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 2012  aprile 27 Venerdì calendario

IL MUSEO DELL’ AMORE PAMUK: "COSÌ GLI OGGETTI RACCONTANO LA FELICITÀ"

È stata una follia, lo so, dice Orhan Pamuk appoggiato su una balaustra, al primo piano di questa strana casa color porpora, nel cuore della Istanbul di cui si innamora.

«Ci sono tutti gli oggetti descritti nel testo. Qui i lettori possono venire con il volume in mano, oppure consultarlo su questi banchi in tutte le lingue. So bene che dopo un po’ di tempo ognuno finisce per dimenticare la trama dei libri. Però qui si può ricordare il romanzo. E anche ricostruire la storia della città».

Ecco, qui difatti ci sono le proiezioni di film degli anni Cinquanta. Chi è questa bionda che beve la gazzosa Meltem? «E’ una ragazza tedesca che fa la pubblicità, come da voi in Italia per la birra Peroni. In basso, invece, ci sono le figurine delle star del cinema e i calciatori del Fenerbahce. Sopra, le carte intestate della Satsat, l’azienda di Kemal».

Ma sono oggetti veri o di fantasia? «Ho combinato le due cose. Da una parte c’è il romanzo, dall’altra gli oggetti reali, più di 1100: documentano una Istanbul che non esiste più».

Come li ha trovati? «Alcuni nei mercatini. Molti nelle famiglie. Tanti altri li ho fatti pazientemente ricostruire dagli artigiani».

Ma perché gli oggetti sono importanti? «Perché nessuno, per l’appunto, si rende conto di vivere l’istante più felice nell’attimo in cui lo vive. E, dopo, è consapevole che si tratta di un passato che non tornerà più. Tutto questo provoca un grande dolore. La sola cosa che lo fa sopportare è il possesso di un oggetto, che ricorda quell’attimo prezioso. Gli oggetti conservano i colori e gli odori di quei momenti con più fedeltà di quanto facciano le persone che ci hanno procurato quella felicità».

C’è la tombola napoletana con cui le famiglie borghesi turche si divertivano.

E in questo manichino il percorso che nel corpo umano provocano le pene d’amore. Ma quei custodi, con la divisa di velluto marrone e la cravatta col simbolo dell’orecchino, che funzione hanno se lei ha scritto che nel suo museo c’è pure il permesso di baciarsi? «Il vero compito dei custodi dei musei non è quello di stare attenti ai ladri e far rispettare il silenzio, ma di trasmettere la sensazione di trovarsi in un tempio. Tuttavia, come dice Kemal nel libro, il mio museo è sempre aperto per gli innamorati che non trovano un posto dove baciarsi». Ma qui potranno perdere la dimensione del tempo.

«Aristotele nella "Fisica" ha fatto una distinzione fra il Tempo e i singoli momenti, che lui descriveva come "il presente". E’ proprio per preservare quei momenti felici che ho collezionato questi oggetti che hanno conosciuto il tocco di Fusun. Perché quello che conta non sono le cose, ma l’atmosfera che rappresentano». Nell’ultima stanza c’è un letto. Quello di Kemal. Ma lei, in fondo, che cosa vuole dimostrare con questo museo? «Credo che i visitatori, finito il loro giro, si renderanno conto che quella fra Kemal e Fusun non è una semplice storia d’amore. E’ la storia di un mondo. O, in altre parole, è la storia di Istanbul. E io sono felice se, ancora una volta, sono riuscito a metterla in scena».

ISTANBUL vecchia. Ci sono gli operai che spostano due tavole. C’è ovunque odore di pittura fresca. C’è la sua scorta, dopo le minacce di morte degli ultranazionalisti.

«Perché costruire un museo - spiega Pamuk - è come fare una casa. E questa follia mi ha rubato tanto tempo. Per mesi non ho scritto. Né letto. Ho litigato con falegnami e pittori. Mi sono depresso, convinto di non farcela. Ma adesso l’impresa è finita. Domani inauguriamo. Sono felice». Il Museo dell’innocenza, l’ultimo romanzo (pubblicato nel 2009 in Italia da Einaudi) dello scrittore turco non è più solo un sogno di carta ma una realtà. Fisica, concreta, contenente tutti gli oggetti descritti nella storia della travolgente passione fra il protagonista Kemal e l’amata Fusun, la ragazza dalle "braccia color miele", esposti ora su tre piani e in 83 vetrine, tanti quanti sono i capitoli.

Da domani sarà aperto ai visitatori.

L’indirizzo, soprattutto per gli italianiè facile. Perché il museo sorge proprio davanti al Consolato generale d’Italia. Pamuk si aggira per i piani, e promette di farlo a sorpresa anche nelle ore di visita.

Prima l’idea del libro o quella del museo? «Le ho concepite insieme. Ho comprato questa casa nel 1998, e cominciato subito a scrivere questa storia d’amore nella Istanbul degli anni Ottanta, fra un giovane imprenditore e la commessa di un negozio di borse».

Però il romanzo è uscito dieci anni dopo, e il museo apre solo ora.

«L’inizio non è stato facile. Ho cambiato gli architetti, e anche il romanzo andava a rilento. Così sono passato a scrivere Istanbul ».

Il libro che le nel 2006 le ha dato il Nobel. Il "Museo dell’innocenza" ne ha risentito? «Positivamente, credo. Il motivo di molti miei libri è comunque la mia città.

Vede questa vetrina? C’è una mappa: la strada dove venne ammazzato il Celal de Il libro nero, o il luogo da dove parte Ka il protagonista di Neve, o l’hotel Hilton dove si svolge la festa di fidanzamento di Kemal». Giriamo le sale. Che cos’è questa scritta mentre andiamo di sopra? «E’ l’incipit del libro: "Era l’istante più felice della mia vita, e non me ne rendevo conto"». E dentro la prima vetrina? «C’è l’orecchino che Fusun perde mentre fa l’amore con Kemal».

Il filo conduttore della storia. Nella seconda teca ci sono invece le scarpe gialle della ragazza, indossate per andarea ballare.E la borsa di Jenny Colon, che Kemal regala alla fidanzata storica Sibel, acquistata però nel negozio dove rivede dopo tanti anni la sua lontana parente Fusun,