Sergio Rizzo, Corriere della Sera 1/5/2012, 1 maggio 2012
Impossibile dare torto ad Augusto Fantozzi. «L’idea che ci sia un premio, un aggio, per chi scopre l’evasione mi sembra giusto in linea di principio», ha detto l’ex ministro delle Finanze in un’intervista a Francesca Basso del Corriere
Impossibile dare torto ad Augusto Fantozzi. «L’idea che ci sia un premio, un aggio, per chi scopre l’evasione mi sembra giusto in linea di principio», ha detto l’ex ministro delle Finanze in un’intervista a Francesca Basso del Corriere. In un Paese dove ogni anno, per le statistiche, sfuggono al Fisco 120 miliardi di euro di tasse, la lotta all’evasione è assolutamente meritoria. Tanto più considerando che Equitalia e gli agenti della riscossione non se la devono vedere solo con chi non paga le tasse. Ma pure con la politica. Qualche esempio? Oggi a Zanica, in provincia di Bergamo, l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni ufficializza al «Lega unita day» la proposta ai Comuni di disdire il contratto con Equitalia, «assumendoselo in proprio o affidando il compito a un altro ente, risparmiando così le spese». Da sinistra, gli fa eco il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, affermando che sarebbe «una scelta importante, perché Equitalia ne ha fatte veramente troppe». E qualcuno è già passato dalle parole ai fatti: il comune di Calalzo ha deciso di affidare la riscossione dei crediti alla Comunità montana Valbelluna anziché a Equitalia. Motivazione? Dice il sindaco Luca De Carlo: «Opera con procedure chiare, più umane e controllabili dall’amministrazione committente». Affermazioni che stanno a dimostrare un malessere profondo. Analogamente a certe proteste non sempre condivisibili. Il 19 aprile, a Cagliari, hanno attaccato decine di sagome bianche agli alberi con la scritta «ci avete suicidati»: sotto, il nome e la data di chi si è tolto la vita per debiti o tasse. La manifestazione è finita davanti alla sede di Equitalia. Per non parlare delle minacce e intimidazioni di cui sono stati fatti oggetto uffici e impiegati della società pubblica addetta alla riscossione. Questo per dire quanto la materia sia esplosiva. Fatta tale doverosa premessa, il meccanismo merita di essere spiegato. Equitalia applica sulle cartelle un aggio del 9%. In precedenza gli esattori privati incassavano 500 milioni l’anno, indipendentemente dalle somme riscosse. Ed era un’assurdità. Ma il 9% non è certo uno scherzo. Nei primi 60 giorni, inoltre, l’aggio grava per il 4,65% su chi deve pagare, e il 4,35% sull’ente impositore: il Comune, l’ente di previdenza, l’Agenzia delle entrate... Trascorsi due mesi, è tutto a carico del debitore. Questi deve poi pagare una sanzione a cui si sommano gli interessi, intascati tutti dall’ente che deve avere i soldi. Interessi profumatissimi: l’Agenzia delle entrate applica il 5% annuo, ovvero l’interesse legale (il 2%) maggiorato di tre punti. Ma i Comuni hanno la facoltà di arrivare al 10% annuo. Attualmente gli interessi di mora si calcolano anche sulla sanzione. Non è infatti ancora operativa la norma, contenuta in un decreto legge approvato addirittura un anno fa (un anno fa!), che dovrebbe ridurre gli interessi e abolire la loro applicazione sulla multa. L’effetto moltiplicatore sulla cifra iniziale di un simile marchingegno è evidente: non solo per quanti hanno deliberatamente evitato di pagare, ma pure per chi ha semplicemente smarrito la ricevuta e non potendo dimostrare di avere già onorato i propri impegni, deve pagare di nuovo. E veniamo ai premi. Il personale di Equitalia ha diritto a una gratifica commisurata ai risultati, che è compresa in quell’aggio del 9%. Ma un premio per la lotta all’evasione fiscale (almeno questa era la motivazione di partenza quando venne istituito, nel 2000) viene intascato anche dai dipendenti di Agenzia delle entrate, Dogane, Territorio, Monopoli di Stato, Tesoro, Finanza, Ragioneria, etc, etc... Sintesi: si becca il premio anche chi con la guerra agli evasori non c’entra un fico secco. Succede per le imperscrutabili regole che nella pubblica amministrazione avviliscono regolarmente la meritocrazia: su questo si attende ancora una profonda autocritica da parte del sindacato, che ne è il responsabile, ma anche della politica che a parole contrasta queste pratiche ma poi ne è complice. Fino a qualche anno fa il premio era astronomico. Si aggirava intorno ai 400 milioni di euro l’anno. In seguito è stato quantitativamente ridimensionato, senza però eliminarne la tipica caratteristica «a pioggia». Quanto sopra è abbastanza per chiedersi, nel momento in cui lo Stato sembra aver dichiarato guerra ai contribuenti infedeli e tutti auspichiamo che sia una svolta vera, se questo sistema non debba essere profondamente rivisto. C’è da chiedersi se sia equo un meccanismo che prevede un aggio del 9%, più interessi di mora ben superiori al rendimento di qualunque investimento oggi conosciuto, più una sanzione (giusta, per carità), più premi a pioggia per tutti i dipendenti dell’amministrazione finanziaria. A cui si sommano, nel caso delle contravvenzioni comunali, anche i premi alla polizia municipale che le emette. Consegniamo questa riflessione al governo: certi che la strada per far assumere contorni più civili al travagliato rapporto fra Fisco e cittadini italiani passa anche da qua. Sergio Rizzo