Sergio Rizzo, Corriere della Sera 4/5/2012, 4 maggio 2012
Finanziamenti la Rinuncia Svanita nel Nulla– Avevano scherzato. Il congelamento della tranche di luglio dei «rimborsi elettorali», annunciato qualche settimana fa fra i mugugni, sembra destinato a evaporare nel percorso della legge che dovrebbe introdurre controlli sui bilanci dei partiti
Finanziamenti la Rinuncia Svanita nel Nulla– Avevano scherzato. Il congelamento della tranche di luglio dei «rimborsi elettorali», annunciato qualche settimana fa fra i mugugni, sembra destinato a evaporare nel percorso della legge che dovrebbe introdurre controlli sui bilanci dei partiti. Rinunciare a quei 182 milioni è evidentemente ritenuto un sacrificio inutile, ora che ha trovato posto l’idea, in linea con quella del Pd, di ridurre a metà il finanziamento pubblico. A partire da quando, chissà? In realtà la spiegazione forse è più semplice: quei soldi qualche partito li ha già spesi. Magari facendoseli anticipare dalle banche, come consente la legge. Ecco spiegato perché nella bozza del disegno di legge che circola in queste ore non c’è alcuna traccia dell’atteso «congelamento». Vedremo il testo definitivo, che non sarà reso noto se non dopo le elezioni amministrative di questo fine settimana. Era atteso per ieri, ma i due relatori Giuseppe Calderisi e Gianclaudio Bressa hanno chiesto più tempo per approfondire questioni «tecniche». Certo, gli aspetti «tecnici» non mancano. Per esempio la composizione della commissione esterna che dovrebbe controllare i bilanci, di cui faranno parte (per evitare gelosie) non più i presidenti delle varie magistrature, ma giudici designati da costoro. Per esempio, l’entità dello sgravio fiscale concesso a chi finanzia la politica: dovrebbe essere raddoppiato dall’attuale 19% al 38%, ma riservando lo stesso trattamento ai contributi versati a tutte le onlus. Se fosse così almeno si porrebbe fine all’odioso e inaccettabile sistema che concede ai finanziamenti alla politica erogati dai privati cittadini un vantaggio fiscale 51 volte più grande rispetto a quello consentito per le donazioni alla ricerca o alle associazioni benefiche. Staremo anche qui a vedere. I nodi, però, sono chiaramente politici. Trascorsi ormai dalla presentazione della proposta alla Camera più di 20 giorni, ovvero quanti furono sufficienti al Parlamento nel 1974 per approvare la legge sul finanziamento pubblico dei partiti, si avverte l’ostilità crescente degli apparati. Poco o per nulla turbati, è la sensazione, dagli scandali a ripetizione: come l’ultimo, che investendo l’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito ha provocato un terremoto ai vertici del partito di Umberto Bossi. Prima la decisione, imposta dalla stessa Lega assieme ad alcuni parlamentari fra cui qualche appartenente al gruppo dei cosiddetti Responsabili, di far deragliare la legge dalla corsia preferenziale dell’approvazione diretta in commissione. Deragliamento sostenuto senza mezzi termini anche da qualcuno nei partiti che avevano proposto la «legislativa», come il deputato del Pd Salvatore Vassallo. «Che cosa si può approvare di veramente urgente oggi che non possa essere approvato fra tre mesi?», era stata la sua reazione quando era stata ventilato il ricorso all’iter abbreviato. Del resto, che il congelamento della tranche di luglio sarebbe stato un boccone assai indigesto non l’aveva nascosto quasi nessuno, nei partiti della maggioranza che oggi sostiene il governo di Mario Monti. Il tesoriere del Pd Antonio Misiani aveva dichiarato: «Con onestà, diciamo di non poter rinunciare al rimborso di luglio». E ancora prima di lui il vice tesoriere del Popolo della Libertà Massimo Corsaro si era rifugiato in corner, definendo «tecnicamente complicata» la rinuncia alla prossima rata. Che cosa potessero significare queste affermazioni, rese da chi materialmente maneggia i quattrini, era intuibile. Come poi si è visto. Ora resta soltanto da capire se chi ha annunciato di non voler intascare quei soldi girandoli al ministro del Lavoro Elsa Fornero (Antonio Di Pietro) o dandoli in beneficenza (il leghista Roberto Maroni) manterrà la coerenza. Ma l’ostilità crescente degli apparati a una riforma seria deve averla avvertita anche Monti, se ha ritenuto di dover affidare a Giuliano Amato l’incarico, testuale, «di fornire al presidente del Consiglio analisi e orientamenti sulla disciplina dei partiti per l’attuazione dei principi di cui all’articolo 49 della Costituzione, sul loro finanziamento nonché sulle forme esistenti di finanziamento pubblico, in via diretta o indiretta, ai sindacati». Una decisione accolta nel Palazzo con freddo siberiano. Se il sarcasmo del leader della Destra Francesco Storace («Da accapponare la pelle... Dracula all’Avis!») e dell’ex sottosegretario del Pdl Guido Crosetto («Sarei ugualmente polemico se mi proponessero Erode all’Unicef») poteva essere forse prevedibile, meno scontata era certamente la bora che ha investito l’ex premier dal suo stesso schieramento di centrosinistra. Una ventata gelida prontamente registrata da Europa, il quotidiano già della Margherita: per il cui ex tesoriere Luigi Lusi, coinvolto nello scandalo dei rimborsi elettorali, i magistrati ieri hanno chiesto l’arresto. A chi gli domandava se il suo partito avrebbe collaborato con Amato, il segretario democratico Pier Luigi Bersani ha replicato impassibile: «Abbiamo presentato la nostra proposta che è calendarizzata in Parlamento». Mica male, per essere l’inizio. Sergio Rizzo