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 2012  aprile 30 Lunedì calendario

I QAEDISTI DISTRUGGONO LA STATUA DELL’ANGELO PROTETTORE DI TIMBUKTU

Mali come l’Afghanistan, Timbuktu come Bamiyan? Molti lo temono, anzi sono ormai certi che il destino sia segnato per la «città misteriosa» del Sahara, neo capitale del «nuovo Stato indipendente di Azawad», autoproclamatosi tale nel nord del Paese. Indipendente e islamico in senso qaedista e wahhabita, per cui — a parte le considerazioni politiche — ogni deviazione dal più rigido monoteismo è «shirq», idolatria. Come la statua di Al Farouq il bianco, che sorge su un brutto pilastro in mattoni in Place de l’Indépendence e che è stata attaccata e semidistrutta negli ultimi giorni. Certo non antica come i Buddha millenari che i talebani fecero saltare in aria a Bamiyan undici anni fa, né meta di turisti (ormai inesistenti) come le meravigliose moschee in terra curda poco lontano. Ma simbolo per i 45 mila abitanti di Timbuktu, travolti e sconvolti dall’onda dei jihadisti algerini alleatisi con i tuareg qaedisti, mentre l’intero Mali è nel caos politico e militare.
Al Farouq, racconta la leggenda in effetti non molto ortodossa come gran parte dell’Islam africano, è un «jinn», un genio che protegge la città girando di notte sul suo cavallo alato: anche questa, certo, un’eresia, vista la somiglianza con l’animale magico che per il Corano portò in cielo Maometto. Allontana spiriti e uomini maligni ma chiede in cambio moralità: i vecchi raccontano che da sempre il genio candido controlla che nessuno si attardi in strada oltre il tramonto. Dopo due avvertimenti inascoltati, il colpevole sparisce nel nulla. E questo vigilante-fantasma in stile Mille e una notte negli ultimi giorni avrebbe invece diretto i suoi poteri contro gli occupanti qaedisti uccidendone alcuni nel sonno, scrive su Maliweb il giornalista Mahamane Touré. Sbeffeggiato da alcuni lettori («Crediamo ancora a queste cose?» «I problemi sono altri e reali...»), ma poco importa. Al Farouk è stato distrutto insieme a qualsiasi altra statua trovata in città, e per la gente questo è un cattivo presagio.
Non solo per loro: meno folkloristico ma ben più importante culturalmente è stato l’assalto alle biblioteche della città e soprattutto al centro Ahmed Baba, fondato dal governo e dall’Unesco per proteggere 18 mila manoscritti antichi dal valore inestimabile. «Soprattutto testi originali arrivati con i pellegrini dall’Andalusia e dal Marocco tra il XII e il XV secolo, temiamo che i ribelli li stiano distruggendo», ha dichiarato la direttrice dell’Unesco Irina Bukova appellandosi al mondo perché questo patrimonio dell’umanità sia salvato. Per i wahhabiti solo i testi religiosi meritano tanto: quelli di matematica, astrologia e scienze sono «impuri». E quindi a rischio. E nemmeno Al Farouq, probabilmente, riuscirà a impedirne la distruzione.
Cecilia Zecchinelli