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 2012  aprile 29 Domenica calendario

La conversione di Mora: “Sono pronto a prendermi le mie responsabilità” - La sua vera condanna è il grigio, anzi il grigiore del carcere di Opera dove Dario Mora detto Lele consuma in solitudine la sua seconda vita, iniziata il 20 giugno dell’anno scorso, il giorno dell’arresto

La conversione di Mora: “Sono pronto a prendermi le mie responsabilità” - La sua vera condanna è il grigio, anzi il grigiore del carcere di Opera dove Dario Mora detto Lele consuma in solitudine la sua seconda vita, iniziata il 20 giugno dell’anno scorso, il giorno dell’arresto. Chi lo ha visto anche di recente dice che non è più lui. Della prima vita catodica in technicolor c’è più niente. La televisione della cella singola è quasi sempre spenta. Sul muro verde pallido, accanto alle foto dei figli Diana e Mirko, gli unici che lo vanno a trovare ogni settimana, c’è una immaginetta di Padre Pio e una grande foto in bianco e nero di Moira Orfei cotonatissima. Degli attori, attrici, starlet, ballerine, tronisti e opinionisti da prime time e pure mezzo pomeriggio che l’agente dei vip ha inventato e lanciato alla tv è rimasto più niente. «Ho aiutato tanti, sono spariti tutti. Mi hanno dimenticato perché non servo più...», si lamenta rassegnato con la parlamentare del Pdl Melania Rizzoli, una deputata che lo ha incontrato per caso mentre preparava un libro sui supercarcerati italiani - «Detenuti», Sperling & Kupfer - e che con lui è rimasta in contatto. Figli a parte, la platea di Lele Mora degli ultimi dieci mesi è deserta: Sabrina Ferilli in visita assai privata, Alfonso Papa a gennaio, Vanna Marchi che gli scrive una lettera di solidarietà: «Solo quella, c’è la censura, come si fa?», un paio di deputati del Pdl in fila a misurare il suo stato di prostrazione, già svaporati dopo aver tuonato un po’. La solitudine - che a volte è buona consigliera - a Lele Mora ha già suggerito di fare un doppio salto mortale dalla vita di un tempo. E tanto per far capire che l’aria è cambiata, ha nominato come suo difensore Gianluca Maris, uno dei legali più noti di Milano con un imprinting di sinistra assai riconosciuto. Gli ha spiegato Lele Mora, in uno dei colloqui col difensore: «Adesso mi voglio assumere le mie responsabilità. Ognuno si assuma le sue...». Spiega l’avvocato Gianluca Maris: «Con quel mondo Lele Mora non c’entra più niente. La decisione di cambiare difensore e modificare il suo atteggiamento con i magistrati, nasce anche dopo una sua rivisitazione critica di questi anni». Di quegli anni di Lele Mora, l’istantanea più esemplare è quella dove si vede l’agente dei vip sdraiato come un satrapo nella sua villa in Sardegna, mentre due toy boy palestrati gli massaggiano i piedi. «Quella foto era solo uno scherzo... Si vedeva che stavo posando...», si schermiva lui, quando ancora poteva permettersi sontuosi abiti candidi, stoffe pregiate e la villa con arredamento glamour. Così lontano dall’immagine di oggi dove indossa un paio di zoccoli di plastica bianca, i pantaloni blu di una tuta, un golf magari di cachemire sempre blu sopra un altro pullover beige da cui spunta una maglietta girocollo bianca. «Ho sempre freddo qui...», racconta a chi lo vede nella cella singola con il blocco lavandino e cesso a vista in acciaio, i muri verdolini, il letto imbullonato al pavimento e i pensili e il comodino con i diari di Mussolini, probabilmente apocrifi, che Lele Mora ha acquistato con Marcello Dell’Utri. Ma nel carcere di Opera non fa freddo. Quello è dentro le ossa dell’agente dei vip dimagrito di trenta chili abbondanti da quando è qui. «Piange spesso...», racconta la parlamentare del Pdl Melania Rizzoli. «E’ un uomo prostrato ma viene assistito con tutti i crismi», assicura il suo legale Gianluca Maris. Nel reparto protetto del carcere, vicino alla infermeria, stanno quei detenuti isolati dagli altri carcerati per storia penale o processuale. Il suo vicino di cella è Olindo Romano quello della strage di Erba ma non si sono mai incontrati. Olindo Romano non va mai a «fare l’aria» quando ci sono altri detenuti, troppo pericoloso per lui che ha massacrato un’intera famiglia con un bimbo. Lele Mora non ci va mai e basta, sempre rinchiuso in questa cella, quasi sempre a letto ad aspettare il tempo che non passa e a guardare a un passato che non c’è più. Per azzerare quel passato ha pure deciso di non presentare ricorso in Cassazione per la condanna a 4 anni e 7 mesi presa per la bancarotta della LMmanagement. Diventare «definitivo» non lo porterà ad ottenere le misure alternative al carcere, perché ci sono altri processi in cui è coinvolto, a partire da quello per Ruby e i bunga bunga ad Arcore. Ma di sicuro è un altro dei gesti pensati da Lele Mora, che da adesso vuole essere un altro, davanti ai magistrati. «Mi sono sempre fatto forza e ho sempre affrontato i problemi con coraggio. Ma ora non ce la faccio più», dice a tutti Lele Mora. Dicono che a vederlo così magro e sofferente si capisce subito che è un altro uomo e a molti fa solo tanta pena. Magari lui vorrebbe essere pure un altro imputato, ma questo a qualcuno fa solo paura.