Anna Meldolesi, la Lettura (Corriere della Sera) 29/04/2012, 29 aprile 2012
I CINQUE DISTURBI DEI DITTATORI - S
i può ridere dei tiranni? Una risposta arriverà dai botteghini americani a metà maggio, con l’uscita del film The dictator, scritto e interpretato da Sacha Baron Cohen. Questa volta l’attore di Borat è una specie di Gheddafi redivivo che attraversa New York a dorso di dromedario: «Sua Eccellenza, il Colonnello Generale Dottor Aladeen, Presidente democratico a vita, Comandante invincibile e trionfante, Capo oftalmologo, Brillante genio dell’umanità, Eccellente nuotatore anche a farfalla, Amatissimo oppressore e Rude protettore del prezioso e sacrificabile popolo di Wadiya». Troppe personalità? Per la psichiatria i despoti sono ancora un enigma: «Credono di essere degli eroi ma calpestano i diritti degli altri. Come possono essere così immuni all’autocritica senza perdere del tutto i contatti con la realtà?», ci dice lo studioso più in vista, Fred Coolidge dell’Università di Colorado Springs. Le sue ricerche rivelano una confluenza di cinque disordini della personalità. «Sono narcisisti, sadici, privi di empatia (antisociali), paranoidi (ipersensibili alle minacce percepite) e schizoidi (emozionalmente freddi)», spiega alla «Lettura». Ma non sono tutti uguali. Quando nel 1939 Carl Gustav Jung incontra Hitler e Mussolini a Berlino, riporta impressioni opposte sui due alleati. Il tedesco non ha mai riso, è sempre stato di malumore. Sembrava asessuato e inumano, animato da un solo proposito: instaurare il mitologico Terzo Reich. A Jung ispirava paura. Mussolini in confronto gli era sembrato «un uomo originale», dotato di «energia e calore».
Oltre settant’anni dopo cosa abbiamo capito? Probabilmente i servizi segreti occidentali hanno nel cassetto i profili di tutti i leader delle aree calde del mondo, ma si tratta di documenti classificati. Gli studi pubblicati, invece, si contano sulla punta delle dita. Insieme a Dan Segal, Coolidge ha lavorato su Hitler, Saddam Hussein e Kim Jong-il, confrontando la personalità dei tre despoti in Behavioral Sciences of Terrorism and Political Aggression. All’apparenza si tratta di personaggi molto distanti. Il nordcoreano, che è scomparso da poco, si è sempre nascosto dietro una cortina di segretezza, tanto che recentemente il figlio ed erede Kim Jong-un ha destato scalpore mostrandosi in televisione dopo il flop missilistico. L’iracheno, invece, non era un modello di discrezione. Si dice, ad esempio, che sia stato lui a dirigere i ghostwriter che hanno scritto Zabibah and the King, il romanzo rosa-allegorico di cui lo stesso Saddam sarebbe protagonista. Un tiranno freddo e uno caldo? In un certo senso sì, ma le differenze superficiali possono ingannare. L’oppressore di Bagdad e il Caro Leader di Pyongyang erano più simili di quanto si potrebbe immaginare: il tratto più spiccato per entrambi è il sadismo. Hitler no, in lui prevale la dimensione paranoide. Ad accomunare tutti e tre ci sono le tendenze schizofreniche e i pensieri aberranti.
E i dittatori viventi? Coolidge ci rivela che sta lavorando sul più longevo degli africani, l’ottantottenne Robert Mugabe, su sollecitazione di uno studente dello Zimbabwe. «Sono cresciuto a Miami e ho visitato Cuba, so quanto i cubani odino Fidel Castro. Il prossimo sarà lui, seguito dal venezuelano Hugo Chávez». Le domande a cui rispondere sono tante: esistono differenze rilevanti fra dittatori di destra e di sinistra? Peculiarità geografiche? Cos’hanno in comune un rivoluzionario del XX secolo e un «caudillo pop» del XXI? Per provare a rispondere, occorrono collaboratori scientificamente affidabili, vicinissimi ai dittatori, disponibili a lavorare nell’anonimato seguendo le classificazioni del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Per la scienza, insomma, la tirannia è un oggetto di studio difficile. La cronaca, invece, è ricca di rivelazioni. Come il premio scientifico sotto gli auspici dell’Unesco, che il padrone della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang vuole intitolarsi a suon di milioni. Mausolei e statue, evidentemente, non bastano più. O come i gusti musicali di Bashar al-Assad che, secondo le rivelazioni del «Guardian», includono «I’m sexy and I know it»: una hit che non sfigurerebbe nel film di Baron Cohen. Purtroppo però il sangue versato in Siria è vero e il tiranno di Damasco non fa ridere.
Anna Meldolesi