Pierluigi Panza, Corriere della Sera 29/04/2012, 29 aprile 2012
LA MALEDIZIONE DEL PONTE SU CHI L’HA FATTO NASCERE
Le celebrazioni in corso per il centenario della ricostruzione del campanile di San Marco offrono l’idea di una Venezia-fenice che rinasce, con le proprie forze, dalle ceneri. Ma se cambiamo elemento architettonico, e al posto del campanile mettiamo il ponte, l’equazione cambia. E anziché di rinascita ci troviamo a parlare di affossamento.
Le aziende che hanno realizzato il quarto ponte sul Canal Grande, quello di Calatrava, stanno infatti sprofondando al punto di dover chiudere. È quasi una maledizione quella del Quarto ponte, che si somma ad alcune storiche maledizioni dei ponti veneziani. A partire dal concorso del 1551 per quello di Rialto, che vide sconfitto il più grande architetto veneto di tutti i tempi, Andrea Palladio.
Lino Lorenzon, ex amministratore delegato della Lorenzon Techmec System, la ditta che ha realizzato le opere in carpenteria del ponte di Calatrava, travolta dalle vicende del ponte e dalla crisi, è fallita. Questo un anno fa: adesso Lorenzon racconta le sue difficoltà in una lettera al Corriere del Veneto. «A causa del ponte ho visto andare distrutti i sacrifici di una vita — scrive —. Ho perso un’azienda nata dall’esperienza di mio padre e portata alla ribalta negli scenari internazionali. E la cosa che mi addolora è il non vedere considerati gli sforzi e la passione che tanti hanno profuso nella realizzazione del Quarto ponte, che non era un ponte qualsiasi, ma un’opera d’arte». Ebbene, continua Lorenzon, «io non ero a conoscenza, a contrario di altri, che i soldi non sarebbero bastati. Tanto che ora mi chiedo perché il lavoro sia stato appaltato nonostante una copertura economica quantomeno dubbia, con 5 perizie, 80 nuovi prezzi, e altro ancora».
Il caso della ditta di Lorenzon non è l’unico: la maledizione del Quarto ponte ha colpito anche altre aziende legate alla costruzione. E pure l’architetto, al quale, recentemente, la Corte dei Conti ha chiesto 3,4 milioni di danni (unitamente ai responsabili tecnici del progetto) «in quanto l’opera è affetta da una patologia cronica caratterizzata dalla necessità di un costante monitoraggio e dal continuo ricorso a interventi non riconducibili alla ordinaria manutenzione». Solo l’inchiesta conoscitiva della magistratura sul ponte è stata archiviata da Carlo Nordio, perché non sono stati rilevati reati penali.
Il Quarto ponte è stato da subito al centro di controversie. Dopo aver speso molti anni a discutere se a Venezia si potesse costruire o meno una nuova architettura (cosa giusta e ovvia), si è usato meno tempo nella valutazione dell’adeguatezza del progetto dell’archistar spagnola. Durante la realizzazione sono emerse innumerevoli difficoltà costruttive e il ponte è stato inaugurato in ritardo, e in gran sordina (cosa mai successa per i ponti veneziani), la notte dell’11 settembre 2008.
Il mattino dopo agli occhi dei veneziani e dei turisti è apparso un ponte dalla bella forma arcuata, con una campata di 81 metri, struttura in acciaio e pavimenti in vetro Saint Gobain. Un ponte salutato dalla critica architettonica come «progetto squisitamente moderno, ma che stilisticamente non fa a pugni con lo scenario».
Lieto fine? No, le polemiche sono continuate. Si è scoperto che il costo era passato da 6,7 milioni a 11,3; inoltre, il ponte risultava una barriera architettonica insuperabile per i diversamente abili e i gradini diventavano scivolosi con la pioggia. Il transito dei passanti, nel corso del tempo, è risultato al di sotto delle aspettative. Così la politica si è progressivamente sfilata, tanto che pochi sanno che si chiama Ponte della Costituzione (forse era meglio Ponte della Zirada, come proposto dall’ex sindaco Massimo Cacciari), e la maledizione ha colpito chi l’ha realizzato. Tanto che il Quarto ponte è diventato quasi una Ca’ Dario dell’architettura: molti che ne hanno avuto a che fare sono colpiti dagli strali della sfortuna.
Pierluigi Panza