Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 4/5/2012, 4 maggio 2012
I REVISORI DEI MONTI
Sta per compiere tre mesi il solenne impegno di Piercasinando sui fondi pubblici ai partiti camuffati da “rimborsi elettorali”. È il 10 febbraio quando, sull’onda del caso Lusi, il leader Udc annuncia: “Lunedì presento una proposta di riforma dei partiti e la sottopongo in anteprima ad Alfano e Bersani”. Parola d’ordine, ovviamente, “trasparenza”: infatti il tesoriere Udc, Pino Naro, già arrestato e condannato per peculato ai tempi di Tangentopoli e ora indagato per una mazzetta di 200 mila euro dal costruttore Tommaso Di Lernia, è sempre al suo posto. Ricevuto il plico casiniano, gli altri due dell’Ave Mario, cioè Bersani e Alfano, appongono le loro firme annunciando “tempi rapidissimi”. ABC ci dormono sopra un mesetto, confidando nell’amnesia generale, e rialzano i capini solo il 5 aprile, quando esplode il caso Belsito. Altro annuncio epocale, uno e trino: “La legge sui partiti è molto urgente, ci sono gli estremi per un decreto”. Bersani: “Riforma improrogabile, corsia di assoluta priorità”. Casini: “Passiamo dalle parole ai fatti”. Alfano: “Con me si sfonda una porta aperta”. Certo, come no. Monito di Napolitano: “Si ponga mano ad adeguate iniziative”. Di Pietro, conoscendo i suoi polli, deposita il referendum per abolire i cosiddetti rimborsi. Infatti il decreto ad hoc tramonta subito: meglio un emendamento al decreto fiscale del governo. Anzi no: la “moral suasion” del Quirinale fa saltare pure quello, visto che non c’entra niente con l’oggetto del decreto fiscale ed è dunque “inammissibile”. Però – giurano Qui Quo Qua – la proposta di legge verrà approvata in commissione “in sede legislativa”, cioè senza passare dall’aula. Naturalmente il 18 aprile tramonta anche la sede legislativa. Il presidente della Cassazione fece sapere che non rientra nei suoi poteri controllare i bilanci dei partiti (come invece avevano pensato quei gran geni dei tre), e nemmeno quelli della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato, visto che i partiti restano associazioni private. Così i tecnici della Camera bocciano l’intera proposta. Che, oltre a essere scritta coi piedi, non taglia un euro ai “rimborsi” (nemmeno alla rata annuale di 180 milioni prevista per fine luglio), ma si limita a istituire controlli a incasso avvenuto. Il Trio Lescano, infatti, in un memorabile comunicato, definisce “errore drammatico” tagliare i fondi ai partiti che, senza quella montagna di soldi, cadrebbero nelle grinfie “dei ricchi e delle lobby” (oggi invece ne sono notoriamente immuni). Il tesoriere pd Misiani confessa al Fatto che, senza la rata di luglio, il partito fallisce perché ha già speso tutti i soldi prima ancora di incassarli, ed è pure in rosso di 43 milioni. Il 24 aprile Bersani si rimangia tutto e cade nell’“errore drammatico”: ora vuole “dimezzare i rimborsi” pubblici, mentre Alfano li vuole direttamente abolire (“bastano quelli privati”, specie a chi gode di credito illimitato presso il Silviomat, come le altre olgettine) e Pier quasi. A quel punto, dopo una dozzina di conati di monito provenienti dal Colle, scende in campo Monti con un’ideona delle sue: reclutare un nome nuovo, giovane e tenero virgulto della politica, per studiare la complessa materia dei tagli ai partiti. Chi? Giuliano Amato, 74 anni, entrato in Parlamento nel 1983, che avendo una pensione di 31 mila euro al mese e vantando la più grande collezione di poltrone al mondo, è proprio quel che ci vuole. Come consigliere economico e sottosegretario di Craxi (quello che raddoppiò il debito pubblico e le tangenti private), vicesegretario psi, 5 volte ministro e 2 volte premier, di finanziamenti pubblici se ne intende, mentre delle mazzette private non s’è mai accorto. Nel ’93 firmò insieme a Conso il decreto Salvaladri per depenalizzare il finanziamento illecito, fortunatamente respinto da Scalfaro perché incostituzionale. Chi meglio di lui per riformare la materia? Resta l’amarezza per le precarie condizioni di Giulio Andreotti. Ma, appena si rimette in salute, potrà dare un valido contributo. Sempre in veste di supertecnico.