Alessandro Trocino, Corriere della Sera 30/04/2012, 30 aprile 2012
NEL PD SCOPPIA IL «CASO SIENA». EX MARGHERITA CONTRO IL SINDACO —
Un duello tra ex Ds e Margherita, sgradita eredità del passato. Una legittima ribellione di un gruppo di consiglieri di maggioranza contro un bilancio senza copertura finanziaria. Una ritorsione di un gruppo di potere — il partito-famiglia di un pd ex dc, Alberto Monaci — escluso dal nuovo assetto di potere del Monte dei Paschi. Sono molte le chiavi di lettura della guerra che si è scatenata a Siena, dove la maggioranza guidata dal sindaco ex diessino Franco Ceccuzzi è stata messa sotto dal voto contrario al bilancio consuntivo di sette consiglieri, sei dei quali ex margheritini. Uno scontro che rischia di riportare Siena alle urne, visto che il sindaco si ritiene «pugnalato alle spalle». Ma c’è anche un rilievo nazionale, visto che il deputato popolare Beppe Fioroni prende le difese del gruppo ribelle di Siena e addossa al sindaco la responsabilità dello scontro.
La versione dei sette dissidenti fa riferimento alla mancanza di 6,4 milioni nel bilancio. Buco causato dal fatto che la Fondazione del Monte dei Paschi di Siena non garantisce più gli 11,6 milioni attesi, ma solo 5,2. Di tutt’altro avviso la maggioranza del partito, che individua l’origine dello scontro nell’improvviso esautoramento dal Monte dei Paschi di quella parte di margheritini che fanno capo al presidente del consiglio regionale Alberto Monaci. E nella volontà di fare pressioni per mantenere almeno la presidenza della Fondazione nelle mani dell’ex della Margherita Gabriello Macini, in scadenza. Il sindaco Ceccuzzi (ex segretario provinciale dei Ds e deputato), ha rotto il quieto vivere e anni di tregua tra le due fazioni, decidendo per un profondo rinnovamento. Gli assetti di potere del cda della banca sono stati cambiati e si è aperta la porta ad Alessandro Profumo, nominato presidente, e a nuovi consiglieri. Una rivoluzione accolta con favore dalle Borse e stroncata dal consiglio comunale.
Da Roma hanno preso le difese del sindaco Maurizio Migliavacca e Vannino Chiti (ex ds), ma anche l’ex dl Antonello Giacomelli. Beppe Fioroni, invece, sta con i dissidenti: «Ci vuole senso di responsabilità da parte di tutti. A cominciare dal sindaco Ceccuzzi, che ha le maggiori responsabilità». Non si tratta affatto, nega Fioroni, di una guerra fratricida tra correnti, né di spartizione di potere nella banca: «Non c’entrano né la Margherita né i Ds, né la destra né la sinistra. Qui c’è un finanziamento da sei milioni che è incerto e un sindaco che ama la trasparenza e la legalità deve approvare uno strumento che ha la certezza della copertura. Va bene la discontinuità, ma non dalle leggi». Del resto, aggiunge, «abbiamo approvato una legge che prevede il pareggio di bilancio e non c’è fedeltà di partito che possa violare le regole». E se la questione non si risolve? «Eviterei le drammatizzazioni. Mi viene in mente la vicenda di Sansone e dei Filistei: a furia di tirare troppo la corda, finirono tutti sotto le macerie del tempio. In questo caso stiamo parlando di Siena. E onestamente non mi sentirei di farlo crollare, il tempio».
A capo del gruppo dei dissidenti c’è Alberto Monaci. Ex ras dc, entrò in possesso delle 14 stanze della dimora storica del partito pagando appena 570 milioni di lire. La moglie Anna Gioia, fisioterapista, è consigliere comunale dal 2004. Uno dei figli avuto dal primo matrimonio, Alessandro Pinciani, è vicepresidente della provincia di Siena. Il fratello Alfredo Monaci si aspettava una nomina nel cda, che non è arrivata.
Rosy Bindi — senese «ma di fuori le mura», come tiene a precisare —, della Margherita ha fatto parte ma certo non è mai stata vicina al partito-famiglia Monaci: «Penso che non sia una coincidenza che nel giorno in cui si è insediato il nuovo cda del Monte dei Paschi una parte della maggioranza abbia votato contro il bilancio. Io indagherei su questa coincidenza». La presidente del Pd ha già indagato: «Il sindaco ha finalmente scommesso su un cambiamento vero e questo non è stato accettato da quella parte del partito che ha contribuito a tenere la banca sotto un condizionamento dovuto a una spartizione del potere locale. Per questo ha reagito con una vera e propria ritorsione». Questione anche nazionale per il Pd? «Assolutamente no. Il gruppo che ha votato contro il bilancio ha caratteristiche non solo senesi ma familiari».
Si potrebbe discutere del «collateralismo» che lega Pd e Monte dei Paschi. E si potrebbe obiettare che la rivoluzione di Ceccuzzi non sia altro che la creazione di nuovi equilibri, sempre interni al Pd: «Non è così — dice la Bindi —. È vero che la politica non ha fatto bene alla banca in passato. Ma questa volta si è deciso nell’ottica della competenza e della qualità». Non sarebbe il caso di rinnovare il patto con il gruppo Monaci, fa capire la Bindi: «O si risolve la questione limpidamente o sono meglio le elezioni. Che rivinceremmo senza problemi».
Alessandro Trocino