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 2012  aprile 29 Domenica calendario

VIA L’AUTISTA DI RENZO: «RIFAREI IL VIDEO DEI SOLDI. SI CREDEVA ONNIPOTENTE» —

«Nella Lega c’è una regola che non può essere violata: la parola di Bossi non si discute. Anzi dei Bossi, al plurale». Alessandro Marmello conosceva bene il sacro comandamento ma ha disobbedito: da autista di Renzo Bossi ha girato la famosa candid camera in cui lui passa, brevi manu, al figlio del capo i soldi del partito e l’ha resa di dominio pubblico. E puntuale è arrivata la scomunica: da ieri Marmello non è più un autista alle dipendenze di via Bellerio, licenziato perché in seguito a quelle riprese «è venuto meno il rapporto di fiducia col datore di lavoro».
«Insomma... un po’ me l’aspettavo, anche perché nei giorni scorsi avevo già ricevuto lettere e telegrammi con richiami disciplinari dai vertici del partito» afferma adesso l’ormai ex chaffeur del Trota. Ma il suo legale, l’avvocato Franz Sarno adesso promette battaglia in ogni sede: «Alessandro è stato licenziato mentre era in malattia e con motivazioni al di fuori della legge: dicono che avrebbe dovuto denunciare tutto ai pm e non alla stampa. Ma cosa denunciava ai pm? Un fatto che non sapeva nemmeno fosse reato? E perché quando ha chiesto di parlare con i dirigenti della Lega nessuno l’ha ascoltato?».
Fin qui il fronte giudiziario. Ma certe esperienze non si liquidano a suon di carta bollata; ed ecco che la rottura del rapporto di lavoro diventa per Alessandro l’occasione per svuotare qualche cassetto della memoria. «Col ragazzo non ho mai avuto un rapporto facile. Magari si scherzava tra noi ma poi in pubblico mi trattava come una pezza davanti a tutti. Ero a disposizione 24 ore al giorno, ricevevo messaggi con cambiamenti di programma nel cuore della notte ma mi sono sempre fatto trovare pronto, mai uno sgarro. Un giorno mi è stato chiesto di presentarmi sotto casa di Renzo alle 7 del mattino; il signorino è sceso alle 11 senza avvertirmi di nulla e non mi ha nemmeno detto grazie...».
Domanda inevitabile: Marmello era a disposizione di Bossi junior solo per i suoi impegni politici o anche in occasioni, per così dire, mondane? «Per tutto, anche per le sue uscite private». Singolare, per un autista assunto dal partito e pagato con i soldi dei rimborsi elettorali.
Adesso, però, tutti sospettano che quelle riprese galeotte sono state costruite per fini di lucro o di ricatto... «Benedetto il giorno in cui ho deciso di girare quei video. Vi immaginate se uno come me fosse andato a raccontare di essere il bancomat del Trota senza uno straccio di prova? In realtà non ho preso un solo euro per la mia denuncia e per di più adesso ho perduto il lavoro. Perché l’ho fatto? Perché avevo cominciato ad accorgermi di situazioni che non mi piacevano: io ero quello che ritirava i soldi, io firmavo le ricevute. Ma poi non potevo giustificare come venivano usati. E se qualcuno fosse venuto a chiedermene conto? Ho chiesto di parlare con quelli del partito, non mi hanno degnato di attenzione. Peggio: Renzo per primo si arrabbiava se mi vedeva parlare con qualcuno dei dirigenti. "Tu devi fare riferimento solo a me" mi redarguiva».
Adesso il «driver» qualche timore ce l’ha: «Non certo per la mia incolumità personale: sono un cultore di arti marziali, sono pronto a difendermi. Però non so più cosa sarà la mia vita, ho perso il sonno, vivo una situazione di profondo stress per quello che ho fatto».
Nonostante quel che è successo, Marmello ha però parole da fratello maggiore nei confronti del ragazzo: «A un certo punto Renzo è stato lasciato solo a fare quello che voleva. E lui pensava che fossi a sua completa disposizione. Ma ditemi voi, chi si azzarda dentro la Lega a mettere in discussione o a entrare in urto con un Bossi?».
È la regola d’oro, dentro il Carroccio e nessuno è rimasto a far parte della famiglia dopo averla violata.
Claudio Del Frate