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 2012  aprile 30 Lunedì calendario

«AAA CERCANSI PORTOGHESI». QUELLE MINI CITTA’ CHE ASSUME —

Pedro Agostinho è stato il primo. L’apripista dei tanti che vorrebbero arrivare. È sbarcato da Lisbona alle undici di sera di un lunedì, senza nemmeno inviare una mail con un curriculum, due giorni dopo aver letto su un giornale portoghese che la città tedesca di Schwäbisch Hall, nel Baden-Württemberg, cercava all’estero lavoratori qualificati. Poi, nelle settimane successive, oltre 20.000 richieste di impiego hanno travolto gli uffici comunali. Schwäbisch Hall, che ha 36.000 abitanti, è diventata un caso, un luogo simbolo della crisi e del divario esistente in Europa tra i primi della classe, come la Germania, e i Paesi a rischio, come la Grecia, il Portogallo, la Spagna. È diventata la capitale della speranza.
«Sono stato fortunato. Il fatto di parlare quattro lingue mi ha permesso di trovare un posto in questo albergo», racconta Pedro. Siamo all’Adelshof Hotel, un palazzo medievale che guarda la piazza del Mercato. È una delle più belle di tutta la Germania, come ha scritto anche Ricarda Huch, e si riempie silenziosamente, all’alba del mercoledì e del sabato, dei banchi degli agricoltori che vendono i loro prodotti. Poche decine di metri più in basso, nel Municipio, lavora l’altro eroe di questa storia, il sindaco Herman-Josef Pelgrim, socialdemocratico, che qualche mese fa invitò in città un gruppo di giornalisti provenienti dai Paesi ad alto tasso di disoccupazione. «Fate sapere ai vostri lettori — fu il suo messaggio — che a Schwäbisch Hall c’è bisogno di lavoratori qualificati».
Il seguito lo spiega lui stesso, in un ufficio vicino al grande salone dove gli affreschi settecenteschi del pittore italiano Livio Retti, andati distrutti nel 1945 durante i bombardamenti americani, sono stati rifatti con tenacia tutta tedesca sulla base di alcune vecchie fotografie. «Lei può respirare aria di casa», dice, indicando il soffitto dipinto, questo cinquantaduenne dalla testa fina che potrebbe sicuramente fare altra strada nel partito di Willy Brandt e Gerhard Schröder. Non immagina, o finge gentilmente di ignorare, che in questo palazzo barocco ci si sente invece lontani anni luce dalla scuola di Adro, decorata con il Sole delle Alpi, o dai comuni amministrati con rancore dai vecchi amici del Trota.
«La nostra regione vive un grande cambiamento demografico che stiamo studiando e a cui vogliamo dare risposte. Le imprese crescono, ma la popolazione diminuisce, l’età media si alza. Il sistema economico — osserva Pelgrim — è molto competitivo e stabile. Ci sono buone condizioni finanziarie, le banche regionali funzionano. La formazione è eccellente, si passa direttamente al mondo del lavoro dalla scuola e dall’università. La disoccupazione giovanile sotto i venticinque anni non supera l’uno per cento. Il tessuto delle piccole e medie imprese, che è l’asse portante della nostra economia, ha però necessità di lavoratori qualificati. È la ragione per cui stiamo facendo questo sforzo». Tutti d’accordo, partiti e sindacati, in un Paese dove le discussioni sui temi all’ordine del giorno sono sempre molto accese? «Ci possono essere sfumature diverse su come fare e quanto fare. Ma la maggioranza delle forze politiche, sociali e imprenditoriali è favorevole. Solo la Linke è contraria, ma sono pochi», risponde.
Il sindaco di Schwäbisch Hall è convinto, inoltre, che sia importante dare un’immagine della Germania in cui le opportunità di lavoro migliori non sono a Monaco, Düsseldorf, Francoforte, Amburgo, ma nei luoghi dove «la qualità della vita è più alta, e la società è a misura d’uomo». Sono 8.000 le domande di impiego che vengono attualmente valutate dall’Agenzia per il lavoro, in contatto con le imprese di tutta la zona. Si tratta di verificare il grado di qualificazione e l’adattabilità della qualificazione agli standard richiesti. «Il principale problema — aggiunge — riguarda la conoscenza del tedesco, che è indispensabile in settori come quello amministrativo e dei contatti con il pubblico. Cinquanta posti sono stati già assegnati. Non sono io a decidere, ma penso che nei prossimi due mesi verranno firmati 3-400 contratti. Tutto è andato al di là delle aspettative». «Noi ci siamo posti il problema. Anche le grandi aziende però dovrebbero agire. I giganti non possono restare fermi», osserva ancora Pelgrim, senza nascondere una certa soddisfazione per il fatto che altre città, come Regensburg, in Baviera, si stiano muovendo nella stessa direzione. Gli scenari infatti non sono molto differenti. E alcuni dati nazionali colpiscono. Si calcola per esempio che nel solo settore della sanità la Germania avrà bisogno entro il 2020 di 800.000 lavoratori qualificati.
Se le cose stanno così, più che un’enclave portoghese nella Svevia, Schwäbisch Hall (dove già vivono cittadini che provengono da 110 Paesi diversi) può diventare un punto di partenza e un esempio, in un’Europa dove tante porte si chiudono invece di aprirsi. Non si tratta di una iniziativa benefica, ma dell’analisi lucida di fenomeni che stanno cambiando, nel bene e nel male, il tessuto delle nostre società. Costruire questo miracolo non sarà facile, ma qui si pensa che valga la pena provarci. «Vorrei soltanto vivere una vita normale, come si faceva prima della crisi. Ma devo anche avvertire tutti che questa non è una miniera d’oro. Infatti, qualcuno se ne è già andato. E la nostalgia può essere forte. Io ho lasciato a casa mia figlia, una bambina di cinque anni. Ci parliamo ogni sera con Skype. Ma se un giorno, non so quando, potrà raggiungermi qui, forse si troverà bene», dice Pedro Agostinho. Il suo, insomma, non è, e non potrebbe essere, un viaggio all’insegna della felicità. Camminando nella Obere Herrngasse, dove Eduard Mörike ha vissuto nel 1844 insieme alla sorella Klärchen, non è facile togliersi dalla mente un altro viaggio, quello di Mozart verso Praga, molto più felice, ma anche molto più malinconico.
Non lontano dalla casa di Mörike, è l’Hällisch-Fränkische Museum a illustrare, con una sorta di oggettività laica, la storia di questa città, diventata ricca grazie al commercio del sale proprio nell’epoca in cui quel tormentato scrittore post romantico vi cercava anche lui un’occupazione e un provvisorio rifugio. Schwäbisch Hall non si è stancata di spiegare e di capire. Forse perché ha assistito a molto di quello che nel secolo scorso è stato proiettato sullo schermo grigio della Germania: la «Notte dei cristalli», gli ebrei deportati, i lavori forzati nel vicino campo di concentramento di Hessenthal per la produzione del caccia bireattore Messerschmidt Me 262 che fu una delle ultime speranze di Hitler, il cimitero israelita violato per usare le lapidi come riparo dai bombardamenti americani. Tutto è documentato, con esattezza. Tra i cimeli esposti in questa struttura vecchia e nuova, affacciata sulle isolette del fiume Kocher, c’è perfino la porta rossa del circolo culturale Alpha 60, come il nome del cervello elettronico che rendeva obbedienti gli abitanti di un pianeta lontano, distrutto dall’agente speciale Lemmy Caution in Missione Alphaville di Jean-Luc Godard. Quel centro sociale autogestito fu uno dei primi che nacquero in Germania, nel 1966, agli albori della contestazione. Ricordarlo ha il sapore di un omaggio. È anche grazie alle idee seminate in quegli anni, infatti, che una società come questa ha saputo non chiudersi in se stessa.
Intanto, è già pronto il programma delle opere teatrali che, come ogni estate, verranno messe in scena all’aperto, dalla parte opposta del municipio, sulla ripida scalinata semicircolare che porta alla chiesa di St. Michael, legata alla figura del teologo luterano Johannes Brenz. Ma i veri protagonisti di questa stagione saranno quelli che arriveranno. Sono loro gli «ognuno». Lo Jedermann di Hugo von Hoffmansthal può, momentaneamente, farsi da parte.
Paolo Lepri