Paolo Gabrielli, Domenica-Il Sole 24 Ore 29/4/2012;, 29 aprile 2012
GHIACCI, SFIDA ALLO SCIOGLIMENTO
Nei vent’anni che hanno seguito il vertice di Rio si è assistito a un’accelerazione della riduzione dei ghiacci del pianeta. Una diminuzione che, in diversi casi, sta andando ben oltre le previsioni degli esperti.
Nel 1978 John Mercer, un audace ed eccentrico glaciologo dell’Università del l’Ohio, lanciò dall’autorevole dalla rivista Nature un chiaro avvertimento: «uno dei segnali premonitori di un pericoloso riscaldamento in corso in Antartide sarà la graduale frantumazione, da nord verso sud, delle piattaforme di ghiaccio adiacenti alle coste della Penisola Antartica». Nel bel mezzo dell’estate australe del 2002 quello che John Mercer aveva preannunciato si materializzò di fronte agli occhi di tutti. Per la prima volta da almeno 10.000 anni, gran parte della spessa piattaforma Larsen B si disintegrò in soli 35 giorni liberando così dai ghiacci un braccio di mare esteso quanto la Val d’Aosta. Sette anni più tardi Nature annunciava che l’Antartide, l’ultimo avamposto ritenuto ancora immune dal riscaldamento globale, mostrava già da qualche tempo chiari segni di un aumento della sua temperatura atmosferica.
Le variazioni dell’estensione e del volume dei ghiacci del pianeta sono ritenute uno specchio fedele dei cambiamenti climatici. Negli ultimi vent’anni i ghiacci hanno subito le riduzioni che sono spesso andate ben oltre le previsioni degli esperti. La diffusa contrazione dei ghiacciai, cominciata negli anni Ottanta (30 centimetri di spessore persi in media ogni anno), è continuata più rapidamente a partire dagli anni Novanta (60 centimetri persi annualmente) mostrando dunque un’accelerazione che condurrà nei prossimi decenni alla deglaciazione di vasti territori montani. A risentirne saranno soprattutto le popolazioni di quelle regioni, come le Ande in Sud America, le cui risorse idriche dipendono fortemente dallo scioglimento dei ghiacciai, specialmente in particolare durante le stagioni secche.
Anche le calotte polari stanno perdendo consistenti masse di ghiaccio. In Groenlandia, l’area interessata da fusione estiva ha continuato ad aumentare, raggiungendo nel 2007 un’estensione record pari al 50% di tutta la calotta. A causa di un aumento della velocità dei ghiacciai, che dall’interno dell’Antartide Occidentale sboccano nell’Oceano Meridionale, anche il continente antartico sta diminuendo la sua massa di ghiaccio. Durante le ultime due decadi,negli ultimi due decenni, oltre alla Larsen B, altre sei piattaforme di ghiaccio sono collassate nella Penisola Antartica mentre e altre hanno cominciato a mostrare iniziali segni di cedimento in settori diversi dell’Antartide altre piattaforme hanno cominciato a mostrare iniziali segni di cedimento. Il loro stato è sotto strettissima sorveglianza in quanto,perché agendo come dighe costiere sui bacini di ghiaccio interni, l’improvvisa disintegrazione di queste spesse piattaforme induce un rapido accelera incremento della velocità dei ghiacciai che dall’interno fluiscono quindi più rapidamente verso il mare aperto.
Le ingenti perdite di ghiaccio continentale si stanno ripercuotendo direttamente sul livello degli oceani. Le misure satellitari indicano che, a partire dal 1993, il livello dei mari si è alzato di 3,4 millimetri all’anno, l’80% più velocemente di quanto previsto solo nel 2001. Il 60% di questo innalzamento è derivato dalla fusione dei ghiacciai e delle calotte polari mentre il rimanente 40% è risultato dall’espansione termica degli oceani in seguito al loro riscaldamento. Le proiezioni più recenti indicano per la fine di questo secolo un aumento del livello dei mari compreso tra un minimo di 0,80 e un massimo di 200 centimetri, con conseguenze facilmente immaginabili per la consistente parte di popolazione mondiale che risiede sulle coste.
La contrazione maggiore registrata durante gli ultimi vent’anni riguarda tuttavia il sottile strato di ghiaccio marino che ricopre l’Oceano Artico il quale, pur senza contribuire all’innalzamento del livello dei mari, sta registrando una riduzione di gran lunga superiore rispetto agli scenari più pessimistici delineati fino a oggi. Nel 2007 l’estensione del ghiaccio marino dell’Artico ha raggiunto un minimo estivo di 4 milioni di chilometri quadrati, ben 2 milioni in meno rispetto agli anni Novanta. Di questo passo è probabile che entro i prossimi decenni l’Oceano Artico potrà rimanere libero dai ghiacci durante parte dell’estate boreale. Tra tutti questi bilanci in rosso, solo l’estensione dei ghiacci marini dell’Antartide sembra fino ad ora tenere, mostrando un leggero incremento.
Il messaggio che i ghiacci del pianeta ci stanno lanciando è inequivocabile in quanto, come scrive Henry Pollack nel suo libro A world whitout ice (Un mondo senza ghiaccio), «Il ghiaccio non fa domande, non fornisce giustificazioni, non legge i quotidiani e non ascolta dibattiti. Il ghiaccio non è influenzato da ideologie e non ha programmi politici. Fonde e basta». John Mercer, nel suol articolo su Nature del 1978, aggiunse una conclusione piuttosto inquietante, soprattutto alla luce delle più recenti osservazioni: «Il previsto aumento della temperatura alle alte latitudini dell’emisfero sud potrebbe portare ad una rapida deglaciazione dell’Antartide Occidentale, con il conseguente aumento di 5 metri del livello degli oceani». A questo punto la sfida più importante, ancor prima di prevedere quando questo avverrà, è cercare di fare di tutto per evitarlo.