Michele Farina, Corriere della Sera 28/04/2012, 28 aprile 2012
DAL DALAI LAMA A KAPPLER, LE GRANDI EVASIONI DI EROI E CANAGLIE
Se è vero che è stato portato a Pechino a bordo di un veicolo, Chen Guangcheng deve ringraziare anche il (tardivo) boom della motorizzazione di massa. Pochi anni fa, con le strade semideserte, sarebbe stato più difficile. Oggi che la Cina vanta oltre 100 milioni di vetture, è più facile spostarsi senza destare sospetti. Dall’Asia all’Africa per decenni la fuga on the road è stata un lusso impossibile o pericoloso. Nel ’59 il Dalai Lama minacciato dai cinesi lasciò il suo palazzo in Tibet mischiandosi tra la folla, raggiungendo l’esilio in India grazie a un interminabile trekking a piedi (e a cavallo). E non è un caso se in Sudafrica nel ’62 Nelson Mandela fu arrestato al volante, mentre si fingeva chaffeur di un amico bianco seduto sul sedile posteriore. Un lusso, l’auto, che il re Vittorio Emanuele III potè permettersi all’alba del 9 settembre 1944 quando a bordo di una Fiat 2800 grigioverde raggiunse Pescara, dove si imbarcò per Brindisi sulla corvetta Baionetta.
Fughe a quattro ruote ignominiose ed eroiche: durante la Guerra Fredda uno dei sistemi più usati per passare da Berlino Est all’Occidente era attraversare i checkpoint nascosti in un veicolo. Horst Breistoffer era un maestro passatore: sapendo che le guardie esaminavano soprattutto macchinoni e camion, comprò una minuscola Isetta italiana del 1964 e lavorò due mesi per ricavare un «vano porta-fuggitivo» tra la batteria e il riscaldamento. Fu scoperto al decimo viaggio.
A fuggire in macchina quasi mai si va lontano. Saddam Hussein nell’aprile 2003 lasciò Bagdad in Mercedes: mentre i figli proseguirono fino alla Siria, lui si fece lasciare nelle campagne del suo villaggio natale (dove resistette otto mesi). In Libia invece l’ultima fuga di Muammar Gheddafi fu scoperta subito fuori Sirte dagli aerei Nato. In America il celebre rapinatore John Dillinger un giorno di marzo del 1934 evase dalla prigione di Lake County nell’Indiana con la Ford V8 Sedan dello sceriffo, portandosi dietro il meccanico del penitenziario. In Irlanda del Nord nel 1983 l’Ira fece le cose in grande: 38 detenuti uscirono del super-carcere di Maze grazie al camion dei pasti. Per tante fughe senza immagini ci sono rari inseguimenti in diretta tv, come quello che vide protagonista nel 1994 in California il suv del ricercato O. J. Simpson (che interruppe la diretta di una finale di basket Nba).
Mischiare in una storia di fughe famose dissidenti, canaglie e dittatori può sembrare oltraggioso (per i primi). Eppure c’è qualcosa che avvicina e un po’ umanizza (quasi) tutti i fuggiaschi (non solo) motorizzati. Non Herbert Kappler, il boia delle Fosse Ardeatine, che il giorno di ferragosto del 1977 evase dall’ospedale militare del Celio. Ma forse la moglie sì: fu lei a mettere il vecchio nazista in una grande valigia prima di scappare verso la Germania con una Fiat 131 a noleggio. Pensare a Osama Bin Laden che dalle caverne di Tora Bora scappa all’assedio americano in motorino dando un passaggio al mullah Omar ci fa dimenticare (per un attimo) le stragi dell’11 settembre. Quella versione leggendaria (e probabilmente falsa) dei fatti afghani del 2001 finisce per rendere comunque il capo di Al Qaeda e il comandante talebano due personaggi da film, due uomini in fuga scalcagnata e beffarda. Il cinema ha seguito (e a volte stravolto) tutte le evasioni celebri, collettive e non. Come «la Grande fuga» del 1963, l’epopea dei 76 prigionieri alleati che scapparono da un campo di prigionia nazista attraverso un tunnel battezzato Harry (solo 3 raggiunsero la salvezza), con Steve McQueen in sella a una Triumph TR6 Trophy («inventata» come quella di Osama). È ancora Steve nel ’73 a incarnare un altro meraviglioso fuggiasco in «Papillon», storia del detenuto francese Henri Charrière che dopo mille tentativi scappa dall’Isola del Diavolo tuffandosi dalla scogliera sfruttando l’onda giusta. Si lascia indietro l’amico falsario Louis Dega (Dustin Hoffman), figura altrettanto meravigliosa, che parla ai maiali e guarda il mare.
Michele Farina