Fracesco Bei, la Repubblica 1/5/2012, 1 maggio 2012
ROMA - «Adesso basta». La riunione del consiglio dei ministri è agli sgoccioli quando il premier riprende la parola per chiarire il suo pensiero
ROMA - «Adesso basta». La riunione del consiglio dei ministri è agli sgoccioli quando il premier riprende la parola per chiarire il suo pensiero. Poche parole, pronunciate a bassa voce. Ma affilate come lame. «Adesso basta, non possiamo continuare con questa logica della concertazione con i partiti. Non l´abbiamo fatto con i sindacati e non lo dobbiamo fare con la politica. Ascoltarli va bene, ma le decisioni le prendiamo noi». Monti è nero. Gli ultimi giorni hanno alzato la pressione sul governo fino a un livello che il premier considera «inaccettabile». Troppi i distinguo, troppi i tentativi di imbrigliarne l´azione, troppi i veti. Alimentando il sogno, il «Nirvana» come lo chiama lui, che il paese sia ormai fuori pericolo e possa pensare ad allentare la pressione fiscale. A guastargli definitivamente la giornata sono stati, in rapida successione, gli appelli all´evasione fiscale di massa sull´Imu da parte di un ex ministro dell´Interno - Bobo Maroni - e l´intervista al Corriere con cui l´ex ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, se la prendeva con «i governanti in leasing» che sanno mettere «solo tasse». «Che impudenza!» Per non parlare di Angelino Alfano, con quella proposta, che Monti considera «irresponsabile», di compensare i crediti verso lo Stato con un´automatica autoriduzione delle imposte. La misura era colma, ma lo sfogo in conferenza stampa è stato tutt´altro che improvvisato. Il premier l´ha preparato con cura, dosando le parole. Non a caso Monti ha scelto bene i bersagli, per produrre i danni più forti. Provocatorio, volutamente. Anche perché all´orizzonte sembra scomparsa l´ipotesi di elezioni anticipate e questo consente al Professore di riprendere una margine d´azione. La frenata sulle norme anti-corruzione, l´intoccabilità della governance Rai e l´Imu sono stati i cavalli di battaglia del Pdl? Proprio su questi tre fronti il premier scarica i suoi colpi più violenti. Fino a lasciar intravedere - attraverso la nomina del "consulente" Giuliano Amato - un intervento diretto e pesante del governo per tagliare il finanziamento pubblico ai partiti. «Monti - spiega un ministro che ha assistito alla sfuriata - è voluto uscire dall´angolo. E ha voluto mettere in chiaro che lui è l´interlocutore su tutte le materie, Rai compresa. Non c´è una divisione dei compiti per cui il governo mette le tasse e i partiti fanno il resto». È chiaro che l´intervento a gamba tesa del capo del governo provoca immediatamente una reazione di rigetto di speculare intensità da parte del Pdl. In serata c´è una febbrile consultazione telefonica tra i capi del partito e con Berlusconi. Si decide di tenere la linea dura e se ne fa portavoce Osvaldo Napoli: «Monti ha annunciato il commissariamento totale della politica e Napolitano che fa? Ha niente da dire il capo dello Stato?». La Russa attacca a testa bassa: «Monti? In confronto il tanto censurato Tremonti mi sembra un gigante». Nella riunione del governo la discussione sulla spending review impegna quasi cinque ore. E sebbene la polemica frontale di Monti contro Lega e Pdl oscuri il dibattito interno all´esecutivo, è chiaro che non tutto fila via liscio. Lo stesso Piero Giarda, autore dello studio sui tagli, appare contrariato dalla nomina di Enrico Bondi a "supercontrollore" sugli acquisti. Teme che possa apparire come una sfiducia implicita al suo operato. Grilli e Catricalà invece difendono l´arrivo del risanatore della Parmalat anche per la ricaduta d´immagine che potrà avere all´estero. Giarda infine invita a «non alimentare troppe speranze» sui risultati della spending review, perché «non è detto che alla fine non si debba comunque alzare l´Iva». Ma una discussione ancora più seria si apre sulle regioni, allorquando Monti e Grilli individuano proprio nelle spese senza controllo delle giunte locali il bubbone più difficile da «aggredire». Fabrizio Barca protesta, non è d´accordo e difende la concertazione avviata con i governatori. Anche il ministro Renato Balduzzi alza il sopracciglio: «Siamo sicuri che il "commissario" Bondi non si sovrapponga ai commissari straordinari sulla Sanità?». Nelle regioni meridionali e nel Lazio i governatori sono infatti anche commissari per il rientro dal deficit sanitario. Ma Grilli interviene a rassicurare: «No, tranquilli, Bondi si occuperà soltanto degli acquisti». Anche la Cancellieri vuole vederci chiaro sulla spending review, soprattutto se si tratta di raschiare il fondo a un ministero, il Viminale, che è già stato ridotto all´osso da Tremonti. Il ministro della Difesa Di Paola, da Washington, appena annusata l´aria fa arrivare attraverso le agenzie le sue rimostranze. La Difesa, dice, ha «presentato per prima un piano incisivo di tagli, devo ancora vedere qualcosa di simile dagli altri». Quando si parla di tagli ai propri ministeri, anche i tecnici ridiventano politici.