GIOVANNI CERRUTI, La Stampa 3/4/2012, 3 aprile 2012
Tosi, amuleto del Carroccio che prova a voltare pagina - A mezzogiorno, quando al telefono gli leggono l’ultimo sondaggio, quello aggiornato a lunedì sera, quello che non si può diffondere nè pubblicare, Flavio Tosi si ferma sulla scalinata di Palazzo Barbieri, il suo Municipio
Tosi, amuleto del Carroccio che prova a voltare pagina - A mezzogiorno, quando al telefono gli leggono l’ultimo sondaggio, quello aggiornato a lunedì sera, quello che non si può diffondere nè pubblicare, Flavio Tosi si ferma sulla scalinata di Palazzo Barbieri, il suo Municipio. Di fronte ha l’Arena e un gran traffico di camion: «Traslochi», si legge sulle fiancate. Ma non c’entrano le elezioni, non sono qui per Tosi, scaricano scenografie e allestimenti per la stagione lirica. E mentre ascolta cifre e percentuali, il Sindaco non ha davvero l’aria di chi sta per traslocare, di chi se ne deve andare. «Vincere non sarà irrilevante: nè per me, nè per la città, nè per la Lega». Non si possono pubblicare, ma chi li deve conoscere li conosce. E sa che già lunedì sera Tosi potrebbe festeggiare la sua conferma. Il suo regalo, e che regalo, alla Lega Nord che ha bisogno di voti e ossigeno. A «quelli di via Bellerio», mai tanto amati da chi sta di qua dall’Adige. E soprattutto a Roberto Maroni, unico invitato dal Sindaco, e stasera sarà proprio lui a chiudere la campagna elettorale in Piazza delle Erbe. «Perchè non Bossi? -e Tosi sta per dire una mezza bugia e una mezza verità- Perchè non è più il segretario della Lega: ora c’è un triumvirato, e mi pare che Maroni sia il più credibile». O l’unico. Non può perdere, a Verona, questa Lega che Umberto Bossi non vuole abbandonare e Bobo Maroni vorrebbe conquistare. Può perdere Monza, e chissà quante volte il sindaco Marco Mariani avrà maledetto quella balorda idea dei ministeri alla Villa Reale, e lui sul palco di Pontida con in mano l’enorme chiave di cartapesta, a recitar la parte del generoso padrone di casa. Può perdere Cassano Magnago, dove Bossi è nato. Può perdere Cantù.Ma non può perdere Verona. «E’ da lì che si riparte», ripete Maroni. Da Verona. Dove Tosi è in lite con Bossi e contro lo strapotere del Cerchio Magico da almeno un anno. Se non al primo turno, come possibile e probabile, di sicuro al secondo. Ha avversari deboli e distanti, dall’avvocato Luigi Castelletti per il centrodestra al bancario Michele Bertucco per il centrosinistra. Ha dalla sua la classifica dei sindaci più popolari, sempre nei primi tre posti in questi cinque anni. E poi, ecco la lite con Bossi, corre con l’appoggio di sei liste civiche che hanno svuotato il Pdl. «L’unico modo per essere sicuri di vincere». Perchè per Tosi, come per Maroni, la Lega deve smettere di vivere tra Pontida e sogni di secessione. Se vuole governare deve puntare sui sindaci e reinventarsi «Sindacato del Nord». Per fermare Tosi un Umberto Bossi malconsigliato le aveva provate tutte. L’agosto scorso aveva mandato avanti il fido Roberto Calderoli con l’imposizione del silenzio: «Parli solo da Sindaco, e non di politica». Poi gli aveva dato dello «stronzo», «uno che ha fatto entrare i fascisti nelle nostre sedi e vuole spaccare la Lega». No e poi no alle liste civiche di appoggio. Fino alla resa, a pochi giorni dall’arrivo dei carabinieri in via Bellerio. Anche perchè Tosi aveva minacciato di andarsene. E con i fedelissimi veronesi Federico Bricolo o Francesca Martini la Lega di Bossi avrebbe rischiato solo risate e figuracce. A 42 anni Flavio Tosi potrebbe incassare un altro successo politico. E con lui la Lega delle Scope, quella che ora si affida a Bobo Maroni e si stupisce per le stravaganti sortite di Bossi, che un giorno si dimette affranto da segretario e il 1˚ maggio annuncia gagliardo l’intenzione di ricandidarsi alla segreteria. Una volta riconfermato sindaco Tosi punterà alla segreteria della Liga Veneta, e poi al congresso leghista di fine giugno. Nella sua stanza a Palazzo Barbieri commenta con distacco. «Una candidatura di Bossi la ritengo sbagliata per lui e inopportuna per la Lega. E’ il padre nobile, certo. E ora faccia il padre nobile...». Cinque anni fa, a chiudere la campagna elettorale, c’erano Bossi e Silvio Berlusconi. Domani uno sarà a Monza e l’altro lontano da qui. Non ne ha più bisogno, Tosi. Bastano Maroni e l’eurodeputato Matteo Salvini. «Perchè se abbiamo bisogno di qualcosa è bisogno di credibilità», dice il Sindaco. Stessa parola che usa spesso proprio Maroni. Ed è per non perderla, la credibilità, che in questi cinque anni Tosi ha evitato toni da propaganda, ha ricucito lo strappo con Giorgio Napolitano, ha partecipato alla cerimonia per il 150˚ dell’unità d’Italia, si è definito, nell’ordine, «veronese, veneto, padano e italiano». Ripartire da Verona con il voto dei veronesi, anche di chi leghista non è mai stato e mai lo sarà. Ripartire con una Lega nuova, quella che aspetta i congressi dei veneti e dei lombardi e poi dovrà vincere al congresso di fine giugno. «Io mi auguro che si candidi Roberto Maroni -dice Tosi- e sarei serenamente ottimista sulla sua vittoria». Che dovrebbe passare anche dalla sua, di Tosi prossimo segretario della Liga Veneta. Così i veneti non sarebbero più sotto il controllo di Gianpaolo Gobbo, il sindaco di Treviso che da dieci anni li sorveglia per conto di Bossi. Così Maroni avrebbe un alleato in più, e che alleato. Ma a Verona non votano Tosi per cambiare la Lega: è la Lega che cambierà dopo il voto di Verona. Con Tosi, con Attilio Fontana sindaco di Varese, con i Governatori e gli amministratori. «L’obiettivo è diventare il primo partito del Nord», come dice Maroni. Per recuperare quella credibilità che tra inchieste, espulsioni e giravolte di Bossi, il Cerchio Magico che ancora resiste, si è parecchio smarrita. «Dopo tutto quello che è successo vincere a Verona sarebbe un bel segnale...», dice Tosi. Uno sguardo all’ultimo sondaggio e una scommessa: «E penso proprio che quel segnale arriverà». Anche per la Lega.