Giovanna Grassi, Corriere della Sera 04/05/2012, 4 maggio 2012
«TANTI MOSTRI NEL MIO DITTATORE» —
«Non ho dubbi: saranno in tanti a riconoscersi nel nostro film pieno di mostri reali. Altro che Hunger Games, è nella nostra vita che si consumano i Wadiyan Games, dal nome dello Stato del mio Dictator».
È stato, con queste ed altre parole sibilline, Sacha Baron Cohen la superstar — ovviamente travestito da dittatore dell’immaginario Stato di Wadiya nel Sud Africa — del Cinema-Com, la manifestazione che presenta in anteprima nella città del gioco nel Nevada i listini degli studios di Hollywood. Oltre a fare spettacolo contornato da fanciulle pon-pon e gregari del suo personaggio (il barbuto generale Aladeen, che campeggia ovunque nelle gigantografie poste nelle strade e sui grattacieli americani) il colto e sorprendente attore ha fatto un grande regalo agli addetti ai lavori, gli esercenti Usa presenti in massa. In anteprima assoluta, con il consenso e i tanti obblighi imposti dalla Paramount di non scrivere in anticipo le recensioni, l’attore lanciato da Borat ha fatto vedere per intero sullo schermo più grande di un immenso centro commerciale l’attesissimo The Dictator diretto dall’inseparabile e altrettanto barbuto regista Larry Charles (Borat, Brüno). Una sorpresa perché la prima europea avrà luogo a Londra il 10 maggio. «Sto pensando di invitare anche Berlusconi al quale il mio film "contro" è dedicato. Non solo a lui, a tutti quelli come lui», ha detto Cohen sornione, anche se non si fa mai il nome dell’ex premier italiano nel film. Soltanto lunedì prossimo la stampa incontrerà Sacha e il cast a New York. Parlerà solo dietro la maschera del suo tiranno (che nel film fa pensare a Gheddafi e a Saddam). Sarà davvero interessante sapere come giustificherà («ma io non ho bisogno di giustificazioni» ha asserito a Las Vegas) alcune battute ferocissime della commedia dove, ad esempio, George Clooney viene definito «un maturo, quasi vecchio gay» e non mancano simili frasi su Tommy Lee Jones. Nel cast Megan Fox, al servizio di molti uomini.
Cohen, arrivato dalle riprese de I miserabili a Parigi dopo che aveva preso parte in Messico a Django Unchained di Tarantino, ha spiegato che il suo Aladeen rischia tutto, anche la sua vita e la sua anima, per garantire al suo Paese che mai e poi mai la democrazia vincerà la partita. «In fondo sono un buon lestofante, più gentile, forse anche più stupido e infantile, del mio feroce e spilorcio Monsieur Thénardie ne I Miserabili».
Risate generali durante la proiezione, specialmente in alcune scene dove Sacha/Aladeen è impegnato in una gara sportiva di podismo e spara alle gambe o alla testa di tutti i contendenti per arrivare primo e quelle in cui ha a che fare con cammelli recalcitranti. «Il mondo è pieno di furbi e di fanatici del potere personale — ha detto attorniato da donzelle alla fine della proiezione — e ben lo sa il sottoscritto Aladeen, che difende prima di ogni altra cosa se stesso e il suo petrolio contro ogni invasione. Alleva purtroppo serpi in famiglia...»
La serpe è Ben Kingsley, il cortigiano che, a un certo punto, cerca di cacciarlo. La lotta tra i due nasconde intrallazzi politici internazionali. Spiega Kingsley: «Ho lavorato e apprezzato Cohen in Hugo di Scorsese e, senza esagerare, lo considero un poetico e sovversivo Charlie Chaplin, che a sua volta non a caso ironizzò come nessuno su Hitler, mettendolo alla berlina. Ammetto, però, di essere stato spesso spaventato dalle trovate del dittatore e mi aspetto reazioni infuriate da molti». Il tiranno però, andandosene da Las Vegas al termine della proiezione, ha distribuito volantini sul suo potere e messaggi sul suo sito www.republicofwadiya.com: «Racconto “solo” le malefatte del mondo, il lavoro dei commissari dell’Onu e molto altro. Non ho dubbi: saranno in tanti a riconoscersi».
Giovanna Grassi