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 2012  aprile 28 Sabato calendario

DUEMILA MILIARDI DI DEBITO: GRAZIE PROF


Oggi, euro più euro meno, il debito pubblico italiano dovrebbe sfondare quota duemila miliardi. Secondo gli amanti delle statistiche, il fatto clamoroso potrebbe capitare alle 16 e 03 esatte, tenendo conto del ritmo con cui è cresciuto il debito pubblico negli ultimi dodici mesi. Secondo altri esperti del settore l’aggancio a quota duemila miliardi potrebbe avvenire qualche tempo dopo, ma è sicuro che avvenga. Una certezza che per altro è rafforzata dai fatti: fino a qui il governo guidato da Mario Monti non ha varato nemmeno un emendamento in grado di ridurre il debito pubblico, di cui bellamente si disinteressa. Non ha privatizzato nemmeno un ascensore ministeriale, non ha affrontato del tutto il principale problema che rende facilissimo a speculazione e mercati mettere l’Italia con le spalle al muro. Monti è stato chiamato proprio per quello, ma di tutto ha fatto (in gran parte sbagliando le cure necessarie al malato) salvo onorare la sua missione tecnica. Anzi, come rivelato ieri da Libero, il premier ha scelto di fare lievitare di 2,2 punti di Pil nel 2012 il debito pubblico emettendo nuovi titoli per ricavare 35,1 miliardi di euro che si era impegnato a versare ai fondi europei per salvare la Grecia. Grazie a questa scelta il rapporto debito/Pil italiano arriverà a fine anno al 123,4% (contro il 120,1% del 2011), indebolendo ancora di più – e non ce ne era proprio bisogno – l’Italia, anche di fronte alle rigide regole dei parametri finanziari europei (trattato di Maastricht prima e ora fiscal compact). Secondo le previsioni fornite da Monti stesso nel Def che si sta discutendo in Parlamento, dal 2013 in poi il rapporto fra debito pubblico e Pil dovrebbe iniziare a calare. Non è della stessa idea la Banca d’Italia, che nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria di qualche giorno fa indica in ulteriore crescita l’indicatore del debito pubblico italiano anche nel 2013: salirà al 123,8% del Pil. Dello stesso avviso è il Fondo monetario internazionale, che nel suo fiscal monitor di aprile offre questa previsione sul rapporto debito/Pil dell’Italia: 123,4% nel 2012, 123,8% nel 2013, 123,4% nel 2014, 122,3% nel 2015, 120,7% nel 2016 e solo alla fine nel 2017, dopo sette anni, scenderà con un 118,9%, vicino ai livelli non certo rassicuranti che c’erano a fine 2010.
Si tratta di cifre talmente clamorose da indicare con chiarezza quale è l’opinione internazionale sulle politiche economiche adottate dal governo italiano: recessione lunga e debito pubblico in espansione. Non sembra che gli slogan di Monti sulle sue liberalizzazioni (ci faranno crescere di 10 punti di Pil) abbiano avuto eco molto al di là delle mura delle sue villette appena conquistate al 100% sul lago Maggiore. Avranno suscitato forse una risata nelle stanze del Fondo monetario e dei prìncipi della finanza internazionale, che avranno pensato probabilmente a una di quelle barzellette magari lasciate in eredità da quel simpaticone di Silvio Berlusconi. Ma certo non c’è in questi report grande fiducia nelle misure prese dal governo italiano: viene riconosciuto il rigore, interpretato anche lì però come“rigor Montis” e ancora di più “rigor Italiae”.
Il debito pubblico per altro da sempre è stato il tallone di Achille del tecnico della Bocconi. Basti ricordare che fra il 1989 e il 1992 Monti fu il consulente principe sulla materia del governo guidato da Giulio Andreotti (di cui evidentemente amava all’epoca il tirare a campare, che faceva campare lui stesso), e in particolare del’ex ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino. Quando Monti arrivò alla corte di Andreotti il debito pubblico italiano ammontava a 553 miliardi, 140 milioni e 900 mila euro attualizzati ad oggi. Quando nel giugno 1992 il professore della Bocconi smise di dare apprezzati consigli il debito pubblico italiano era salito alla cifra di 799 miliardi, 500 milioni e 700 mila euro. Nel periodo un incremento in termini assoluti di 246 miliardi, 359 milioni e 800 mila euro e in termini percentuali del 44,53% in tre anni: un record perfino nella travagliata storia repubblicana. Sperando che il professore non voglia regalarci il bis…

Fosca Bincher