Walter Riolfi, Il Sole 24 Ore 4/5/2012, 4 maggio 2012
SI SCARICANO TUTTI I RISCHIO SUI TITOLI BANCARI
Quando alle 13.45 arriva il comunicato della Bce, le borse dell’area euro, i titoli di Stato e la valuta comune non fanno una piega: segno che i mercati s’aspettavano che la banca centrale lasciasse le cose come stavano. Ma quando alle 14.30 inizia a parlare Mario Draghi, s’avvertono i primi scossoni. Piazza Affari, che in tarda mattinata era arrivata a guadagnare l’1,7%, volge al ribasso e in pochi minuti passa in negativo; l’euro, dopo una momentanea esitazione, gira al rialzo, ma i titoli di Stato sembrano non curarsi delle parole del presidente della Bce, anche quando si capisce che non vi saranno futuri tagli dei tassi, non si vedrà un nuovo finanziamento a lungo termine alle banche e tanto meno vi saranno altri acquisti di bond sovrani.
La seduta di ieri conferma una tendenza che dura da giorni. Sulle piazze europee, in particolare a Milano e Madrid, è quasi del tutto scomparsa la correlazione tra titoli di Stato e azioni che da mesi aveva dominato i comportamenti dei mercati. Ieri i rendimenti dei Btp, dei Bonos spagnoli e degli Oat francesi sono tutti calati e s’è ridotto lo spread sui Bund: ma i titoli bancari sono finiti nuovamente in pesante ribasso, specie a Milano e Parigi. Inoltre i mercati azionari dell’area euro sembrano essere tornati più sensibili agli umori di Wall Street che ai problemi di casa. L’indice Mib, che poco prima delle 16 era tornato sopra la pari, vira decisamente al ribasso dopo il cattivo dato sull’attività non manifatturiera in America.
Appare sempre più definita una sensazione che s’avvertiva da mesi: l’euro resta forte e anzi sale sul dollaro, non solo perché la Bce non taglierà i tassi d’interesse e non inclinerà verso altre politiche monetarie espansive e poco convenzionali, ma soprattutto perché è sempre più percepito come la valuta della Germania. E, man mano che gli investitori hanno spostato l’enfasi dal rigore fiscale alla crescita economica, anche il rischio fallimento dei debiti sovrani è finito in sott’ordine rispetto al rischio valutario che emergerebbe con la probabile disgregazione dell’euro.
In questa prospettiva si spiega in buona parte il tracollo dei titoli bancari delle borse euro, con le quotazioni finite sui minimi dello scorso novembre: o, se si preferisce, sui minimi del 6 marzo 2009 o, per essere ancor più impietosi, agli stessi livelli del luglio 1992. Lo stesso discorso vale per Generali che, stando al consenso misurato da Reuters, quoterebbe 7,5 volte gli utili 2012, contro valori attorno a 12 delle compagnie britanniche. La pioggia di vendite su banche e assicurazioni (per lo più italiane e spagnole) è in parte una scorciatoia per immunizzare i portafogli obbligazionari e in parte la risposta a una recessione che si fa sempre più cupa. Ma è anche la conseguenza delle accresciute probabilità che prima o poi l’Europa sia costretta a tornare alle vecchie valute nazionali.
Se qualcuno fosse rimasto deluso dall’immobilità della Bce, dovrebbe pensare che la banca centrale ha già fatto la propria parte. Ora tocca ai governi e ai politici, come ha ribadito Draghi. Ma dai politici europei non arrivano risposte concrete.