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 2012  aprile 29 Domenica calendario

Tassa del governo Monti e la patatina non tira più - Da quando il governo Mon­ti ha annun­ciato che in­tende mettere una tassa sulle patatine, Alfredo Moratti si ri­trova con un nume­ro di capelli insuffi­ciente per alloggiare tutti i diavoli che ha sulla testa

Tassa del governo Monti e la patatina non tira più - Da quando il governo Mon­ti ha annun­ciato che in­tende mettere una tassa sulle patatine, Alfredo Moratti si ri­trova con un nume­ro di capelli insuffi­ciente per alloggiare tutti i diavoli che ha sulla testa. «Guardi, il discorso è semplice: i tecnici sono dei grandissimi ( bip) . Rena­to Balduzzi, il ministro della Salute, non capisce un ( bip) . Adesso hanno veramen­te rotto i (bip) . Vogliono rendersi conto sì o no, questi (bip) , che gli operai guada­gnano poco e a noi costano troppo? Lo sanno che il 20 per cento dei miei dipen­denti ha dovuto far ricorso alla cessione del quinto dello stipendio per mantenere la famiglia? Io li mando a (bip) , vendo a una multinazionale e vado a pescare». Lo specialista italiano delle patatine non è tipo da sorvegliarsi nel modo di co­municare. S’era involontariamente avvia­to su un sentiero scivoloso già nel 1980, quando aprì la Pata, che si differenziava da quella dei pantaloni solo per una «t». Con Amica chips, l’azienda fondata dieci anni dopo insieme al socio Andrea Roma­nò, è stato condannato a passare alla sto­ria per uno spot che si chiudeva col motto «A chi piace la patatina». Un claim , per dir­la all’inglese, tutto sommato inoffensivo, che però è rimasto nell’immaginario col­lettivo come «La patatina tira», perché a interpretare l’allusiva pubblicità era l’at­tore porno Rocco Siffredi, soprannomina­­to Mister 23 centimetri, attorniato da stan­gone in costume ai bordi di una piscina: ri­faceva il verso a Hugh Hefner, il fondatore di Playboy . A quel punto tanto valeva insi­stere con «La patata tira», diventato il cre­do aziendale dipinto persino sui camion. Il guaio è che adesso la patatina rischia di non tirare più. Moratti aveva resistito al­le proteste del Moige ( Movimento italiano genitori) e alla censura del Giurì, che fece sospendere quel primo spot per violazio­ne degli articoli 9 ( violenza, volgarità, inde­cenza) e 10 (convinzioni morali,civili,reli­giose e dignità della persona) del codice di autodisciplina pubblicitaria, costringen­dolo a castigare i successivi. Ma l’offensiva del governo rischia di lasciarlo come Siffre­di: in mutande. Da autodidatta fermatosi alla scuola dell’obbligo perché aveva tan­ta fretta di lavorare e poca voglia di studiare, era desti­no che soccombesse sotto i colpi di maglio dei Professo­ri: «Si rende conto? Hanno ventilato una tassa di un eu­ro su ogni chilo di prodotto finito. Per noi vorrebbero dire 75.000 euro al giorno. In aggiunta agli oltre 4 mi­lioni, fra imposte dirette e indirette, che già siamo co­­stretti a versare ogni anno. Una follia». I conti sono presto fatti. Nello stabilimento di Amica chips a Casti­glione delle Stiviere (Mantova), in funzio­ne 24 ore su 24, entrano ogni giorno 11 ca­mion carichi di patate crude, per un tota­le di 200 tonnellate, e ne ripartono altri 45-50 stipati di patatine fritte in busta per un peso di 75 tonnellate. Un torrente di 75 milioni di foglie croccanti che si riversa­no in supermercati e bar di 21 Paesi, fino all’Indonesia. C’è persino un rabbino che una volta l’anno arriva da Milano, da Parigi o da Amsterdam, dorme qui ospite di Amica chips, alle 4 del mattino si sve­glia, va in azienda e fa partire l’impianto per la produzione kasher pigiando un bot­tone, comodo succedaneo dell’accensio­ne del fuoco nel rituale ebraico. E sicco­me gli ingredienti sono soltanto tre e tutti naturali, patate, olio di girasole e sale, «quelli della patatina» - è così che li defini­sce l’altro slogan della casa - esportano anche nei Paesi islamici, in particolare Egitto, Arabia Saudita, Tunisia, Giorda­nia e persino nella Striscia di Gaza, «per­ché questo è un cibo molto democratico, che tu sia un profugo palestinese o un mu­ratore italiano, con meno di un euro ti sa­zi, ma se quei (bip) che stanno a Roma ci mettono sopra la tassa, me lo dice lei chi mangerà più le patatine?».La qual cosa sa­rebbe appunto l’obiettivo del ministro del­la Salute, deciso a penalizzare l’intero comparto del cosiddetto junk food , cibo spazzatura, dalle merendine ai dolciumi, ritenuti responsabili dell’obesità, quindi dell’aumento delle patologie cardiovasco­lari che provocano una voragine nel bilan­cio del Servizio sanitario nazionale. L’azienda mantovana ha 210 dipendenti,che con l’in­dotto arrivano a 300, fattura 70 milioni di euro l’anno ed è seconda nella classifica nazionale degli snack sala­ti, dietro la San Carlo, «che però è su piazza da più di 70 anni», ci tiene a rimarcare il presidente di Amica chips. La sua quota di mercato, 26 per cento, sale al 38 nel Nor­dest, cioè è il marchio lea­der nelle regioni d’Italia do­ve si mangiano più patati­ne, magari con l’aiuto dello spritz. Moratti, 58 anni, separato, ha due figli già adulti, nati dal primo matrimonio e im­pegnati in azienda: Laura si occupa di marketing, Oscar di acquisti e produzio­ne. Dall’attuale compagna ha avuto una bimba, Marina, 6 anni: «Io e la sua mam­maci sposiamo il 1˚ maggio, che è la mia festa.Il 2 sarò di nuovo in ufficio».La voca­zione per la patatina gli è venuta mentre gestiva un’impresa di trasporti: «Tutte le settimane mandavo in giro per l’Italia al­meno 25 camion carichi di buste prodot­te da due ditte di Mantova che lavoravano per la San Carlo. Ho capito che era un bel business. E mi ci sono tuffato». Ora vorrebbe uscirne. «Che il governo degli intelligentoni s’era inventato questa nuova tassa l’ho saputo dal Tg1 .È come se m’avesserodemolito». È proprio sicuro che la introdurran­no? «Ma certamente! Mi sono documentato: c’è già in Danimarca e Francia.I nostri co­piano, non è che abbiano tanta fantasia. L’Italia ormai è finita, spacciata. La gente non ha più voglia di lavorare e ai pochi che ancora ce l’hanno ci pensa Monti a far­la passare. Vede quelle donne che pulisco­no i pavimenti? Al loro posto dovrebbero esserci degli operai maschi. Ma non li tro­vo. Non c’è più un giovane in circolazione che sia disposto a piegare la schiena. Sol­tanto le mogli e le madri, poverine, sgob­bano per mandare i figli a scuola. Ma a stu­diare che? Sono anni che cerco due impie­gate commerciali che sappiano l’inglese. Ne ho cambiate una decina. Non riesco­no neanche a dire “good morning”». Non starà esagerando? «Per mancanza di manodopera devo pro­durre in parte anche a Valencia, in Spa­gna, e in parte in uno stabilimento vicino a Brighton, in Inghilterra. E sul più bello che stavo per mettere giù una nuova linea qui a Castiglione delle Stiviere, un investi­mento da un milione e mezzo di euro, il governo va a inventarsi la tassa sulla pata­tina. Col (bip) che la costruisco!». Era proprio indispensabile arruolare Siffredi per lanciare Amica chips? «Manco sapevo chi fosse. Sono sceso al pri­mo piano, dove lavorano 9 impiegate, e ho chiesto: quante di voi conoscono Rocco Siffredi? Hanno alzato la mano in quattro. Ho interrogato la loro capa: e tu? “Non di persona”,ha risposto.E lì ho capito tutto». La maggioranza vince. «La scelta l’hanno fatta l’agenzia Leo Bur­nett, mia figlia e il mio socio. Io ero contra­rio. Siete pazzi, gli ho detto. Ma oggi devo riconoscere che avevano ragione loro». Dove avete girato? «Il primo spot a Budapest, dove Siffredi abita con la moglie Rózsa Tassi, ex Miss Ungheria, e i due figli. Il secondo in Argen­tina, dove le modelle costano dieci volte meno che in Italia». Hanno fatto aumentare le vendite? «Hanno aumentato la notorietà e la me­morabilità del marchio. Tutti ne parlano. Le patatine sono un prodotto d’impulso. Non è che la casalinga le segni nella nota della spesa quando va all’Esselunga». Chi ha creato lo slogan«La patata tira»? «Un anziano copywriter di Bologna, Fu­magalli si chiama, non ricordo il nome. Lo stesso che ha inventato “Pippo la scopa”». Un veterano. «Mi sembrava un doppio senso giocoso per un prodotto allegro, antidepressivo». Ma indigesto ai genitori del Moige. «Il Giurì ci ha fatto capire che se lo stesso spot l’avessimo girato con Gerry Scotti o con Paolo Bonolis non sarebbe stato boc­ciato. Abbiamo ricevuto migliaia di mail, solo il 25 per cento da telespettatori indi­gnati. La cosa curiosa è che protestavano contro la volgarità di Siffredi con una se­quela di parolacce. Bel paradosso, eh». Il parroco di Castiglione delle Stiviere ha tuonato dal pulpito? «Chi? Don Giuliano Spa­gna? È un amico, viene a mangiare a casa mia. Gli do le patatine gratis per i bim­bi dell’oratorio. Qui arriva­no richieste da ogni dove: preti, suore, frati, circensi». Anche dai cistercensi? «Macché cistercensi. Cir­censi, la gente del circo. Non rimandiamo mai indie­tro nessuno a mani vuote». Ma la sua compagna che cos’ha detto dello spot? «Devo essere sincero? Non le è piaciuto. Poi ha conosciuto Rocco Siffredi, una sera a cena, nel nostro store di Zola Predosa». E le è piaciuto. «Ha visto che è una persona normale». Normale? Anni fa intervistai la sua conterranea Antonella Del Lago, por­nostar, che abita qui vicino, a Marmi­rolo. Le leggo che cosa mi disse: «Roc­co Siffredi è un bruto. Sul set riesce a mantenere l’eccitazione soltanto vio­lentando le attrici. Basta guardare una scena del film Rocco e i mercenari . Dura 20 minuti. Lì si vede tutta la mia sofferenza. Lo rimproverò persino il regista Joe D’Amato,che adesso è mor­to, pace all’anima sua: “Non si fa così con le donne”. Piansi per due ore, do­po aver girato. E piansi per tutto il viag­gio di ritorno da Almeria, in Spagna, a Mantova. Quello deve farsi curare». «Oh, io mica sono andato a letto con Siffre­di. È stata lei a girare questo film con lui. Poteva scegliere un altro mestiere, invece di recitare nei film porno». Consumare patatine fritte è come fu­mare marijuana: dà dipendenza. Lo scrive il medico veneziano Filippo On­garo nel libro Mangia che dimagrisci . «Però! Bene. Me l’ha confermato anche Luca Zaia, governatore della Regione Ve­neto, quand’era ministro dell’Agricoltu­ra. “ Ma lo sa che mi mangio un sacchetto di Amica chips tutti i giorni?”, mi disse al Sial,il Salone internazionale dell’alimen­tazione di Parigi». Uno studio dell’Università della Cali­fornia ha dimostrato che le patatine contengono acidi trans, niente a che vedere con quelli che fanno concor­renza a Siffredi. Quindi aumentano l’irritabilità e l’aggressività. «Falso! Lo escludo tassativamente. Uno che è incazzato non si mette a mangiare 200 foglie di patata, una per volta. Sbrana un hamburger, piuttosto. Li dovrei de­nunciare questi professori californiani». Lo faccia. Beatrice Golomb, si chiama la ricercatrice. «Lo sa perché non lo faccio? Non ho nessu­nissima fiducia nella giustizia. Allora, mi stia a sentire. Il problema dell’Italia, dal più piccolo artigiano alla più grande mul­tinazionale, sono gli insoluti. Mandi le pa­tatine e le ditte non saldano le fatture. L’iter di un decreto ingiuntivo dura otto anni, per cui non butto via altri soldi in av­vocati e bolli. Ormai ci ho rinunciato». La capisco. «Sa qual è l’unica causa che ho vinto in vi­ta mia? Contro un cliente tedesco. In Ger­mania, però. Mio figlio Oscar e un nostro tecnico si sono presentati al mattino in tri­bunale a Monaco di Baviera. La prima co­sa che gli hanno chiesto in cancelleria è stata: “Da dove venite?”. “Dall’Italia”, hanno risposto loro. Il funzionario gli ha subito rimborsato, cash, i 500 euro del vo­lo. Alle 10 è cominciata l’udienza. Alle 11 era già finita. Due settimane dopo il giudi­ce ha depositato la sentenza. Siccome il condannato tardava a versarci i 300.000 euro che ci doveva, il tribunale gli ha bloc­cato i beni in banca e noi abbiamo incassa­to. Mi sono spiegato?». Magnificamente. «Bene. Causa a Napoli della Saiwa, grup­po Danone, contro di noi, per concorren­za sleale. Prima udienza il 28 luglio. Caldo bestia. Mi presento alle 8 con tre avvocati di Milano e due di Napoli. La Saiwa con i suoi. Alle 9 eravamo in 18 ad aspettare da­vanti a una porta chiusa su cui era appeso il bigliettino “Non c’è nessuno”.Un legale napoletano dice: “Ci penso io”. Sparisce. Torna dopo 15 minuti: “Niente da fare. Tutti a casa”.Avevo preso l’aereo e dormi­­to all’hotel Excelsior, dove una camera co­sta 400 euro. Mi ripresento dopo quattro mesi. Il giudi­ce, con gli occhiali da sole: “Io ho 20 minuti di tempo”. Il pubblico ministero man­dava Sms col telefonino. Al­la fine sono riuscito a pat­teggiare solo perché mi ero preso come difensore un principe del foro, l’ottan­tenne professor Gustavo Minervini, che il tribunale civile aveva nominato am­ministratore giudiziario del Napoli Calcio». Non può negare che le patatine faccia­n­o aumentare colesterolo e trigliceri­di. «Io ne mangio quattro sacchetti a settima­na. Mi vede grasso? Analisi perfette. Cer­to, se te ne spari mezzo chilo al giorno... Noi le friggiamo in olio di girasole. Ottima digeribilità e solo il 33 per cento di grassi. I concorrenti usano olio di colza, o di pal­ma, o di semi vari, che sono una schifezza ma costano il 20 per cento in meno». Ma perché le patatine piacciono a tut­ti, lei l’ha capito? «Perché sono fritte. Bollite non le mange­rebbe nessuno».