Alberto Arbasino, la Repubblica 30/4/2012, 30 aprile 2012
MAGGIO VINTAGE QUANDO A FIRENZE GADDA FACEVA IL GALANTE
Il mio primo Maggio Fiorentino accadde nel 1949. Avevo diciannove anni, era finito il dopoguerra, e si considerava imperdibile il Troilo e Cressida diretto da Luchino Visconti a Boboli, con tutti i grandi e piccoli attori del teatro italiano. Non ricordo se dormivo in una pensione nuova a Por Santa Maria, dovei giovani americani mangiavano ciliegie al breakfast, cosa inaudita nelle nostre campagne; o forse in un tradizionale albergo di via Panzani o Cerretani, dove comunque si pernottò con mezza famiglia un anno dopo, lasciando la macchina lì davanti, in viaggio per il Giubileo a Roma. (E lì venni biasimato perché in una così santa occasione ero andato a vedere Rascel al Quirino).
I programmi fiorentini erano succulenti, allora. Oltre a numerosi concerti, L’Orfeo di Monteverdi, Nozze di Figaro e Ratto dal Serraglio e Così fan tutte e Don Giovanni e Flauto magico con l’Opera di Vienna, una inaugurale Vanna Lupa di Pizzetti, Il maestro di cappella, Livietta e Tracollo, Amleto e Cenerentola e altri balletti del Sadler’s Wells, con Margot Fonteyn, Moira Shearer, Robert Helpmann...
Al Troilo visconteo, magnifico splendore della Troia medievale molto turrita di Franco Zeffirelli, e delle sue tende greche sfarzose come i costumi di Maria De Matteis. E panzoni con gambette dei "signori della scena" abitualmente in giacca e cravatta da pomeriggio e da sera, e visibilmente a disagio in calzamaglie e gonnellini. Indimenticabile, Memo Benassi razzolava chiocciando a quattro zampe, berciando «puttana fetida!» ai suoi rivali scenici.
La bellissima Elsa de Giorgi (che Gadda si ostinava a chiamare «de Giorgis») avvolgeva una lunga fusciacca rossa intorno alla vita di Giorgio De Lullo (Paride), come si era visto per Tyron Power in Sangue e arena. Renzo Ricci (Achille) flautava autorevolmente «Paaatroclooo» a Franco Interlenghi. Mentre la coppia dei protagonisti - Gasmann e la Morelli - faceva al meglio quel che poteva. Flemmatici e ironici e mondani, come al loro solito, Sergio Tofano e Paolo Stoppa quali Ulisse e Pandaro. In fondo a via Tornabuoni, nel palazzo che ora è tutto Ferragamo, c’era un elegante cocktailbar per distinti forestieri, Leland’s, con l’inflessibile portiera Carolina. E lì ci si incontrava con Nicky Mariano, alter ego di Berenson e in bicicletta dai Tatti.
Mentre dal Tasso nel primo pomeriggio scendeva Anna Banti, per un film e un parrucchiere, era sempre in ordine. E in bicicletta. Fu lì che Gadda, sempre antico gentiluomo, dichiarò che non si poteva lasciare da sola una signora per strada. E così l’accompagnò fino a via B. Fortini a piedi, con bicicletta a mano; e se ne lamentarono poi, lui e lei.
Mentre lì sotto, secondo l’Alighieri, «quando incontrammo d’anime una schiera - che venian lungo l’argine, e ciascuna - ci riguardava come suol da sera - guardare uno altro sotto nuova luna; - e sì ver’ noi aguzzava le ciglia - come ’l vecchio sarto fa ne la cruna». Sulle stesse prode sarebbe poi sceso Michelangelo, fra i lazzi dei giovani manieristi, per ricercare corpulenti scaricatori da riprodurre in ogni muscolo. E Dante, ancora: «Così adocchiato da cotal famiglia, - fui conosciuto da un, che mi prese - per lo lembo e gridò: "qual maraviglia!"». Dopo decenni, il 4 maggio, sono incaricato di una lezione introduttiva al Rosenkavalier, che apre la stagione. Così come due anni fa, per la Donna senz’ombra inaugurale e ben più complessa, ancora di Strauss e Hofmannsthal. Ma nel frattempo, quante infinite volte, al Maggio Fiorentino. Con care memorie di Bogianckino, Vidusso, Bartoletti, Alberti, Mazzonis... e Zubin Mehta! Ricordi memorabili: dagli epocali Troyens di Berlioz, in una sola indimenticabile giornata, ai wagneriani Maestri cantori per la prima volta con sovratitoli italiani (1986), e dunque finalmente si possono seguire le gustose discussioni sulla Tabulatur, sennò assai noiose.
Ma intanto, quante esecuzioni magnifiche dovute a Riccardo Muti,oa Luca Ronconi.Oa tutt’e due. Splendidi cipressi bruciati, di Pigi Pizzi; e altrettanto splendido canto di Julia Hamari, Ileana Cotrubas, Lella Cuberli, in Orfeo ed Euridice. Un Nabucco squisito, con Cristina Deutekom che Cesare Brandi affettuosamente definì «un tenero formaggino olandese». Un Otello con l’eccelsa Renata Scotto, che addirittura ascoltai al suo debutto, al Teatro Nuovo milanese.
Qui regnava il supremo impresario Remigio Paone, che al Maggio organizzò il fastoso revival del Ballo Excelsior, or ora ammiratoe ri-applaudito alla Scala.
In seguito, una gigantesca Turandot esportata con clangori e putiferi addirittura davanti alla Città Proibita,a Pechino.E un rarissimo Fierrabras, una fra le opere di Schubert che si rappresentano solo all’Opera di Zurigo, con intrighi nelle guerre di Carlomagno contro i Mori. E il classico Philip Langridge nel Peter Grimes di Britten, presentato molto più spesso che il Billy Budd dei medesimi autori. Ottimi Monteverdi, con una Incoronazione di Poppea non eccessivamente modernizzata, ma oltre Filippo Sanjust che a Spoleto esigeva borsettate sul dietro fra principesse romane gelose di Elizabeth Taylor durante il giraggio di Cleopatra a Sabaudia.
Cantanti ancora in buona parte italiani, senza troppi impacci di pronuncia nelle parole del libretto. E malgrado il fastidio degli interventi in prosa, qualche delizia nella Fairy Queen di Purcel ancora a Boboli.
Quante memorie eccellenti! La leggendaria compagnia di "modern dance" di Martha Graham, con Fedra e Giocasta e Medea fra diversioni oniriche e labirinti notturni su musiche di Nielsen e Barber e Menotti con coppie in bianco o giallo o rosso fra le mitiche pietre di Isamu Noguchi... Un Eugenio Onieghin con Galina Visnevskaja protagonista fra Leo Nucci e Nicolai Gedda, e la direzione di Rostropovic... Un Capriccio di Richard Strauss con Felicity Lott e Marjana Lipovsek che si ritrovò poi a un Festival di Santa Fe nella stessa messinscena di Willy Decker ma senza più le splendide interpreti... Un Tristan und Isolde con scene e costumi favolosi di David Hockney... Fantastiche Salome ed Elektra con Leonie Rysanek e Catherine Malfitano, Mignon Dunn e Ute Vinzing. E un’altra sensazionale Elektra salisburghese diretta da Abbado, con Lipovsek e Polaski e Mattila, con i Berliner Philarmoniker e regia di Lev Dodin... E quella rara Penthesilea di Othmar Schoeck deserta di pubblico ma dove vidi per l’ultima volta Gigi Baldacci... Nonché un discutibile Rake’s Progress come pretesto per un balzano spettacolo di Ken Russell e Derek Jarman...
Alle spalle, mitici allestimenti dovuti a De Chirico, Casorati, Sironi, Sensani, Severini, Savinio, Maccari, Cagli, Coltellacci... Ma intanto, sera dopo sera, Berlioz e Schubert e Stravinskij e Rossini e Bartòk diretti dai giovani avvenenti Muti e Mehta... E ottimi pranzetti cinesi da Harold Acton alla Pietra, prima di scendere ai patiboli e catafalchi di un Egmont visconteo nella corte di Palazzo Pitti. E si insisteva anche parecchio, con Alessandro Bonsanti, sugli scrittori delle Giubbe Rosse e di "Letteratura": ci andavano ai Maggi, gli ermetici? Però le risposte erano vaghe: sì, sì, si andava... E la sublime Gruberova! Già magnifica Zerbinetta in una virtuosistica Ariadne auf Naxos, nonché Lucia di Lammermoor con Alfredo Kraus, coppia d’assoluta grandezza paragonabile solo a Callas-Di Stefano e Sutherland-Raimondi. Ma altresì attesa con fervore dai fans a un suo recital di soli Lieder, un dicembre del 1984, stagione invernale, giacché la sera prima, sempre al Comunale, si era verificata una Traviata molto grandiosa di Franco Zeffirelli intorno alla piccola graziosa voce di Cecilia Gasdia, invano sorretta dalla concertazione di Carlos Kleiber. Aver lì la Gruberova, la sera dopo, e in un programma soltanto di liederistico di Mozart, Debussy, Hugo Wolf, su testi di Goethe, Mörike, Verlaine, Mallarmé! La folla dei fans pretese una Traviata, con tutti i «gio-oo-ir». Fu un trionfo. ©
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