Guido Santevecchi, Style-Corriere della Sera maggio 2012, 3 maggio 2012
Sebastian Coe. Le mie olimpiadi da 13 miliardi: così cambierò Londra – Irrompe da un corridoio del suo quartier generale nell’East End di Londra
Sebastian Coe. Le mie olimpiadi da 13 miliardi: così cambierò Londra – Irrompe da un corridoio del suo quartier generale nell’East End di Londra. Arriva leggermente inclinato in avanti, con falcate lunghe e decise, come se dovesse tagliare il traguardo a ogni passo. Non ha un minuto da perdere Sebastian Coe: mancano 90 giorni all’inizio delle Olimpiadi (dal 27 luglio al 12 agosto), l’evento al quale ha dedicato tutte le sue energie da otto anni. Per Coe la vita è correre: sui 1.500 metri negli Ottanta ha infranto tutti i record e conquistato due ori olimpici, a Mosca e Los Angeles. Poi ha corso in politica, diventando deputato conservatore. Per «graziosa decisione» della regina è diventato Lord Sebastian Coe, Pari del Regno (un titolo nobiliare) e barone di Ranmore, la località vicino a Sheffield dove è cresciuto, che, tradotto, curiosamente significa «ha corso di più». E quando nel 2004 Tony Blair ha candidato Londra per le Olimpiadi del 2012 ha affidato all’ex campione la campagna che sembrava impossibile: un altro trionfo, battendo sul filo di lana la grande rivale Parigi. «Organizzare i Giochi è come una gara di mezzofondo, devi saper gestire lo sforzo» dice di fronte alla vetrata che da sul Parco Olimpico. All’orizzonte si stagliano, eleganti ed essenziali, lo stadio, il velodromo, il centro acquatico, il palazzetto del basket, il villaggio per gli atleti. Sorride orgoglioso: tutto pronto con enorme anticipo «su un’area che, prima del progetto Londra 2012, era sterpaglia e palude inquinata e che a settembre lasceremo in eredità ai londinesi». L’impianto preferito di Coe? «Li amo tutti, confesso che sono un po’ come un bambino quando scarta i regali di Natale, ne vedo uno e mi entusiasmo, poi apro il secondo e mi piace anche quello. Ma se devo proprio essere sincero il più bello è il velodromo: guardi che forma (i critici di architettura lo hanno ribattezzato «The Giant Pringle», perché sembra una patatina, ndr), pista in pino siberiano montata a mano da maestri carpentieri, sei mila posti a sedere. E poi, se i pronostici saranno rispettati e i nostri ciclisti manterranno la forma che hanno ora, in quell’impianto arriveranno molte soddisfazioni per la squadra britannica». Dopo lo sguardo all’Olympic Park via di corsa verso l’ufficio di presidente del Locog, The London Organising Committee of the Olympic and Paralympic Games. Una sorta di loculo di due metri per tre, assolutamente modesto per un uomo al vertice di un investimento complessivo da una dozzina di miliardi, di euro: il governo inglese ne ha stanziati oltre dieci per queste Olimpiadi, altri due e mezzo li hanno messi i privati. L’apparato di sicurezza impegnerà quasi 30 mila uomini, compresi 13 mila militari, un altro mezzo miliardo di spesa almeno: ormai i Giochi soffrono di gigantismo... «Siamo stati proporzionati alla circostanza, servono infrastrutture, trasporti: in un’Olimpiade è come se si svolgessero 26 campionati del mondo in parallelo; se le gare si tenessero una dopo l’altra durerebbero 460 giorni, noi le concentriamo tutte in 16. È ovvio che la preparazione deve assumere una grandezza adeguata. E per quanto riguarda la presenza dell’apparato di sicurezza, in coscienza, non si può scendere a compromessi su questo tema. Ma state tranquilli che la nostra polizia è la migliore del mondo e non presenterà alla gente che verrà a Londra quest’estate una città in stato d’assedio». L’ultima volta che Londra ospitò i Giochi, nel 1948, gli atleti dormivano in vecchie caserme, si portarono da casa gli asciugamani, l’acqua della piscina era gelata. Ora avete preparato un trattamento a cinque stelle... Abbiamo avuto una visione non ristretta alle due settimane di gare olimpiche, ma proiettata verso i prossimi 60 anni di sport per la città e il Paese. Abbiamo investito perché i nostri ragazzi possano fare sport, ma ricordate che il 70 per cento degli eventi di Londra 2012 si svolgerà in sedi già esistenti e che i dieci miliardi di euro del governo hanno riqualificato un’area fatiscente dove andranno a vivere tremila famiglie londinesi. Però, guardando ai costi astronomici, il governo italiano ha rinunciato alla candidatura di Roma per il 2020. La scelta del vostro Primo ministro non mi ha sorpreso, capisco bene la fase economica in cui si trovano molti Paesi europei. Ma mi è dispiaciuta, perché Roma ha una straordinaria storia olimpica e perché io ci ho vissuto a lungo, ci sono stato molto bene ed è la città che amo di più al mondo dopo la mia capitale. Lord Coe il romano? Ci ho trascorso due anni: la prima volta alla vigilia delle Olimpiadi di Mosca 1980, ospite di amici all’Olgiata. Mi sono allenato tra Roma e Cesena per quasi tutto il 1979. Bella zona quella di Cesena, peccato che sia quasi sconosciuta agli inglesi. Mi è piaciuta anche la costa adriatica, con Milano Marittima (Ra). Poi sono tornato alla fine dei Giochi, per un anno sabbatico: ho preso una casa ai Parioli, periodo fantastico. I Parioli, quartiere costoso, esclusivo, «posh» come dite voi inglesi... Beh, ero single, laureato, non dovevo pagare tasse universitarie, mi sono divertito. Come vorrebbe che fosse ricordata Londra 2012? Ho ancora un po’ la mentalità dell’atleta che corre in pista. Quindi vorrei che i concorrenti rimanessero soddisfatti, che tutti loro potessero dire: «Coe e la sua squadra mi hanno permesso di dare il meglio di me in gara». Poi voglio un’atmosfera di festa, che gli spettatori si facciano trasportare dall’entusiasmo degli atleti. E come londinese desidero che la mia città sia vista per quello che è: tollerante, multiculturale, rilassata, felice di divertirsi. Moderna sul palcoscenico globale. Lord Coe, i Giochi sono anche politica. La disturba? È la realtà, non si possono far divorziare sport e politica. Le Olimpiadi sono la manifestazione ciclica con il più alto profilo globale: ogni quattro anni rappresentano per la gente nel mondo una pausa di ottimismo. Lo sport è parte della vita delle persone e quindi è inevitabile che attragga l’attenzione della politica. Ma è bene che sia così: lo sport ha bisogno di sostegno economico, le risorse vengono assegnate in base a valutazioni politiche. Alcuni vorrebbero più fondi per la difesa, altri per la sanità, le strade; se si vogliono investimenti per gli impianti, perché i ragazzi possano allenarsi e imparino a vincere con eleganza e perdere con dignità, bisogna rivolgersi a chi i soldi li gestisce. A 55 anni lei ha un fisico scattante, ha ancora tempo per allenarsi? Corro tre o quattro volte a settimana, magari la domenica un’ora nel parco, quando lavoro cerco di ritagliarmi mezz’ora sul tapis roulant. Quindi la vedremo portare la torcia olimpica nella staffetta di avvicinamento a Londra, a luglio... (Ride un po’ imbarazzato, ndr) Certo che mi piacerebbe, ma bisogna essere scelti dal comitato, non è facile, vedremo. In Inghilterra si discute ancora su un suo record: nel 1988 tentò di percorrere il perimetro del cortile del Trinity College a Cambridge entro i 12 rintocchi di mezzogiorno della campana dell’università: 367 metri sul selciato con quattro curve ad angolo retto in meno di 44 secondi. Una sfida resa cele bre dal film Momenti di gloria. Fallì per 12 metri, secondo Wikipedia... C’erano i cronometristi, cro-no-me-tri-sti ufficiali ed esperti e hanno accertato che ho superato la prova del Trmity College, non creda a Wikipedia. Ci tiene ai suoi «momenti di gloria» Lord Sebastian Coe, barone di Ranmore.