Davide Desario, Il Messaggero 03/05/2012, 3 maggio 2012
LA HOLDING DELLE BANCARELLE, MINIERA D’ORO DEI TREDICINE
Sembrano semplici bancarelle. Ma, invece, quasi tutte fanno parte di una holding, un vero e proprio impero sotterraneo. Quello della famiglia Tredicine che gestisce più di 250 bancarelle e camion bar in tutta Roma per un giro d’affari di milioni e milioni di euro. Un impero che non conosce crisi. Anzi, si accresce e si alimenta ogni giorno di più.
Donato&Co. Il capostipite della famiglia è Donato Tredicine ormai quasi novantenne. E’ originario di Schiavi d’Abruzzo, un paesino in provincia di Chieti con 900 abitanti. Donato è sbarcato nella Capitale negli anni Sessanta: la mattina faceva il manovale ma quando lasciava il cantiere raggiungeva il Centro e arrotondava vendendo caldarroste. E castagna dopo castagna, amicizia dopo amicizia, grazie anche all’arrivo dei suoi parenti ha costruito un business milionario. I figli arrivati a Roma sono cinque: Mario, Alfiero, Elio, Dino e Emilia. E poi ci sono anche mogli, generi e nuore che spesso hanno altri cognomi. Tutti insieme, anche se adesso non sempre vanno d’accordo, con quei banchi hanno conquistato Roma.
Scatole cinesi. La holding Tredicine è una galassia di piccole e grandi società anche se a guardare le carte si presenta come una giungla impenetrabile di scatole cinesi. Cercare di capire come sono organizzati non è semplice, bilanci e documenti depositati alla Camera di commercio non aiutano a fare chiarezza: risultano 69 Tredicine diversi. Una delle società alle quali sono collegate alcune licenze, per esempio, è la Cardesi Srl: una società con due soli soci, espone un bilancio con ricavi e attività che ammontano a poche decine di migliaia di euro, e per di più risulta in perdita. Un altro anello-chiave della galassia Tredicine è la società Antica Roma 013 srl: nonostante si tratti di una società di capitali per molto tempo non ha presentato i bilanci alla Camera di Commercio anche se è obbligatorio. Sul resto dell’impero nulla è dato sapere: licenze e permessi fanno capo a diversi esponenti della famiglia che operano attraverso società in nome collettivo che, per legge, non sono tenute a nessuna pubblicazione sulle loro attività. Facciamo qualche nome: la T.F.C. di Tredicene Achille & c, la Food-store di Tredicine Alfiero. Nomi e cognomi che si intrecciano, ritornano e si confondono e che puntualmente si aggiudicano bandi di gara per le bancarelle negli angoli più turistici e quindi remunerativi di Roma.
Bando alle chiacchiere. A settembre del 2007 il Primo municipio, quello del centro storico, ha lanciato il bando per dieci postazioni per la vendita di prodotti stagionali estivi. Ovvero cocomero, meloni e macedonie. E possono essere venduti dal primo maggio al 30 settembre. Per quei dieci posti che valgono oro, perché posizionati nei punti nevralgici nel cuore di Roma, il caso ha voluto che siano giunte precisamente dieci domande. Così il 28 febbraio del 2008 è stata redatta agevolmente la graduatoria. E a scorrerla si resta senza fiato. Soltanto tre assegnatari si chiamano Tredicine ma in sette sono nati a Schiavi di Abruzzo (il paese natale dei Tredicine, appunto). Così, basta una verifica anagrafica, per scoprire intrecci e parentele: oltre a Tania Donatella Tredicine (due postazioni) e allo storico Dino Tredicine c’è Anna Maria Cirulli (tre postazioni) che è la moglie di Mario Tredicine; poi c’è anche Pierina Maria Franceschelli che è coniugata con lo stesso Dino. Sette su dieci ai Tredicine per dieci anni dal 2008 al 2018.
E con le castagne è la stessa cosa. In centro storico delle 29 postazioni assegnate (anche queste per dieci anni) ben 20 fanno riferimento ai Tredicine. Ma in tutta Roma il numero raggiunge quota ottanta. Quelle in centro, secondo le stime, incassano 30mila euro al mese. Le altre 5mila. Insomma, solo con le castagne, ogni mese intascano 900mila euro: almeno 10 milioni l’anno.
Sindacati e politica. Più gli affari si ingrossano, più gli incassi aumentano, più è necessario occupare poltrone per difendere la propria egemonia. I Tredicine lo sanno bene e lo fanno ancora meglio. Così Mario, è nel consiglio della Federazione italiana venditori ambulanti della Confcommercio. L’altro fratello Alfiero sta dall’altra parte, con la Confesercenti ma è stato anche presidente dell’associazione dei commercianti di via della Vite avendo il grande bar ad angolo. Il terzo Fratello, Dino è nel consiglio direttivo della Federazione ambulanti della Cisl. Praticamente da destra a sinistra coprono le principali sigle sindacali. E così quando l’assessore al Commercio, Davide Bordoni, deve discutere di ambulantato a Roma si deve mettere intorno a un tavolo con loro, i fratelli Tredicine.
C’è poi Giordano, 34 anni figlio di Dino, laureato in giurisprudenza, occhi di ghiaccio. È il rappresentante della famiglia nel Palazzo. Si è iscritto a Forza Italia giovanissimo. E’ stato eletto nel 2006 nel Consiglio del IX municipio. E nel 2008 con una sfarzosa campagna elettorale è entrato in Campidoglio nelle fila del Pdl: 5.284 preferenze gli hanno assicurato una poltrona in Aula Giulio Cesare, la carica di vicecapogruppo del Pdl e la presidenza della commissione Affari sociali. Eppure Giordano Tredicine dichiara un reddito tra i più bassi di tutti i consiglieri: poco più di 28 mila euro lordi annui. «L’unica mia fonte di introiti - ha detto - sono i compensi che spettano ai consiglieri comunali».Nuovi Tredicine crescono. La famiglia di Schiavi d’Abruzzo non è l’unica ad avere un ruolo di spicco nel mondo dell’ambulantato capitolino. Ce ne sono altre due che danno vita ad altrettante holding. La prima si chiama Langella e ha conquistato spazi e postazioni in pochissimi anni. La seconda è quella dei Molinaro, originaria di Trivento (comune in provincia di Campobasso). Proprio i Molinaro in alcune situazioni sono in società con i Tredicine. E come i Tredicine hanno cominciato ad entrare in politica. Uno dei figli Fabio Felice è stato eletto nel 2008 con il Pdl nel consiglio del XIX municipio. E i genitori non lo nascondono. «Alcuni giorni fa quando ho chiesto ai vigili di far rispettare la postazione ad un camion bar in via dei Fori Imperiali - racconta la consigliera dei Verdi, Nathalie Nahim - Una donna che era dietro al bancone ha subito detto agli agenti che il figlio era consigliere del XIX municipio». Della serie: lei non sa chi sono io.