Giancarlo Perna, il Giornale 30/4/2012, 30 aprile 2012
Passera, l’eterno golden boy ancora a caccia dell’«ideona» - Alungo enfant prodige dell’economia italiana, Corrado Passera non è ormai più enfant a 57 anni e ha smesso di essere prodige da quando, entrato nel governo, non ha fatto un tubo
Passera, l’eterno golden boy ancora a caccia dell’«ideona» - Alungo enfant prodige dell’economia italiana, Corrado Passera non è ormai più enfant a 57 anni e ha smesso di essere prodige da quando, entrato nel governo, non ha fatto un tubo. Dal seggio di ad di Intesa SanPaolo, poco prima di diventare ministro dello Sviluppo, Corradone (eretto,sfiora l’1,90)tirava le orecchie al Berlusca e Tremonti trattandoli da brocchi incapaci di raddrizzare la barca dell’economia. Lasciava intendere che lui avrebbe risolto con uno schiocco di dita. Ecco,in un’intervista al Corriere della Sera , come strattonava i berlusconiani. «C’è una fuga dalle responsabilità della classe dirigente. Abbiamo le risorse per vincere. C’è un potenziale enorme». Dove lo vede? Mormorava incredulo il giornalista. E Corradone,col brio dell’italiano che parla di calcio, spiegò come avrebbe fatto lui. «Ci serve ben di più dell’uno per cento l’anno (il +1% era il misero Pil del Cav nel 2010; oggi col duo Passera-Monti è-1,5%, ndr). Il sistema Paese è fermo. Sappiamo quello che c’è da fare ma continuiamo a non farlo. La giustizia è il problema numero uno (vi risulta che il governo Monti vi abbia messo mano?). Poi le lentezze amministrative (idem). Senza strade, ponti, ferrovie, termovalorizzatori e rigassificatori, il Paese non cresce (vedete tutto questo fermento di opere pubbliche ora che la palla è in mano a Passera? Il solo ponte in cantiere, quello di Messina, lo ha bloccato lui dicendo che non è il momento; l’unico rigassificatore, in Puglia, è finito a ramengo sotto il governo Monti per intralci burocratici)». Ma dove si trovano le risorse? chiedeva il giornalista che, ancora ignaro di quello che Passera sarebbe stato come ministro, prendeva sul serio il vaniloquio. «Non è facile», fece Corrado con sussiego e, dopo una pausa che sottintendeva «se però mi lasciaste fare», esternò l’ideona: «Le risorse si possono e si devono trovare. Dobbiamo investire 40-50 miliardi all’anno per cinque, sei anni. Non sono cifre fuori dalla nostra portata. Ci sono tanti fondi pubblici non spesi, fondi comunitari, autofinanziamenti, fondi privati... bla, bla, bla». Questo fu il Passera guascone, quando era facile parlare perché in prima linea ci stavano altri. Ora che tocca a lui, la sicumera è sfumata. «Non c’è un’ideona»,si è arreso Corradone dopo averci ponzato per cinque mesi. Non ci sono miliardi, fondi comunitari, pieghe del bilancio. Dobbiamo solo «pazientare», aspettando che i sacrifici inflitti da Monti vadano a buon fine. Ma come il salasso possa rimetterci in salute non lo spiega nessuno, né il premier né il loquace Passera. Siamo nelle loro mani. E Dio solo sa in che mani siamo. Corradone è il primogenito di una famiglia di albergatori comaschi. Ha due fratelli: Antonello e Bianca. I tre possiedono nel capoluogo lacustre due hotel quattro stelle, il Terminus sul Lungolago e il Villa Flori verso Cernobbio, una quota del sublime Villa d’Este, il ristorante Raimondi. Dei beni si occupa Antonello. Il Nostro seguì invece la scia del denaro. Fece Economia alla Bocconi, prese un Mba a Filadelfia ed entrò in McKinsey, massima società orbe terracquea di consulenza aziendale. Dopo cinque anni di tirocinio, 1980-1985, si mise sul mercato. Carlo De Benedetti lo adocchiò e Corrado si fece le ossa in Cir, Mondadori, Olivetti. Trattando per conto dell’Ingegnere l’affare Sme, l’agroalimentare che De Benedetti voleva per quattro soldi dall’Iri, frequentò il suo presidente, Romano Prodi. Conobbe invece Silvio Berlusconi nel braccio di ferro sulla Mondadori. A 38 anni era già nel giro di quelli che avrebbero retto il Paese nel successivo ventennio. Nel 1996, Passera si affrancò dall’Ingegnere entrando nell’ambiente bancario. A chiamarlo come ad dell’AmbroVeneto fu Giovanni Bazoli, autorevole baciapile bresciano vicino a quel tristacchione di Mino Martinazzoli, detto Crisantemo. L’ enfant prodige trascorse un biennio in mestizia, finché l’amicizia con Prodi portò il primo frutto. Romano, allora premier, lo volle ad delle Poste che erano un colabrodo. Corradone le risanò «esodando» 20mila persone, inventando la «posta celere » che ci restituì il piacere di ricevere gli auguri di Natale prima che fosse Pasqua e trasformando le Poste in una simil banca. Compiuta la missione, Passera ebbe l’occasione della vita diventando il primo banchiere italiano come ad di Intesa SanPaolo. Ci rimase dal 2002 fino alla nomina a ministro nel novembre 2011. Nei dieci anni, ha guadagnato 43,9 milioni. Entrando nel governo, il compenso è diminuito di otto volte. Di questo gli va dato atto. Come anche di non essere un ingrato. Dopo le Poste, è infatti rimasto un fedelissimo di Prodi fino a partecipare platealmente, lui banchiere numero uno, alle primarie 2005 dell’Ulivo per appoggiarlo. Col Berlusca le relazioni sono invece altalenanti. Corradone è più un pesce in barile alla Casini che un ammazzasette alla Berlusca. Il Cav però lo ha avuto al fianco nel salvataggio Alitalia - di cui banca Intesa è stata advisor- manon, come vedremo, per la sua bella faccetta. Oggi, se lo trova di nuovo contrapposto sulle frequenze tv che invece di essere gratuite saranno messe all’asta. Alti e bassi tra uomini di mondo. Sull’uscio dei cinquant’anni, Passera, già maritato e con due figli, si è invaghito. Ha ripudiato la moglie, Cecilia Canepa, per una giovanetta di diciannove anni più giovane, Giovanna Salza, dalla quale ha avuto due nuovi rampolli e che ha sposato con qualche ritardo l’anno scorso sulle rive del lago natio. Rito civile, ovviamente, nonostante il suo penchant religioso e gli eccellenti rapporti con Cl al cui Festival riminese non manca mai. Giovanna era la pr di AirOne, la compagnia di Carlo Toto che si è fusa con Alitalia nell’operazione benedetta dall’ad di Intesa. Poiché Toto era indebitato con la banca, si è arguito che Passera più che dare una mano al Cav, l’ha data a se stesso per rientrare nel credito con Toto (appioppando i debiti avionici allo Stato, cioè a voi e me) e alla sua signora che, dipendente di Toto, ha fatto un figurone col datore di lavoro. Nella moltiplicazione dei danée , l’ enfant è un mago. Tempo fa, il Corsera raccontò che i Passera nel 2009 avevano riportato in Italia dieci milioni dopo la vendita a Madeira di una loro società. Corradone, imbarazzato, come tutti quando si parla di isole fiscali, si precipitò a precisare. Nel 1999 - scrisse al giornale - la LarioHotels, società di famiglia che raggruppa i due quattro stelle di Como (cento stanze in tutto), aveva ottenuto da banca Intesa 15 miliardi di lire (7,5 milioni euro) per comprare un altro albergo. L’acquisto era poi sfumato, ma poiché il mutuo era ormai erogato, la banca consigliò i clienti di trasferire i danée a Madeira. Il seguito è elementare. La famiglia tenne il gruzzolo ai tropici dove, grazie al clima, lievitò da 7,5 a dieci milioni, per poi riportarlo a Como da dove era partito. Nulla da nascondere, concluse Corradone. Peggio el tacòn del buso . Mettiamo sia tutto regolare del che, senza essere Befera, dubito. Ma sembra la storia di un altro pianeta. Chi, come LarioHotels, otterrebbe 15 miliardi con il reddito di sole cento stanze insufficiente perfino a pagare la rata del mutuo? A chi tra noi sarebbero stati versati i soldi una volta che la finalità del mutuo, l’acquisto di un nuovo manufatto, fosse sfumata com’è successo ai germani Passera? Infine, si è mai vista una banca che ti suggerisce di depositare le palanche in mezzo all’Atlantico anziché in una sua filiale? E la favola ce la racconta proprio lei, egregio dottore, che poi di Intesa è diventato il caudillo? Gliela diamo per buona a un patto: che in futuro usi la fantasia solo per trovare una via di uscita al Paese. Noi le saremo grati, lei recupererà credibilità.