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 2012  maggio 04 Venerdì calendario

QUEI 30 MILIARDI CHE LO STATO REGALA ALLE IMPRESE

Sembrano storie di altri tempi. Quelli in cui i finanziamenti a pioggia irroravano mezza Italia. E invece i casi di spreco di denaro pubblico in aiuti inutili restano all’ordine del giorno. L’ultimo in ordine cronologico è quello del progetto che avrebbe dovuto regalare all’Italia un polo dell’auto di lusso raccogliendo i resti di ex gloriosi marchi e stabilimenti del settore sparsi per il Paese. Un piano ambizioso e quindi, come spesso succede nella Penisola, legato a doppio filo con la richiesta di fondi a destra e a manca, tra le regioni Piemonte e Toscana e ministeri vari. Soldi incassati – le stime sul totale vanno da 30 a 50 milioni di euro – che però non sono serviti a cambiare il destino della De Tomaso: la società di Gian Mario Rossignolo è finita in liquidazione e ieri ha chiesto l’ammissione al concordato preventivo mettendo a rischio i posti di lavoro di un migliaio di dipendenti tra Torino e Livorno, per la maggior parte operai in cassa integrazione da almeno un biennio.
UNA VICENDA su cui dovrà far luce il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera che è già stato chiamato in causa da un’interrogazione parlamentare dell’Idv. Il partito di Di Pietro nei giorni scorsi ha parlato di “soldi pubblici buttati alle ortiche per il rilancio di un’azienda che nel 2009 aveva evidentemente presentato un piano industriale fantasma”, di finanziamenti dello Stato “ricevuti per una formazione praticamente inesistente, un fondo Tfr sull’esistenza del quale i lavoratori ancora si interrogano” e, quindi, di “un vero buco nero”. E pensare che per un pelo, poi, i progetti dell’ex presidente lampo di Telecom Italia non sono stati sostenuti anche dalla Regione Sicilia, dove Rossignolo ambiva a subentrare alla Fiat a Termini Imerese. Uno dei tanti che hanno tentato di mettere le mani sugli incentivi per riconvertire l’area industriale: 82 milioni di agevolazioni pubbliche e 95 milioni di garanzie bancarie regionali. Qui la meglio per il momento l’ha avuta Massimo Di Risio e ci sono volute le banche a fermare la mano pubblica rispedendo al mittente le richieste di finanziamento della sua società gravata dai debiti e con una perdita che a settembre ammontava a 11,4 milioni. Con buona pace dei 1.300 ex dipendenti Fiat ancora in attesa di riprendere il lavoro.
QUELLO DEGLI AIUTI a pioggia per di più sprecati è un vizio ben radicato in Italia. Un Paese che, tra i sussidi veri e propri, la rimozione dei paletti concorrenziali, le nozze riparatrici e le agevolazioni fiscali, il Mezzogiorno e le calamità naturali, conta 80 leggi nazionali e oltre 1000 leggi locali di incentivazione ; 38.070 procedimenti aperti dall’Ue negli ultimi dieci anni per aiuti potenzialmente illegali; quasi 30 miliardi distribuiti alle imprese private soltanto nel 2010 e casi scuola come la Fiat di Sergio Marchionne, per la quale la Cgia di Mestre ha stimato in 7,6 miliardi la somma complessiva ricevuta dallo Stato negli ultimi trent’anni. Da non dimenticare, poi, i 300 milioni di prestito ponte (gidicato illegittimo dall’Europa) all’Alitalia pre-Colaninno e soci, la punta dell’iceberg in un mare magnum tutto da esplorare; i 667 milioni che, secondo le stime di Report del 2006, sono passati annualmente dalle casse delle Stato a quelle degli editori in agevolazioni postali, aiuti alle cooperative, alla pubblicazione all’estero e ai cosiddetti organi di partito. E ancora, gli oltre 9,5 miliardi di sgravi fiscali concessi fino al 2008 alle imprese del Mezzogiorno che hanno agevolato la delocalizzazione al sud fino a quando non è diventato più conveniente andare all’estero.
FINO ad arrivare alle recenti agevolazioni all’energia verde che secondo i calcoli di Marco Cobianchi, che si è occupato del tema degli sprechi di Stato in “Mani bucate” (Chiarelettere), nel 2010 sono costate alle bollette degli italiani complessivamente 2,8 miliardi mentre il totale che è arrivato alle imprese del settore è stato di 3,5 miliardi.