Guido Zichichi, www.linkiesta.it 02/05/2012, 2 maggio 2012
PORSCHE E SUSSIDI: ECCO LA GRECIA CHE HA ROVINATO I GRECI
Larissa, leggendario luogo di nascita del pelìde Achille, è oggi una città greca dove la crisi è più nell’anima che nel portafoglio. Un torrente di soldi parte dalle foci di Bruxelles e irrora da anni questo bacino agricolo, soprattutto grazie ai fondi provenienti dal Pac, la politica agricola comune dell’Unione europea. Parliamo di cifre da capogiro: solo nel 2007 sono arrivati a questa città dall’Unione europea sussidi per 224.862.507,83 euro. Un professore dell’Università di Salonicco ci spiega: «I fondi non sono controllati, i proprietari terrieri tengono una grossa percentuale di quanto dicono di investire nelle proprie terre». Grazie a questi sussidi, la progenie del piè veloce oggi cerca la velocità ricorrendo alla Porsche e non certo alle proprie gambe. Larissa infatti ha il più alto numero di Porsche Cayenne per abitante nel mondo.
Il centro di Larissa è una grande isola pedonale piastrellata, con alberi, fontane, luci e panchine, adibita allo shopping e alla vita notturna. I negozi fanno a gara ad esporre in vetrina le mise più alla moda ed eleganti e tengono le luci accese 24 ore su 24, mostrandosi in tutta la loro bellezza alla gente della notte. Di negozi chiusi non se ne vedono. «Ma la crisi c’è anche qui», ci spiega Vaya, che ci ospita a dormire. «In un anno il mio stipendio si è ridotto di 400 euro mentre le tasse sono aumentate. Quest’anno nei giorni dei saldi non sono nemmeno uscita di casa». Eppure i tavolini dei bar sono strapieni di gente. Il cibo è sempre costato poco e, anche se la crisi ha dimezzato le opportunità di aprire il portafoglio per far festa, sembra che questa città abbia solo dovuto ridimensionare i propri eccessi, senza tuttavia rinunciarvi.
Larissa è la città-simbolo di una sorta di decadentismo greco che, senza dubbio, è una delle grandi cause di questa crisi. Certo, recentemente ha fatto scandalo scoprire che c’erano numerosi gruppi che organizzavano grandi orge alle quali partecipavano anche noti imprenditori. Il primo di questi grandi scandali è scoppiato perché un uomo, convinto che la moglie lo stesse tradendo, aveva deciso di farla pedinare da un detective.
Ma non sono novità. Larissa è dagli anni ottanta la capitale greca degli “skyladiko”, i cosiddetti “canili”. Si tratta di una specie di night club super trash, con prezzi astronomici e musica dal vivo, nei quali si aspetta l’alba tra lussuosi bagordi, spreco e dissoluzione. In quegli anni si compravano pile intere di piatti da rompere sul palco (o far rompere sul palco dai camerieri) in segno di apprezzamento per il cantante. Il costo dei piatti corrispondeva a centinaia di euro. Oggi rompere i piatti è diventato illegale e si ricorre ai fiori, ma poco importa visto che il prezzo non è cambiato. Uno dei clienti spiega: «sono soldi, non anima», senza riuscire convincente. Così Vaya racconta: «mio padre stava per morire, erano i suoi ultimi giorni di vita, ed eravamo tutti molto tristi. Così ci siamo ubriacati e abbiamo spaccato tutto. Piatti, bicchieri, … Mia madre era disperata, cercava di mettere in salvo il servizio buono per salvarlo, mentre i vicini accorrevano con i loro vecchi piatti, per romperli insieme a noi. In Grecia rompere è un’espressione di gioia e di dolore».
Un film del 1998, Ola ine dromos (Tutto è strada), di Pantelis Voulgaris mostra questa dissoluzione. Il protagonista cerca di conquistare in tutti modi la cantante di un “canile” ma con scarso successo. Alla fine, disperato, in un ultimo estremo tentativo di colpirla, fa rompere tutti i piatti del locale e tutti i bicchieri; assume i camerieri per staccare i water e romperli sul palco, fa poi rompere gli specchi e i tavolini; infine compra l’intero locale e lo fa radere al suolo da un bulldozer mentre balla per strada, bruciando i propri vestiti. Sono soldi, non anima.
Eppure l’ostentazione della ricchezza è un lato della cultura greca molto forte. Se è vero che la distruzione delle “cose” come dimostrazione di gioia o dolore è alla radice di questa tradizione, molti greci sembrano averlo dimenticato. «I greci erano un popolo libero nell’anima, ed è per questo che sono venuto a vivere qui», spiega John L., un vecchio australiano ex dirigente della Deutsche Bank, trasferitosi qui da molti anni «è stato il capitalismo che li ha corrotti, la loro ingenuità li ha indotti a credere che potevano avere tutto senza dare niente».
Eppure non si deve fare l’errore di generalizzare da Larissa all’intera Grecia. Anzi. Se da un lato ci sono aree che, come Larissa, hanno goduto per anni di sussidi, molte parti del paese non hanno avuto simili vantaggi. In Grecia i più indispettiti per questa immeritata ricchezza sono gli abitanti di Volos, una città di simile grandezza a meno di un’ora di distanza. Questa città, sebbene ricca, a differenza di Larissa si fonda sulle industrie. I suoi abitanti, sdegnati dall’improvviso arricchimento della vicina città di contadini, hanno affibbiato dispregiativamente ai larissiani il nomignolo di “formaggioni”, riferendosi alle loro radici contadine. Larissa ricambia dando agli abitanti di Volos li nomignolo di “austriaci”, con riferimento a un momento della seconda guerra mondiale in cui a Volos fu issata una bandiera austriaca.
Per Volos quello, in realtà, è motivo di orgoglio e Costantinos, uno studente del Politecnico di Milano, spiega perché: «Dichiarandosi territorio austriaco le imprese di Volos evitavano di pagare le elevate tasse del governo greco». Quello che da parte dei larissiani voleva essere un insulto di scarso patriottismo, per gli abitanti di Volos è invece un richiamo a una delle caratteristiche più importanti del popolo greco: l’evasione.