Sergio Rizzo-Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 28/04/2012, 28 aprile 2012
PROVINCE, SPRECHI E DOPPI INCARICHI
Ci sono italiani che vivono su Marte. La prova è in una delibera della Provincia di Reggio Calabria. Che il 23 dicembre 2011, il giorno dopo il varo della manovra lacrime e sangue per salvare l’Italia dal baratro, stanziava 120 mila euro per comprare un pianoforte a coda per dare dei concerti a palazzo.
Cosa se ne fa di un pianoforte, direte voi, una Provincia che come le altre sta per essere soppressa? Ecco il nodo: l’idea di chiudere, a molti, non passa neanche per la testa.
Il bello è che la Provincia di Reggio è perfino meno sgangherata (si fa per dire…) delle sorelle calabresi. Lo dice l’ultima classifica dei buchi di bilancio pubblicata dal Sole 24 Ore. Che vede i reggini con un debito pro capite provinciale di 236,8 euro, cioè meno della metà di quello stratosferico dei crotonesi (493,7), dei vibonesi (564), dei catanzaresi (564,9) e dei cosentini, che svettano nella hit-parade (dove sono calabresi le prime quattro Province dalle mani bucate) con 591,1 euro di buco a testa.
Con dei conti così disastrati, vi chiederete, nei mesi in cui imprenditori asfissiati dai debiti e operai disoccupati si impiccano, come può venire in mente a un amministratore pubblico di comprare un pianoforte a coda?
La delibera merita di essere letta per il linguaggio surreale. L’acquisto, infatti, viene motivato dalla necessità di «avviare nel corso del 2012 una stagione concertistica che contribuisca (…) ad avvicinare i cittadini all’istituzione». Testuale.
Apriti cielo! «Ma siete pazzi?», hanno chiesto i giornali locali mentre sul web giravano insulti irripetibili. Risposta di Edoardo Lamberti Castronuovo, che dopo essere stato il candidato al comune della sinistra è oggi l’assessore alla Cultura della destra: «Mi domando perché molti non si sono preoccupati degli sprechi del passato e oggi contestano l’acquisto di un bene che diventa patrimonio della gente». Insomma, affittare un pianoforte a Catania costava ogni volta duemila euro! Insurrezione del Conservatorio: «Ma se ne abbiamo due noi!» Sigillo finale: d’accordo, stop, ma l’acquisto è solo rinviato finché si abbassa il polverone…
E pare davvero di sentirle, le note dell’ultimo valzer, mentre il Titanic delle Province si avvia verso l’iceberg nella incredulità generale: possibile che, alla fine, si faccia sul serio e si vada allo scioglimento? Un po’ di navigazione ancora la vorrà ben concedere… Ed ecco che i presidenti delle Province di Como, Vicenza, La Spezia, Genova, Ancona e Belluno, che sarebbero decaduti il 6 maggio per fine mandato, resteranno ancora un poco al loro posto. Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha deciso di nominarli commissari di se stessi, in attesa che entro l’anno, come stabilito dal decreto «Salva Italia» si faccia la legge con la quale gli enti dovrebbero scomparire. Il solo presidente della Provincia di Genova, Alessandro Repetto, ha detto «Non ci sto». E si è dimesso.
Ma sono in tanti a non volersi rassegnare. Non si rassegnano i nordisti che a maggio 2011, quando già la campana suonava a morto, per bocca del senatore leghista Sergio Divina proponevano una legge per istituire la Ladinia, terza Provincia autonoma nella Regione Trentino Alto Adige.
Ma non si rassegnano neppure i meridionali. Giorni fa il disegno di legge regionale che prevedeva la soppressione delle Province siciliane è saltato. Tutto rimandato… In compenso, come racconta LiveSicilia, è comparsa una sorpresina maleodorante: invece di abolire le Province, si è abolita l’incompatibilità fra sindaco o assessore e dipendente di aziende sanitarie. Prosit.
Il fatto è che le Province hanno potentissimi sostenitori in Parlamento. Dove sono seduti ben dieci presidenti. E ci resteranno fino alla fine della legislatura. Soltanto due mesi fa la giunta per le elezioni di Montecitorio ha stabilito che l’incarico di parlamentare non è incompatibile con quello di presidente di Provincia. E ciò nonostante la legge al riguardo sia esplicita: non si può. Ma tant’è. La deputata Maria Teresa Armosino resterà quindi presidente della Provincia di Asti, al pari di Luigi Cesaro che governa quella di Napoli, Edmondo Cirielli (Salerno), Domenico Zinzi (Caserta), Antonello Iannarilli (Frosinone), Daniele Molgora (Brescia), Antonio Pepe (Foggia) e Roberto Simonetti (Biella). Tutti di centrodestra. E l’unico «giano bifronte» del centrosinistra? Il senatore Daniele Bosone, presidente della Provincia di Pavia: appartiene al Pd, che alla Camera s’era opposto fermamente ai doppi incarichi. Allora se ne va? No, resta.
Ma quanto costano le Province? Le stime, a seconda delle fonti, vanno dai 12 ai 18 miliardi di euro. E chi ne difende la sopravvivenza sostiene che abolendole si risparmierebbe pochissimo. Un miliardo al massimo, considerando che (escluso il licenziamento dei dipendenti) verrebbero meno «solo» 4 mila amministratori. Ma è così? O è solo fumo ostruzionistico per rallentare il processo?
Il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, l’unico che abbia pubblicamente sostenuto l’inutilità del suo ente, dice che solo ridisegnando la gara d’appalto per il riscaldamento di 300 scuole romane è riuscito a risparmiare 5 milioni l’anno. Una bella somma: niente, però, in rapporto al fiume di denaro che se ne va per iniziative quantomeno discutibili. Come i viaggi delle delegazioni provinciali campane (50 mila euro ciascuna) al Columbus Day. O lo strepitoso Valva Film Festival, organizzato a spese della Provincia a Salerno nell’agosto del 2009, dove fu assegnato a Noemi Letizia, la ninfetta napoletana alla cui festa cominciò il tormentone sul Cavaliere e le minorenni, il premio alla carriera «Per il talento che verrà».
O ancora, a Bolzano, la spesuccia costata una condanna della Corte dei Conti (2.400 euro) a Luis Durnwalder. «Se andiamo avanti così non saranno più i politici a decidere quale iniziativa sostenere con un contributo», è sbottato furente. Difficile, però, non condividere le perplessità dei magistrati contabili davanti al finanziamento indagato: 62 mila euro a un torneo di beach volley. A Bolzano!
Elemosine, in confronto a qualche iniziativa di Trento. Dove la Provincia, insieme con il comune di Riva del Garda, ha fatto rinascere con i soldi pubblici un lussuoso e storico albergo a 5 stelle, il Lido Palace. Investimento previsto: una trentina di milioni di euro. Prezzi delle stanze: da 730 a 1.959 euro a notte per la junior suite.
Perché le Province, e non soltanto quelle autonome, muovono somme importanti. Talvolta con serie ripercussioni finanziarie, come ha documentato una recente relazione della Corte dei conti sulla Provincia di Torino, il cui indebitamento nel 2013 raggiungerebbe 667 milioni. Nell’occasione, i giudici hanno stigmatizzato l’esistenza di un groviglio di partecipazioni. La Provincia di Torino ne ha 165. Una giungla infernale e costosissima, dalla quale ora il presidente Antonio Saitta vorrebbe uscire accorpando tutto in una nuova società regionale. Dice che si potrebbero risparmiare 4 milioni l’anno… Buona fortuna. Quando la scorsa estate il consiglio provinciale doveva decidere la riduzione delle poltrone, magicamente mancò il numero legale.
Eppure dovrebbero saperlo: le società pubbliche spesso sono anche fonte di guai. Ricordate la Sogas che gestisce l’aeroporto di Reggio Calabria, i cui azionisti sono con il 67% la Provincia reggina e col 27% quella di Messina? In vent’anni ha accumulato perdite per 35,4 milioni in euro. Una voragine. La cosa dovrebbe servire d’esempio. Invece la febbre degli aeroporti è sempre più alta. Ogni Provincia vuole il suo. Frosinone, Caserta, Sibari…
L’Italia ha più del doppio degli scali della Francia, in rapporto alla superficie? Chissenefrega, le ambizioni delle Province non si placano. Al punto che Caserta, nonostante le resistenze, insiste sul bisogno d’uno scalo a Grazzanise, ad appena 33 chilometri da Napoli Capodichino. La società dell’aeroporto di Frosinone, invece, esiste già: ha un capitale di 5,9 milioni, di cui 2,8 della Provincia. E un consiglio di amministrazione pieno zeppo di politici…
Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella