Maurizio Molinari, La Stampa 1/5/2012, 1 maggio 2012
Oggi la think tank americana Freedom House, che «sostiene la libertà nel mondo», pubblica l’annuale rapporto sulla libertà di stampa: in Italia c’è libertà? Solo parzialmente, secondo il rapporto annuale 2012
Oggi la think tank americana Freedom House, che «sostiene la libertà nel mondo», pubblica l’annuale rapporto sulla libertà di stampa: in Italia c’è libertà? Solo parzialmente, secondo il rapporto annuale 2012. Cos’è Freedom House? Un’organizzazione indipendente americana, che da decenni fa il monitoraggio della diffusione di libertà e democrazia nel mondo. Non è affiliata ad alcun partito o gruppo politico, e per stilare le classifiche usa metodi e standard oggettivi di valutazione. Pubblica principalmente due rapporti all’anno. Il primo, uscito a gennaio, riguarda la diffusione della democrazia e della libertà. L’Italia era stata giudicata un Paese democratico, ma non al vertice della graduatoria, perché il governo in carica non è stato eletto e perché esiste ancora la possibilità di tornare alle pratiche del precedente esecutivo, che per Freedom House non rispondeva ai criteri della piena democraticità. Il secondo, pubblicato oggi, riguarda la libertà di stampa. Che strumenti usa Freedom House per dare i suoi giudizi? Adotta criteri oggettivi, che dovrebbero essere condivisi ovunque. Ad esempio la possibilità di fondare media e pubblicare qualunque contenuto, senza limitazioni da parte dello Stato o delle forze politiche, e di poter accedere a qualunque informazione si voglia. Come viene giudicata l’Italia? Parzialmente libera, cioè nella seconda categoria della classifica. Perché questo giudizio? Freedom House ha valutato in maniera positiva l’uscita di Berlusconi da Palazzo Chigi, perché criticava il fatto che il proprietario del più grande gruppo televisivo privato, titolare anche di quotidiani, periodici e una casa editrice come la Mondadori, fosse alla guida del governo e indirettamente in controllo della televisione pubblica Rai. In questo modo, secondo l’organizzazione americana, l’ex premier aveva troppa influenza sulla nomina dei direttori e sull’indirizzo dell’informazione nazionale. La caduta del governo Berlusconi ha fatto guadagnare un punto all’Italia in termini di libertà di stampa, ma il nostro Paese non è stato ancora promosso nel primo gruppo della graduatoria, perché restano dubbi sulla libertà dell’informazione pubblica, l’influenza che partiti e grandi gruppi industriali hanno sui media, e la possibilità che Berlusconi torni al potere o continui a esercitare una influenza eccessiva. L’Italia che posizione occupa nella classifica di Freedom House? Siamo al settantesimo posto, insieme alla Guyana e ad Hong Kong, e dopo la Namibia. Quali sono i Paesi che si trovano al vertice della graduatoria? Le democrazia scandinave, Svezia, Norvegia, Danimarca, occupano le posizioni di vertice, seguite dalle grandi democrazie occidentali, come gli Stati Uniti. Quali sono i Paesi in fondo alla classifica? Grosso modo gli stessi che occupano le ultime posizioni dell’altro rapporto di Freedom House, cioè quello sulla diffusione della democrazia. Cina, Russia, Cuba, Iran, Corea del Nord, Venezuela sono i Paesi dove c’è meno libertà di stampa, tanto per il controllo dei governi sulla proprietà e la gestione dei media, quanto per la censura e l’impossibilità per i cittadini di accedere alle fonti di informazione che preferiscono, anche attraverso Internet. Quale giudizio dà Freedom House sulla situazione della libertà di stampa nel mondo? Non positivo. Secondo la think tank americana, durante l’anno scorso la libertà di stampa è scesa al livello più basso dell’ultimo decennio. In questo momento solo il 14,5% della popolazione mondiale vive in una situazione di piena libertà di informazione e di espressione. Da cosa dipende questo giudizio negativo? All’inizio del 2011 Freedom House era stata incoraggiata dagli sviluppi della Primavera araba, che promettevano di portare ad una maggiore apertura in Paesi dominati a lungo da dittature. Inoltre Internet e i social media avevano fatto progressi che consentivano di aprire nuove opportunità per la distribuzione e la ricezione dell’informazione. Le promesse della Primavera araba, però, non sono state ancora mantenute fino in fondo, e la censura continua a limitare l’accesso a Internet e ai social media in molte regioni del mondo. A questo si sono aggiunti arretramenti in Paesi che avevano democrazie in stato avanzato, come Ungheria e Cile. Tutto ciò ha prodotto il giudizio complessivamente negativo di Freedom House. L’Italia è in controtendenza? In parte sì, ma abbiamo ancora parecchio lavoro da fare prima di rientrare nella parte alta della classifica sulla libertà di stampa.