Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 01 Martedì calendario

Vincenzo Genovese, 67 anni, e sua figlia Rosa, 26. Di Villapiana (Cosenza), il Genovese, ex agricoltore costretto alle stampelle da un infarto, dall’asma e dall’obesità, «padre-padrone» irascibile e violento, per anni aveva picchiato sia la figlia Rosa, un lavoro da commessa, che la moglie Domenica Ruggiano, 54 anni, donna schiva e solitaria («faceva una vita da reclusa») che anche adesso che il consorte a metterle le mani addosso non ce la faceva più doveva sopportare le sue grida e i suoi insulti e in più negli ultimi tempi era in grande agitazione perché teeva per Rosa, che di recente s’era trovata un fidanzato, un futuro coniugale sventurato come il suo

Vincenzo Genovese, 67 anni, e sua figlia Rosa, 26. Di Villapiana (Cosenza), il Genovese, ex agricoltore costretto alle stampelle da un infarto, dall’asma e dall’obesità, «padre-padrone» irascibile e violento, per anni aveva picchiato sia la figlia Rosa, un lavoro da commessa, che la moglie Domenica Ruggiano, 54 anni, donna schiva e solitaria («faceva una vita da reclusa») che anche adesso che il consorte a metterle le mani addosso non ce la faceva più doveva sopportare le sue grida e i suoi insulti e in più negli ultimi tempi era in grande agitazione perché teeva per Rosa, che di recente s’era trovata un fidanzato, un futuro coniugale sventurato come il suo. L’altra mattina, mentre il marito era in cortile, la Ruggiano andò a prendere un fucile nel ripostiglio, senza dire una parola gli sparò due colpi alle spalle, e altri due colpi li sparò subito dopo nel petto della figlia corsa a vedere cosa stesse succedendo. Quindi si puntò l’arma alla gamba, fece fuoco, e, convinta di morire dissanguata, andò ad aspettare la fine sdraiata sul lettone coniugale. Ritrovata dalla polizia ferita e svenuta, lì per lì disse che a sparare era stato un estraneo, ma martedì 1 maggio confessò la verità. Mattina di venerdì 27 aprile in una casa di campagna a Villapiana, sull’alto Jonio calabrese.