Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 04/05/2012, 4 maggio 2012
«PAUSA PRANZO» A PREZZO PIENO. ONOREVOLI IN CODA PER IL RISO BOLLITO —
La notizia è questa: da quando sono scattati gli aumenti nei ristoranti di Camera e Senato, i parlamentari italiani, pur di risparmiare qualche euro, hanno cambiato abitudini alimentari.
Per dire: ci sono senatori che ora entrano, regolarmente, alla buvette di Palazzo Madama (la sala Marucelliana, con la volta a figurine e i fregi in stucco chiaro). Un posto magnifico dove si mangia malissimo: eppure i senatori adesso entrano e, pazienti, si mettono in coda al bancone. Facce che non si erano mai viste prima, ti raccontano sorpresi (e un filino amareggiati) i camerieri.
Ecco Federico Bricolo, il capogruppo della Lega Nord in cravatta verde (l’altro giorno con una macchiolina di olio: però, vabbé, può capitare).
Ecco Fabio Giambrone dell’Idv.
Ecco pure due potenti del Pdl, gli ex ministri Sacconi e Matteoli.
E c’è pure, sempre più spesso, Tiziano Treu: un tempo Margherita, poi Pd (lui qui, mesto, mentre il suo ex tesoriere infedele, Luigi Lusi, si faceva preparare dallo chef de «La Rosetta» al Pantheon spaghettini con il caviale Beluga del Mar Caspio, 5 mila euro al chilo, 180 euro al piatto).
Lo sguardo dei senatori scorre sulle proposte del giorno: riso bollito, ma così bollito che ci potrebbero attaccare i manifesti (se solo si decidessero a risparmiare pure sulle campagne elettorali). Prosciutto e mozzarella, tenace al palato come una Big Babol, indimenticabile chewingum anni Ottanta. Poi, lì, su quel vassoio, un pesce che dovrebbe, o potrebbe, essere merluzzo. Verdure grigliate.
Le verdure grigliate vanno via molto bene: saziano e costano poco (1 euro e 80 centesimi a porzione). Certo niente a che vedere con i bei tempi andati del ristorante, quando i senatori della Repubblica potevano sedersi comodi e riveriti, usare le posate d’argento e scegliere su una carta variegata, curata, che aveva francamente prezzi ridicoli. Esempi: carpaccio di filetto con salsa al limone, 2 euro e 76; bistecca di manzo, 2 euro e 68; lamelle di spigola con radicchio e mandorle, 3 euro e 34.
Una pacchia. Finita all’inizio di quest’anno. Quando il listino prezzi fu aumentato tra lo sgomento generale e il senatore Luigi Compagna del Pdl sintetizzò così: «La verità è che hanno triplicato i prezzi. E molti di noi, a questo punto, vanno a mangiare lontano da questo Palazzo». Poi, mentre i camerieri del ristorante, ricevute 9 lettere di licenziamento, si barricavano nelle cucine, Pancho Pardi (Idv) fece pure la spia: «Io vado a pranzo a casa... Però so che altri miei colleghi senatori vanno a mangiare alla Camera».
L’idea di andare a risparmiare al ristorante e nella buvette di Montecitorio si rivelò brillante, ma ebbe breve durata: perché anche alla Camera i prezzi, nel volgere di poche settimane, aumentarono (e memorabile per eleganza resta il commento che il deputato Francesco Boccia, Pd, 124.538 euro di reddito, rilasciò al cronista de La Stampa: «Un filetto e una frutta, 20 euro: fuori costa meno, ma va bene così»).
Tanto bene, veramente, a giudicare dagli sguardi di molti senatori e deputati, non va. Alcuni, ad esempio, cominciano ad averne abbastanza pure del ristorante «Sapore di mare», che sta al numero civico 36 di via Pie’ di Marmo.
Certo: la convenzione messa su dal senatore Valerio Carrara, eletto nel Pdl e poi passato nel gruppo di Coesione nazionale, è accettabile (20 euro per tre antipasti, un primo e una bottiglia di acqua minerale; basta esibire il tesserino di parlamentare all’ingresso): però mangiare tutti i giorni bruschette di seppia e cicoria, involtini di gamberone al radicchio e basilico, paccheri con cozze e pecorino — alla lunga — può provocare un lieve senso di nausea (Simone, il proprietario del locale, fa scongiuri e calcoli: «Beh, a quel prezzo è difficile mangiare nel centro storico... perciò, grazie al cielo, il locale continua ad essere pieno di senatori e deputati...»).
Snob, l’onorevole Amedeo Laboccetta, che è di Napoli e che, quindi, il pesce sa come e quando mangiarlo. «Io, veramente, preferisco non seguire il gruppone dei colleghi... dopo averli avuti accanto tutta la mattina in Transatlantico, preferisco pasteggiare da solo».
Sarà. Comunque la maggior parte dei parlamentari — abituati ad avere ogni sorta di privilegio, a viaggiare gratuitamente, ad avere rimborsi per un mucchio di cose, ad essere ancora abbondantemente casta, nonostante i sacrifici cui è chiamato il Paese — davvero sembra non si siano rassegnati a spendere qualche euro in più per nutrirsi.
La maggior parte, non tutti.
Poi ci sono quelli che andavano e continuano ad andare da «Fortunato», il famoso ristorante a pochi passi da piazza della Rotonda. Il proprietario, che di nome fa — appunto — Fortunato, comincia orgoglioso il suo rosario. «Sono miei clienti Verdini, Bondi, Schifani, Bersani...».
Qui si paga con carta di credito color platino.
Qui, la metà dei pensionati italiani, quelli che vivono con meno di mille euro al mese, potrebbe permettersi solo dieci pranzi.
Fabrizio Roncone