l’invito a votarlo, mettendo la croce sul simbolo Cantiere popolare (qui si chiama così il Pid dell’ex ministro Saverio Romano); dall’altra ci dovrebbe essere Marianna Caronia, la donna lanciata a sindaco dalla sua lista. E invece no. Giri il santino et voilà c’è Leoluca Orlando». Il Pdl ha candidato il giovane Massimo Costa (presidente del Coni siciliano), che all’inizio stava col Terzo Polo. Ignazio La Russa: «Se vince allora tutti, compreso Casini, diranno di avere vinto; se perde diranno che ha perso solo Alfano». [12]
Come a Genova, a Palermo andranno analizzati i movimenti al centro. Fuccaro: «Un successo delle liste dei centristi contrapposto a un eventuale arretramento del Pdl potrebbe accelerare il processo di ricomposizione dell’area dei moderati alla quale lavorano Casini e Alfano». [3] A sinistra, anche se il Pd è significativamente alleato con Sel e Idv in 16 comuni capoluogo, la partita è destinata a giocarsi essenzialmente sul rapporto di forze tra la percentuale del partito di Bersani e la somma dei voti di tutta l’area non-Pd (l’Idv di Di Pietro, la Sel di Vendola, il Cinque Stelle di Grillo). Martini: «Un rapporto di forze che alle Politiche del 2008 era, grosso modo, di sei a uno (il Pd prese il 33%, gli altri frazionati circa il 5,5%) e che in queste elezioni potrebbe ridursi alla proporzione di due a uno, se non peggio per il partito di Bersani». [1]
A Taranto, città più indebitata d’Italia e topos della narrazione ambientalista, si è consumato uno scontro a sinistra del Pd: il candidato Angelo Bonelli, leader dei Verdi, ha promesso la chiusura dei forni del carbon cock, l’azzeramento della pericolosa fase a caldo dell’industria siderurgica, i cui fumi depositano sulla città una quantità insopportabile di veleni; il sindaco uscente (ricandidato) Ippazio Stefàno, già senatore del Pci, ora vicino a Nichi Vendola, gli ha dato del fanfarone. [13] Un gruppo di ragazzi del centro sociale “Amazza che Piazza” ha accolto l’arrivo del governatore sventolando lo striscione “sVendoLa città di Taranto” («La diossina non la vogliamo» ecc.). Replica del contestato: «Noi consentiamo perfino alle minoranze di vivere in questa città. Anche ai forestieri che non la conoscono e che non la amano, ma che come piccoli avvoltoi cinicamente la usano per costruire fortune elettorali». [14]
Note: [1] Fabio Martini, La Stampa 5/5; [2] Jacopo Iacoboni, La Stampa 30/4; [3] Lorenzo Fuccaro, Corriere della Sera 5/5; [4] Francesco Bei, la Repubblica 5/5; [5] Giovanni Cerruti, La Stampa 3/5; [6] Alessandra Longo, la Repubblica 4/5; [7] Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa 5/5; [8] Michele Smargiassi, la Repubblica 28/4; [9] Marco Imarisio, Corriere della Sera 5/5; [10] Federico Geremicca, La Stampa 4/5; [11] Sebastiano Messina, la Repubblica 3/5; [12] Amedeo La Mattina, La Stampa 5/5; [13] Antonello Caporale, la Repubblica 30/4; [14] Lello Parise, la Repubblica 4/5.